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Queste piastrine sintetiche potrebbero sostituire quelle umane: così riescono a fermare un’emorragia

Un team di ricercatori statunitensi ha sviluppato delle piastrine sintetiche che nella sperimentazione su topi e maiali di laboratorio hanno mostrato di favorire la coagulazione proprio come quelle naturali con tassi di guarigione molto simili. Inoltre, queste piastrine potrebbero risolvere molti problemi legati alla conservazione e trasporto delle piastrine naturali.
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Quando ci facciamo male o subiamo un trauma che causa un sanguinamento (interno o esterno), le piastrine intervengono per favorire la coagulazione e fermare l'emorragia di sangue. Tuttavia, nei casi più gravi, può essere necessario ricorrere alla trasfusione di piastrine donate ma non sempre queste sono disponibili a causa di tutta una serie di limiti legati alla loro stessa natura. L'ostacolo maggiore è dato dal fatto che le piastrine devono essere conservate in condizioni molto particolari e per un tempo davvero minimo (circa una settimana), oltre il quale non possono essere più utilizzate.

Ecco perché da tempo la ricerca cerca di trovare un sostituto artificiale alle piastrine umane, altrettanto efficace. Ora, un team di ricercatori dell‘Università del North Carolina potrebbe aver trovato finalmente la formulazione adatta a tutte quelle categorie di persone bisognose di una trasfusione di piastrine: pazienti con una grave emorragia in seguito a un incidente, ma anche chi deve subire un'operazione o ancora le persone in chemioterapia.

Cosa sono le piastrine artificiali

Le piastrine artificiali o sintetiche sviluppate dal team di ingegneri biomedici statunitensi potrebbero rappresentare una svolta nel settore, perché sembrerebbero idonei a superare tutti quegli ostacoli tipici nella trasfusione di piastrine umane. Come si legge nello studio pubblicato su Science Translational Medicine, queste piastrine sintetiche sono adatte a tutti i gruppi sanguigni, inoltre possono essere facilmente trasportate e conservate per periodi anche molto lunghi. Questa loro versatilità di utilizzospiegano i ricercatori dell'Università del North Carolina – potrebbe renderle adatte anche a tutte quelle situazioni d'emergenza, anche fuori dall'ospedale, come in ambulanza o perfino in guerra.

Come sono state sviluppate

Queste piastrine sintetiche sono costituite da nanoparticelle di idrogel (una soluzione di acqua e molecole polimeriche), progettate per essere in grado di imitare in tutto e per tutto, le piastrine umane. Ma a differenza di quest'ultime, sono deformabili. Questo è uno dei principali punti di forza, in quanto permette di trasportarle anche in condizioni piuttosto ostili. Ma come funzionano?

I ricercatori hanno incorporato sulla loro superficie frammenti di un particolare tipo di anticorpo noto per legarsi alla fibrina, ovvero la proteina che il corpo sintetizza proprio in prossimità della ferita per facilitare la coagulazione. La presenza di questi frammenti permette alle piastrine artificiali di legarsi alla fibrina prodotta naturalmente dal corpo e contribuire a bloccare il sanguinamento.

L'efficacia è stata testata su topi e maiali in laboratorio

Per testare la possibilità di produrre su larga scala le piastrine sintetiche, i ricercatori hanno effettuato prima dei test in vitro, ai quali sono seguiti i test su topi e maiali in laboratorio: da questi e è emerso che le piastrine sono state in grado di viaggiare nel sangue, raggiungere la ferita e favorire la coagulazione, senza danneggiare altre aree del corpo.

Il confronto con le trasfusione di piastrine naturali  ha mostrato tassi di guarigione sostanzialmente identici, prova dell'efficacia delle piastrine sintetiche. Inoltre, i ricercatori hanno anche visto che gli animali che avevano subito la trasfusione erano in grado di eliminare le piastrine ricevute senza problemi attraverso le normali funzioni urinarie.

I ricercatori, che hanno detto di essere alla fine della fase preclinica del normale iter di sperimentazione, pensano di riuscire ad ottenere il via libera della FDA (Food and Drugs Administration) entro due anni. Solo dopo questo fondamentale step potranno partire con gli studi clinici e testare quindi l'effettiva possibilità di utilizzarle.

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