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Covid 19

Cosa sappiamo di BA.2, la variante “invisibile” di Omicron che ha preso piede in Danimarca

Soprannominata “stealth Omicron” perché non distinguibile come la standard attraverso il solo test molecolare, è una delle diverse linee evolutive del lignaggio B.1.1.529.
A cura di Valeria Aiello
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Una famiglia “allargata” e che, visti i numeri di questa ondata di Covid, potrebbe presto includere nuove linee evolutive, oppure essere spazzata via da altre versioni virali come accaduto alle precedenti varianti di Sars-Cov-2. Al momento, tuttavia, il lignaggio B.1.1.529, designato con la lettera greca Omicron dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha almeno tre figli (BA.1, BA.2 e BA.3) e un nipote (BA.1.1) che si stanno diffondendo più o meno velocemente in un crescente numero di Paesi.

BA.2, in particolare, sembra ormai aver preso piede in Danimarca, dove rappresenta il 28% dei nuovi casi di Covid (oltre 4mila sequenze depositate), oltre ad essere diffusa anche in Svezia (109 sequenze) e nel Regno Unito (80 sequenze). Fuori dall’Europa è sempre più frequentemente identificata in Asia, soprattutto India, a Singapore e in altri Paesi asiatici. Secondo il The Times of India nella città di Calcutta almeno l’80% dei casi di Covid riguarda proprio BA.2.

Sequenze di BA.2 depositate nel repository Pangolin al 18 gennaio
Sequenze di BA.2 depositate nel repository Pangolin al 18 gennaio

BA.2, la variante “invisibile” di Omicron

Presente in Sudafrica fin dall’inizio dell’ondata di Omicron e inizialmente rilevata anche in Australia e Canada, la variante BA.2 è informalmente chiamatastealth” Omicron da alcuni ricercatori non perché sia davvero “invisibile” ma semplicemente perché uno degli espedienti che si utilizza prima del sequenziamento per sospettare un’infezione da Omicron non funziona. In altre parole, quando di utilizza un test molecolare per verificare l’eventuale positività al coronavirus, nel caso di variante Omicron standard, uno dei tre geni bersaglio che indicano la presenza del virus nel campione non viene identificato – un fenomeno che in gergo è chiamato dropout del gene S (SGTF) o fallimento del gene S. Nel caso invece di infezione da variante Omicron BA.2, questo non accade, in quanto il genoma di questo virus manca di una specifica mutazione a livello del gene S (delezione 69/70).

L’assenza della delezione 69/70 non è l’unica differenza tra “fratelli” Omicron. Come premesso, BA.2 fa parte della famiglia Omicron che corrisponde al lignaggio B.1.1.529 e che include anche BA.1, la versione virale più comune, pur presentando alcune importanti differenze. Le varianti BA.2 e BA.1 condividono infatti 38 mutazioni ma BA.2 ha ulteriori 27 mutazioni uniche mentre BA.1 altre 20. A livello della proteina Spike, BA.2 e BA.1 condividono 21 variazioni di amminoacidi, ma BA.1 presenta altre 12 mutazioni uniche (tra cui la delezione che determina il dropout del gene S) mentre BA.2 presenta ulteriori 6 variazioni (T19I, V213G, S371F, T376A, D405N e R408S_).

Come già accaduto con varianti precedenti, associare specifiche capacità al profilo mutazionale di un virus non è semplice e non necessariamente queste nuove versioni virali hanno tra loro una diversa trasmissibilità o virulenza. Essendo BA.2 un sotto-lignaggio di B.1.1.529 va comunque considerato che, come la variante standard, questa versione virale sia altrettanto in grado di eludere parte della risposta immunitaria conferita dai vaccini o da un’infezione dovuta a varianti precedenti.

Diverso invece il discorso legato alla contagiosità, in quanto è curioso constatare come BA.1 e BA.2 fossero comunque già presenti nei primi casi di Omicron rilevati in Sudafrica, ma sempre in Sudafrica la BA.2 non si sia poi diffusa in maniera rilevante come BA.1, al contrario di quanto sta accadendo in Paesi come la Danimarca e probabilmente in diverse regioni dell’Asia. Se BA.2 fosse stata più contagiosa di BA.1, avrebbe infatti avuto ovunque il sopravvento, specialmente in Sudafrica.

Pertanto, la diversa diffusione a livello globale potrebbe dipendere da qualche altro fattore che, al momento, resta di difficile interpretazione. Ad ogni modo, l’emergere di nuove versioni del coronavirus è un fenomeno naturale, che è più frequente nelle aree di maggiore circolazione del virus, in quanto con l’aumento delle possibilità di replicazione crescono anche le probabilità di mutazione.

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