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G20, 10 Paesi firmano contro Assad: “Serve una risposta forte”

Il G20 si è concluso senza un accordo da parte della comunità internazionale sulla crisi siriana. C’è però un documento firmato da 10 nazioni, tra cui l’Italia, che “condannano l’attacco del 21 agosto”. Le divergenze con gli Stati Uniti sono confermate anche dalla Russia, contraria all’attacco così Cina, India e Indonesia, Argentina, Brasile e Sudafrica.
A cura di Biagio Chiariello
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Il vertice del G20, terminato quest'oggi a San Pietroburgo, ha confermato tutte le divisioni della comunità internazionale sulla eventualità di un intervento militare in Siria. Ci sarebbero dieci Paesi, tra cui l'Italia, che chiedono "una forte risposta internazionale alla grave violazione delle regole" per l'uso delle armi chimiche da parte del regime di Assad. Inoltre sollecitano l'invio di "un chiaro messaggio perché certe atrocità non si ripetano più". "Coloro che hanno perpetrato questi crimini – si legge nel documento – devono essere ritenuti responsabili". I Paesi a favore sarebbero, dunque, Australia, Canada, Francia, Italia, Giappone, Corea del Sud, Arabia Saudita, Spagna, Turchia e Stati Uniti.

Tuttavia il presidente russo Vladimir Putin ha sottolineato la "ferma contrarietà espressa da Russia, Cina, India e Indonesia, Argentina, Brasile e Sudafrica" in merito all'azione militare in Siria. Ad ogni modo, l'Italia, come precisato più volte dal premier Enrico Letta, non parteciperà senza un mandato Onu: "Siamo fortemente impegnati a ricercare una posizione comune tra i Paesi europei sulla Siria", ha detto il presidente del Consiglio prima di lasciare la Russia. Le divisioni sono confermate dal faccia a faccia tra il presidente USA Barack Obama e lo stesso padrone di casa russo. Per la Russia, "tra i due leader restano divergenze sulla crisi siriana". Per Obama, "il regime di Assad con il suo utilizzo delle armi chimiche è una minaccia per la pace e la sicurezza mondiale". Il numero della Casa Bianca lo ha detto nella conferenza stampa finale del G20, annunciando che parlerà "al popolo americano martedì".

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