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Incandidabilità dei condannati, le regole allo studio del Governo

Il testo del decreto è quasi pronto, restano da chiarire alcuni nodi fondamentali come l’estensione dell’applicazione della norma e la durata dell’incandidabilità.
A cura di Antonio Palma
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Incandidabilità dei condannati, le regole allo studio del Governo

Come annunciato ieri dal Ministro Annamaria Cancellieri il Governo si appresta a varare il provvedimento sull'incandidabilità dei condannati usando la legge delega prevista nel ddl anticorruzione. In settimana i tre titolari dei Dicasteri interessati, Cancellieri, Severino e Patroni Griffi, avranno un'ultima riunione per chiudere il testo e portarlo in consiglio dei Ministri per l'approvazione collegiale. Il decreto legislativo poi passerà alle Commissioni parlamentari che avranno l'obbligo di dare un parere consultivo ma non vincolante per l'Esecutivo entro sessanta giorni. Insomma anche se stretti i tempi ci sono tutti per approvare la nuova norma e applicarla già alle prossime elezioni, cioè quelle regionali in Lombardia e Lazio. Restano da sciogliere alcuni nodi fondamentali come la durata dell'incandidabilità e l'applicazione su alcune fattispecie di reato , nonché alcune nuove norme sulla trasparenza e le incompatibilità degli incarichi dirigenziali con quelli elettivi. Al momento in Parlamento ci sono 21 condannati definitivi e qualche centinaio tra indagati o condannati in primo e secondo grado anche se non tutti  raggiungono una condanna di due anni come previsto dalla delega.

Le regole dell'incandidabilità – In effetti stando ai paletti stabiliti dal Parlamento nella delega al Governo gli incandidabili effettivi sarebbero pochi. Infatti, secondo la delega incandidabili sono quelle persone che hano ricevuto condanne passate in giudicato per reati gravi come quelli di mafia e terrosismo o conttro la P.A. come corruzione e concussione, ma solo quelli però con pene oltre i due anni. Dopo le depenalizzazioni attuate nel recente passato, reati come la frode fiscale per ora non rientrerebbero tra quelli previsti per l'incandidabilità. L'Esecutivo però sta cercando di estenderne l'applicazione e rendere l'accesso alle liste più difficile per i condannanti. Sicuramente saranno vietate le candidature a chi ha condanne definitive superiori ai due anni per reati di grave allarme sociale e contro la pubblica amministrazione anche se come dice il prefetto Bruno Frattasi, capo dell'ufficio affari legislativi del ministero dell'Interno, "Nel nostro schema di decreto il patteggiamento è paragonato alla condanna definitiva". La questione della temporaneità dell'incandidabilità inoltre appare ancora più complessa, infatti bisogna stabilire se dopo aver scontato la sua pena ed essere stato riabilitato un condannato dovrebbe poter tornare candidabile e dopo quanto tempo. Secondo indiscrezioni il Govenro sarebbe intenzionato a collegare l'allontanamento dagli incarichi pubblici alle tipologie dei reati commessi e alle pene subite così ad esempio chi è stato condannato con sentenza definitiva a due anni non sarà candidabile per almeno il doppio e cioè quattro anni.

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