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Gli scienziati hanno impiantato neuroni umani nel cervello di ratti neonati: il controverso studio

Un team di ricerca dell’Università di Stanford ha impiantato organoidi cerebrali umani nel cervello dei ratti, che si sono integrati e connessi.
A cura di Andrea Centini
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In verde più chiaro il tessuto cerebrale umano nel cervello del ratto. Credit: Università di Stanford.
In verde più chiaro il tessuto cerebrale umano nel cervello del ratto. Credit: Università di Stanford.

Organoidi composti da neuroni umani sono stati impiantati nel cervello di ratti appena nati, dove si sono integrati e hanno sviluppato connessioni neurali. Il controverso esperimento è stato eseguito con l'obiettivo di dimostrare la fattibilità di studiare malattie neurologiche e psichiatriche. Gli autori della ricerca sottolineano che gli organoidi – conosciuti anche come “mini cervelli” – sono validi modelli per studiare alcune funzioni cerebrali, tuttavia mancando di flusso sanguigno e segnali derivati dai sensi (connessioni neurali), l'efficacia e lo sviluppo risultano fortemente limitati. Per questo sono considerati poco utili per studiare condizioni legate alla formazione di circuiti, come l'autismo e la schizofrenia. Per ovviare al problema gli scienziati hanno pensato di impiantare gli organoidi nei roditori, creando così un organismo vivente ibrido (una chimera ratto-uomo) nel quale è possibile verificare meglio i processi cerebrali legati alle patologie mentali.

A condurre l'esperimento è stato un team di ricerca statunitense guidato da scienziati del Dipartimento di Psichiatria e Scienze del comportamento della prestigiosa Università di Stanford, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi dei dipartimenti di Bioingegneria e Neurochirurgia e del Wu Tsai Neurosciences Institute e Bio-X. I ricercatori, coordinati dal professor Sergiu Pasca, hanno creato gli organoidi di pochi millimetri a partire da cellule staminali pluripotenti indotte ottenute da cellule della pelle umana, dopo un apposito trattamento con un cocktail biochimico per riprogrammarle allo stato immaturo e trasformarle in neuroni della corteccia (lo strato più esterno del cervello). Le cellule fatte crescere in un piatto hanno dato vita ai mini cervelli che sono stati impiantati in ratti di due o tre giorni di vita, geneticamente modificati per non presentare un sistema immunitario e impedire così il rischio di rigetto del tessuto cerebrale umano.

Dopo l'impianto le cellule del cervello del ratto sono migrate nel tessuto umano, hanno formato vasi sanguigni e avviato la nutrizione del tessuto, mentre i neuroni umani hanno formato connessioni con le strutture del cervello dei roditori, talamo compreso, che è la parte deputata alla trasmissione di informazioni sensoriali alla corteccia. Nello specifico, gli organoidi corticali sono stati impiantati nella corteccia somatosensoriale primaria degli animali, una porzione del cervello che è coinvolta nell'elaborazione delle sensazioni, come specificato dagli autori dello studio. “Questa connessione potrebbe aver fornito la segnalazione necessaria per la maturazione e l'integrazione ottimali dei neuroni umani”, ha dichiarato il professor Pasca in un comunicato stampa.

Per verificare l'effettiva connessione tra l'organoide umano e il cervello dei ratti gli scienziati hanno infettato gli organoidi con un tracciante virale, che diffondendosi tra le cellule cerebrali mette in evidenza le connessioni funzionali. Gli organoidi in sviluppo si sono espansi in modo significativo e dopo 6 mesi occupavano fino a un terzo dell'emisfero del cervello del ratto. Le connessioni tra le due entità sono state testate attraverso diversi esperimenti; ad esempio stimolando i baffi dei roditori, un'operazione che determinava l'attivazione elettrica dei neuroni umani. In un'altra fase dello studio è stata testata anche l'optogenetica. In parole semplici, con l'ausilio di luce laser blu diretta verso gli organoidi – con fibre ottiche impiantate nel cranio – gli scienziati riuscivano a modificare il comportamento dei roditori, spingendoli a cercare l'acqua da un abbeveratoio “a comando”, attraverso la stimolazione luminosa.

Alcuni degli organoidi impiantati sono stati creati a partire da cellule staminali ottenute da pazienti affetti da una malattia genetica chiamata sindrome di Timothy, associata ad autismo ed epilessia. Una volta integrati, questi organoidi hanno generato una struttura specifica, che ha permesso ai ricercatori di evidenziare le differenze con gli impianti da cellule sane. “Questo è il circuito del cervello umano più avanzato mai costruito da cellule della pelle umana e una dimostrazione che i neuroni umani impiantati possono influenzare il comportamento di un animale”, ha dichiarato il professor Pasca. "La nostra piattaforma fornisce, per la prima volta, letture comportamentali per le cellule umane e potrebbe, speriamo, accelerare la nostra comprensione di condizioni psichiatriche complesse”, ha concluso.

Gli scienziati sono consapevoli che simili esperimenti hanno serie implicazioni etiche che devono essere analizzate a fondo, incluso il rischio che i topi con tessuto cerebrale umano possano sviluppare pensieri e una coscienza più simili a quelli umani a causa di questi impianti, come sottolineato a sciencemediacentre da Tara Spires-Jones, docente presso l'UK Dementia Research Institute dell'Università di Edimburgo. I dettagli della ricerca “Maturation and circuit integration of transplanted human cortical organoids” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Nature.

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