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L’alcol può accelerare l’Alzheimer, anche il consumo moderato: lo studio

Uno studio condotto sui topi ha dimostrato che il consumo di alcol, anche moderato, induce la perdita di cellule cerebrali e un aumento delle placche di beta amiloide, accelerando la neurodegenerazione correlata all’Alzheimer.
A cura di Andrea Centini
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Diversi studi hanno associato il consumo di alcol al rischio di Alzheimer, la principale forma di demenza al mondo, tuttavia risulta complesso determinare con precisione i meccanismi biologici alla base di questo legame. Un nuovo studio condotto con peculiari modelli murini (topi), ingegnerizzati per manifestare un equivalente dell'Alzheimer umano, ha evidenziato che a seguito dell'esposizione all'alcol (etanolo) nel cervello si determina atrofia cerebrale – la perdita di cellule cerebrali – e aumento delle placche di beta amiloide, le proteine “appiccicose” che assieme ai grovigli di proteina tau sono fortemente connesse al morbo. I ricercatori hanno determinato che basta un consumo moderato per accelerare questi e altri meccanismi patologici. Naturalmente i topi non sono esseri umani, ma i principi fisiologici in comune suggeriscono che le medesime dinamiche possano verificarsi anche nella nostra specie.

A determinare che il consumo moderato di alcol può accelerare l'Alzheimer è stato un team di ricerca americano guidato da scienziati del Dipartimento di Fisiologia e Farmacologia della Scuola di Medicina Wake Forest, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Dipartimento di Neurobiologia e Anatomia e della Sezione di Gerontologia e Medicina Geriatrica. I ricercatori, coordinati dalla professoressa Shannon L. Macauley, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver sottoposto i topi a specifici esperimenti. I roditori coinvolti erano del tipo APPswe/PSEN1dE9 (APP/PS1), un modello murino ingegnerizzato per esprimere una forma di demenza allo stadio iniziale – e progressiva – paragonabile all'Alzheimer umano. I topi avevano libero accesso all'acqua o all'alcol, per simulare il consumo volontario che c'è anche nell'uomo. I ricercatori hanno analizzato il loro comportamento e hanno condotto vari esami tenendo presente l'alcol assunto nell'arco di 10 settimane.

Come già indicato, i topi “bevitori” presentavano un livello superiore di atrofia cerebrale e un maggior numero placche di beta amiloide, entrambi fattori associati a un'accelerazione della neurodegenerazione. Le placche aumentate erano inoltre più piccole; ciò suggerisce una potenziale superiore diffusione nel tessuto cerebrale con l'avanzare dell'età. La professoressa Macauley e i colleghi hanno anche osservato una diversa distribuzione delle placche nella corteccia e nell'ippocampo. I topi che bevevano mostravano inoltre problemi comportamentali, come deficit nella costruzione del nido e una maggiore attività motoria, oltre a elementi legati all'ansia. Sono stati osservati anche cambiamenti nell'alimentazione e intolleranza al glucosio (insulino-resistenza). Alti livelli di etanolo determinavano un'alterazione del metabolismo cerebrale e nell'equilibrio nello stato eccitatorio / inibitorio del cervello. Tutti questi fattori messi assieme possono veicolare un'accelerazione della neurodegenerazione e dunque della malattia di Alzheimer. Naturalmente sarebbero necessari studi clinici (sull'uomo) per avere le necessarie conferme.

“Questi risultati suggeriscono che l'alcol potrebbe accelerare la cascata patologica dell'Alzheimer nelle sue fasi iniziali”, ha dichiarato la professoressa Macauley in un comunicato stampa, aggiungendo che "anche un consumo moderato di alcol può provocare lesioni cerebrali". Per questo gli autori dello studio lo considerano un fattore di rischio modificabile per la demenza e l'Alzheimer.

Ad oggi questa condizione colpisce circa 60 milioni di persone nel mondo, ma si stima che entro il 2050 i pazienti saranno 150 milioni, con effetti devastanti sotto il profilo sanitario, sociale ed economico. Normalmente questa patologia interessa persone con più di 65 anni, ma una piccola percentuale di casi riguarda anche i giovani. Recentemente è stato diagnosticato il caso più precoce in letteratura scientifica, che ha coinvolto un giovane di appena 19 anni. I dettagli della nuova ricerca “Ethanol exposure alters Alzheimer's-related pathology, behavior, and metabolism in APP/PS1 mice” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Neurobiology of Disease.

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