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G20: braccio di ferro Usa-Russia sulla guerra in Siria

Secondo i funzionari del Cremlino un eventuale attacco Usa a siti nucleari siriani potrebbe innescare una catastrofe. Intanto l’Italia mantiene la linea: “Sì alla soluzione politica, no all’intervento militare”.
A cura di Davide Falcioni
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E' l'intervento militare in Siria il tema che tiene maggiormente banco al G20 di San Pietroburgo, che oggi ha avuto inizio in un clima di alta tensione tra Russia – il paese che ospita il summit – e Stati Uniti. Si doveva discutere principalmente di economia, ma inevitabilmente il possibile attacco degli Usa al regime di Bashar al-Assad ha spostato decisamente l'attenzione. In questo quadro Enrico Letta ha ribadito che la posizione italiana non è quella dell'intervento armato ed auspicato che tra i grandi della terra si trovino soluzioni politiche: "Quella del G20 è l'ultima occasione utile per riaprire la possibilità di un negoziato". Identica la linea dell'Unione Europea. Herman Van Rompuy (presidente della Commissione UE), ha sollecitato "una soluzione politica per mettere fine al bagno di sangue, alle gravi violazioni dei diritti umani ed alle immense distruzioni in Siria". E, ha continuato, "mentre rispettiamo le richieste recenti di un’azione (militare), allo stesso tempo sottolineiamo la necessità di affrontare la crisi siriana attraverso il processo alle Nazioni Unite". Anche la Cina – da sempre contraria alla guerra – ha ribadito il concetto: "Un’azione militare – ha dichiarato il viceministro delle finanze Zhu Guangyao – avrebbe un impatto negativo sull’economia globale, in particolare sul prezzo del petrolio, causandone un aumento".

Dall'altra parte Stati Uniti e Francia fanno quadrato. Domani Obama incontrerà Hollande, che a sua volta avrà un colloquio con il leader turco Recep Tayyip Erdogan: i tre paesi potrebbero rappresentare l'asse portante dell'intervento armato, che vorrà votato la prossima settimana in via definitiva dal Congresso Usa. In tal senso potrebbe risultare fuori tempo massimo il viaggio dell'inviato Onu per la Siria Lakhdar Brahimi, che è partito per San Pietroburgo con l'intenzione di sostenere gli sforzi del Segretario generale Ban Ki-moon volti ad organizzare una conferenza di pace che metta la parola fine al conflitto. In un comunicato stampa, infatti, si legge che "Il Segretario Generale ha appena annunciato che il Rappresentante speciale per la Siria, Lakhdar Brahimi, è diretto in Russia per aiutarlo a mettere in piedi, a margine del vertice G20 di San Pietroburgo, una Conferenza Internazionale sulla Siria".

In questo quadro i padroni di casa russi hanno avvisato che un eventuale raid aereo statunitense su strutture atomiche siriane potrebbe provocare una catastrofe nucleare. Per questa ragione i funzionari del Cremlino stanno facendo pressione sull'Onu, perché tra le ragione di un "no" alla guerra venga inserito anche questo scenario. La questione verrà portata la prossima settimana sul tavolo dell'Iaea (International Atomic Energy Agency). Putin, intanto, si è scagliato contro il segretario di stato Usa Kerry, che aveva minimizzato il peso di Al Quaeda tra i ribelli siriani: "Mente sapendo di mentire – ha dichiarato Putin – perché sa benissimo che i terroristi rappresentano oggi la maggioranza dell'opposizione ad Assad".

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