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Cambiamenti climatici

Gli ecosistemi della Terra rischiano di superare il punto di non ritorno molto prima del previsto

Il catastrofico collasso potrebbe avvenire già nei prossimi decenni. Nel peggiore dei casi, a partire dagli anni 30 del 2000.
A cura di Valeria Aiello
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Più di un quinto degli ecosistemi di tutto il mondo, inclusa la foresta amazzonica, rischia di superare il punto di non ritorno molto prima del previsto. Nel peggiore dei casi, già a partire dal prossimo decennio. È questa l’allarmante prospettiva che emerge da una nuova ricerca pubblicata su Nature Sustainability e che mostra la necessità di agire con maggiore urgenza per il clima. Secondo il professor Simon Willcock del Rothamsted Research di Harpenden (Regno Unito) che ha co-diretto lo studio, potremmo realisticamente essere “l’ultima generazione ad aver visto l’Amazzonia”.

Gli umani, spiega Willcock , stanno già mettendo la foresta amazzonica e altri ecosistemi sottopressione in molti modi diversi, quelli che i ricercatori chiamano fattori di stress, come l’aumento delle concentrazioni di gas serra, l’eccessivo sfruttamento dei territori e l’inquinamento dei bacini idrici. “Combinando questi stress con un aumento della frequenza e l’intensità degli eventi meteo estremi dovuti al cambiamento climatico, la data dei punti di non ritorno potrebbe essere anticipata anche dell’80%”. Ciò significa che un collasso degli ecosistemi, che in precedenza ci saremmo aspettati di evitare fino alla fine di questo secolo, potrebbe verificarsi già a partire degli anni 30 del 2000.

Un esempio di collasso avvenuto prima del previsto è quello del lago Erhai, in Cina, gravato non solo dal deflusso agricolo che ha caricato il sistema idrico di nutrienti in eccesso, ma su cui sono intervenuti altri fattori di stress che hanno accelerato il suo degrado. Gli effetti della combinazione di queste minacce non era stata considerata nel suo complesso, in quanto la maggior parte degli studi svolti finora si era concentrata sull’impatto dei singoli fattori, il che ha fornito stime superficiali circa il suo crollo.

Quando si combina una minaccia con le altre, come lo stress idrico, il degrado e l’inquinamento dei fiumi dovuto all’attività mineraria, il collasso arriva molto più rapidamente” osservano gli autori del nuovo studio.

Ciò che preoccupa davvero gli esperti è che gli eventi climatici estremi potrebbero colpire ecosistemi già stressati, che a loro volta trasferiscono nuovi e maggiori stress ad altri ecosistemi, e così via, innescando un effetto a catena con conseguenze catastrofiche.

Nella loro analisi, il team, composto da scienziati delle Università britanniche di Southampton, Sheffield e Bangor, oltre che della Rothamsted Research, ha esaminato due ecosistemi lacustri e due foreste, utilizzando modelli computerizzati con 70.000 aggiustamenti di variabili. L’indagine ha indicato che fino al 15% dei collassi si è verificato a seguito di nuove sollecitazioni o eventi estremi, anche mentre la sollecitazione primaria è stata mantenuta a un livello costante. Questo implica che, pur gestendo in modo sostenibile un parte di un ecosistema, nuovi stress come il riscaldamento globale e gli eventi meteorologici estremi possono comunque far pendere la bilancia verso il collasso.

Precedenti studi sui punti critici ecologici suggeriscono significativi costi sociali ed economici a partire dalla seconda metà del XXI secolo in poi – ha precisato il co-autore dello studio, il professor John Dearing dell’Università di Southampton – . I nostri risultati suggeriscono la possibilità che questi costi si verifichino molto prima”.

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