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L’ipotesi di una tecnologia aliena che circonda le stelle: i nuovi dati sulle sfere di Dyson

Una ricerca condotta dagli scienziati dell’Università di Uppsala riporta in vita una teoria più fantascientifica che scientifica. Le Sfere di Dyson sono una tecnologia teorizzata negli anni Sessanta: si tratterebbe di enormi impalcature in grado di sfruttare l’energia delle stelle. Anche se l’ipotesi è affascinante, al momento non esiste nessuna certezza.
A cura di Velia Alvich
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WIKIMEDIA COMMONS | Scienziati finlandesi scoprono sette stelle che potrebbero ospitare la tecnologia aliena conosciuta come sfera di Dyson
WIKIMEDIA COMMONS | Scienziati finlandesi scoprono sette stelle che potrebbero ospitare la tecnologia aliena conosciuta come sfera di Dyson

Se decidessimo di andare a controllare noi stessi, ci metteremmo quasi un millennio. Sempre se le nostre navicelle viaggiassero alla velocità della luce. E invece dobbiamo affidarci agli studi di chi guarda verso il cielo e cerca forme di vita intelligente. Più intelligente di noi, se la ricerca condotta da un gruppo di studiosi dell'università di Uppsala si rivelasse corretta.

Gli scienziati hanno individuato sette stelle che potrebbero essere circondate da un'avanzatissima tecnologia aliena. Sono chiamate sfere di Dyson dal nome dell'astrofisico che le ha teorizzate e potrebbero essere la dimostrazione che non siamo soli nell'universo. Lo chiariamo subito. L'ipotesi è affascinante e ampiamente citata in libri e film che si occupano di fantascienza ma anche con i nuovi dati siamo sempre nel campo dell'improbabile.

Cosa sono le sfere di Dyson

La teoria nasce da una ricerca pubblicata nel 1960 da Freeman Dyson, uno scienziato britannico-americano che ha formulato l'esistenza di complesse strutture artificiali intorno ad alcune stelle. Sotto forma di anelli o proprio di sfere che circondano gli astri nella loro interezza, la tecnologia sarebbe il prodotto di avanzate civiltà aliene per assorbire e quindi sfruttare l'energia delle stelle.

Per evitare la distruzione di queste strutture per un "sovraccarico" di luce stellare, l'energia accumulata verrebbe poi espulsa sotto forma di radiazioni infrarosse. Chi va a caccia di vita extraterrestre, quindi, cerca nello spazio questo eccesso di radiazioni infrarosse chiamati, appunto, eccessi di emissioni infrarosse (o infrared excess emissions, IEE).

"La ricerca di segnali infrarossi anomali nel cielo è diventata un'alternativa alle tradizionali ricerche di civiltà tecnologicamente avanzate che si basano sulla comunicazione", si legge nell'introduzione allo studio. "Uno dei vantaggi delle ricerche basate sulle firme "dysoniane" è che non dipendono dalla volontà di altre civiltà di contattarci".

Come sono state scoperte le sette stelle

Un campione di cinque milioni di stelle grazie ai dati forniti dai database delle agenzie spaziali europea e americana. Un parametro alla volta, il dataset è stato ridotto fino a sette stelle che emettono un eccesso di infrarossi di "natura non chiara". Questi segnali  non possono essere spiegati neppure con la presenza di nebulose, cioè gigantesche nuvole di polveri e gas spaziali che spesso restituiscono dei falsi positivi quando si va a caccia di sfere di Dyson.

"Nella letteratura scientifica ci sono diverse spiegazioni naturali per l’eccesso di infrarossi, ma nessuna di loro spiega chiaramente questo fenomeno nei candidati, specialmente considerando che si tratta di M-nane", cioè di stelle più piccole e fredde rispetto al nostro Sole. In questo caso, tutte a meno di mille anni luce dalla Terra. Insomma, dalle sette stelle arrivano segnali infrarossi che non possono essere spiegati in nessuna maniera, ma che potrebbero confermare la teoria di Tyson sessant'anni più tardi.

Sette stelle candidate per essere studiate più da vicino, nella speranza di trovare tracce di vita extraterrestre, non sono un campione così grande, ma abbastanza da dare materiale di studio al progetto Efesto (così si chiama il programma di ricerca di vita extraterrestre condotto dagli scienziati finlandesi). Il prossimo passo è quello di guardarle "da vicino" grazie alle immagini del James Webb Space Telescope, per verificare se l'ipotesi di strutture tecnologiche avanzatissime non è solo teoria ma anche una realtà.

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