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La forma di alcune proteine può indicare l’insorgenza del Parkinson

Lo ha scoperto un team di ricerca guidato dalla professoressa Paola Picotti dell’ETH di Zurigo, confrontando la struttura di alcune proteine del liquido spinale.
A cura di Valeria Aiello
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La diagnosi di alcune malattie neurodegenerative come il Parkinson non è sempre facile, perché alcuni dei primi sintomi spesso si confondono con quelli di altre condizioni. Ma una nuova scoperta potrebbe permettere di superare i limiti dell’identificazione clinica del parkinsonismo e aiutare gli specialisti a individuare prontamente l’insorgere della malattia. Alla base della nuova osservazione, uno degli aspetti chiave della biologia cellulare, per cui la struttura della proteine è strettamente collegata alle loro funzioni, che ha spinto il team di ricerca guidato dalla professoressa Paola Picotti dell’ETH di Zurigo, in Svizzera, confrontare una serie di proteine del liquido spinale di 50 persone con Parkinson allo stadio iniziale con quelle di altrettanti controlli sani per verificare le diverse forme di alcune proteine.

L’analisi ha rivelato che almeno 76 proteine, tra cui alcune precedentemente collegate al morbo di Parkinson, mostrano strutture notevolmente diverse tra i due gruppi e che le stesse potrebbero fungere da biomarcatori della malattia. In altre parole, a indicare la malattia non sarebbe l’assenza o la presenza di certe proteine, ma la forma che tali proteine che assumono nella loro cosiddetta “conformazione ripiegata” mediante la quale diventano biologicamente funzionali.

Per identificare queste proteine, il team hanno usato un metodo specifico per analizzare il proteoma (cioè la totalità di tutte le proteine in un campione), chiamato spettrometria di massa con proteolisi limitata (LiP-MS) in grado di misurare i cambiamenti strutturali nelle proteine e rivelare esattamente dove si trovano tali cambiamenti. La scoperta di una diversa conformazione, descritta nel dettaglio in uno studio pubblicato sulla rivista Nature Structural and Molecular Biology, ha segnato anche la prima applicazione del metodo analitico nell’identificazione dei marker di una malattia.

La diversa conformazione delle proteine interessate e la natura dei cambiamenti potrebbero inoltre far luce sulle cause del morbo di Parkinson e su come questa malattia si collega ad altri disturbi neurodegenerativi. In teoria, queste stesse le proteine potrebbero anche fornire previsioni più accurate sul decorso della malattia. .

In futuro, gli studiosi hanno in programma di migliorare l’applicazione del metodo LiP-MS per amplificare i segnali dei biomarcatori e quindi aumentare la sensibilità con cui la malattia può essere rilevata. Inoltre, gli scienziati vorrebbero testare altri biomarcatori per valutare quanto specificamente possono rilevare il morbo di Parkinson, così come l’eventuale presenza di sovrapposizioni con altre malattie neurodegenerative come il morbo di Alzheimer, oltre a verificare l’utilità del metodo nella determinazione dei diversi sottotipi di Parkinson. “Sebbene sia necessaria una convalida indipendente – scrivono gli autori dello studio – , i nostri dati suggeriscono che l’analisi del proteoma strutturale umano guiderà l’identificazione e lo sviluppo di nuovi biomarcatori strutturali di malattia, consentendo di formulare nuove ipotesi sui processi patologici sottostanti”.

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