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Gli scienziati stanno per riportare in vita un animale estinto da decenni

Si tratta della tigre della Tasmania, un marsupiale carnivoro chiamato anche tilacino, che potrebbe tornare a popolare i boschi australiani sfruttando i progressi della genetica, il recupero del DNA antico e la riproduzione artificiale.
A cura di Valeria Aiello
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Benjamin, l'ultimo tilacino / biotechnologyonline.gov.au
Benjamin, l'ultimo tilacino / biotechnologyonline.gov.au

Quasi un secolo dopo la sua estinzione, la tigre della Tasmania potrebbe tornare in vita. Gli scienziati che in Australia e negli Stati Uniti sono impegnati nell’ambizioso progetto hanno recentemente fatto un importante passo in avanti nel programma di de-estinzione del marsupiale carnivoro, noto anche con il nome di tilacino (Thylacinus cynocephalus), sequenziando il genoma di un giovane esemplare e annunciando l’istituzione di un laboratorio di restauro genetico per tentare di ricreare il tilacino e reintrodurlo nel suo vecchio habitat naturale. Il laboratorio, attivato dall’Università di Melbourne, si avvarrà della collaborazione della società di biotecnologie Colossal Biosciences con sede in Texas, già attiva in un progetto altrettanto ambizioso, se non più audace, per riportare in vita il mammut lanoso.

Il nuovo progetto sfrutterà i progressi fatti nell’ambito del recupero del DNA, dell’editing genetico e della riproduzione artificiale per “ricreare un tilacino”, come spiegato da Andrew Pask, professore all’Università di Melbourne e direttore del Thylacine Integrated Genetic Restoration Research Lab, a capo dell’iniziativa. “Sosteniamo fermamente che, prima di tutto, dobbiamo proteggere la nostra biodiversità da ulteriori estinzioni, ma sfortunatamente non stiamo assistendo a un rallentamento nella perdita di specie – ha affermato Pask – . Questa tecnologia offre la possibilità di risolvere questo problema e potrebbe essere applicata in circostanze eccezionali in cui le specie fondamentali sono andate perdute”.

Dall’aspetto simile a quello di un cane, anche se spesso paragonato alle iene per il suo dorso striato, il tilacino è scomparso circa 2000 anni fa praticamente ovunque in Australia tranne che dall’isola della Tasmania, dove è sopravvissuto fino agli Anni 30. Essendo un carnivoro superpredatore, cioè all’apice della catena alimentare, ha svolto un ruolo chiave nel suo ecosistema, ma questa sua indole lo ha reso impopolare tra gli esseri umani, in particolare tra i coloni europei che lo hanno ampiamente cacciato, considerandolo un animale pericoloso per gli allevamenti di bestiame. Questo fenomeno, incentivato dal sistema di taglie sugli animali uccisi unitamente all’invasione umana del suo habitat naturale e alla competizione con il dingo, ha portato la specie all’estinzione. L’ultimo esemplare conosciuto, di nome Benjamin, morì in cattività nel 1936 allo zoo di Beaumaris a Hobart, in Tasmania, pochi giorni dopo che la specie venne riconosciuta come protetta dal governo.

Il progetto per riportare in vita la tigre della Tasmania

Il programma di de-estinzione del tilacino prevede diversi passaggi, a partire dalla ricostruzione del genoma dell’animale estinto e il confronto con una specie vivente dal DNA simile, un marsupiale carnivoro delle dimensioni di un topo, chiamato dunnart dalla coda grassa. Questo raffronto, come illustrato dal professor Pask, serve a comprendere quali sono le regioni del genoma che differiscono tra le due specie per poter procedere al passaggio successivo. “Prendiamo quindi cellule viventi dal nostro dunnart e modifichiamo il loro DNA in ogni punto in cui è diverso da quello del tilacino. Stiamo essenzialmente progettando la nostra cellula dunnart per diventare una cellula di tigre della Tasmania”.

Per tale procedura, il team si avvarrà dell’esperienza di editing genetico sviluppata da George Church, un professore di genetica della Harvard Medical School e co-fondatore di Colossal Biosciences, e verrà applicata a cellule staminali di dunnart che, con tecniche di riproduzione assistita verranno impiegate per creare un embrione, successivamente trasferito in un utero artificiale o di un dunnart come madre surrogata per la gestazione. “Il nostro obiettivo finale con questa tecnologia è di ripristinare questa specie in natura, dove ha svolto ruoli assolutamente essenziali nell’ecosistema. Quindi la nostra speranza ultima è quella un giorno di vedere il tilacino di nuovo vagare nella boscaglia della Tasmania – ha indicato Pask – . La reintroduzione di specie come queste richiederà lo studio dell’animale e della sua interazione nell’ecosistema per più stagioni e in vaste aree di terreno recintato prima di prendere in considerazione la reintroduzione completa”.

Il team non ha fissato una linea temporale per il progetto, pur ritenendo che richiederà meno tempo degli sforzi per riportare in vita il mammut lanoso, considerando anche il fatto che gli elefanti (che verranno impiegati per dare alla luce ibridi di mammut) hanno tempi di gestazione molto più lunghi rispetto ai dunnart. Gli studiosi ritengono inoltre che la tecnica potrebbe aiutare anche altri marsupiali viventi, come il diavolo della Tasmania, minacciati da malattie e dai cambiamenti climatici. “Le tecnologie che stiamo sviluppando per de-estinguere il tilacino hanno tutte vantaggi immediati per la conservazione delle specie marsupiali. Per proteggerle dall’estinzione, nelle biobanche sono già stati raccolti campioni di tessuto congelato da popolazioni di marsupiali viventi, anche se ci manca ancora la tecnologia per creare cellule staminali da questi tessuti. Ma questa è una tecnologia che svilupperemo come parte di questo progetto” ha concluso Pask.

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