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Conflitto Israelo-Palestinese

Perché la risoluzione Onu non cambierà i piani di Israele su Gaza

L’intervista di Fanpage.it a Luigi Toninelli (ISPI) dopo la risoluzione ONU sul cessate il fuoco a Gaza immediato per il Ramadan: “Non ci si aspetta grossi cambiamenti nei piani militari israeliani né credo che cambierà granché nell’approccio internazionale alle politiche israeliane”.
Intervista a Luigi Toninelli
ricercatore ISPI esperto in Medioriente e Nord Africa.
A cura di Ida Artiaco
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"L'operato di Israele nel conflitto, il rischio di carestia imminente per la popolazione di Gaza e la minaccia di invadere a Rafah, con le conseguenze disastrose che ne deriverebbero, hanno reso più difficile per gli USA difendere Israele, da qui la decisone di astenersi, evitando di porre il veto alla risoluzione. Ma non ci si aspetta grossi cambiamenti nei piani militari israeliani né credo che cambierà granché nell'approccio internazionale alle politiche israeliane".

Così Luigi Toninelli, ricercatore ISPI esperto in Medioriente e Nord Africa, ha commentato a Fanpage.it la notizia dell'adozione da parte dell'Onu di una risoluzione con cui si chiede il cessate il fuoco immediato a Gaza "per il Ramadan rispettato da tutte le parti che conduca ad un cessate il fuoco durevole e sostenibile e il rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi". È la prima volta dall'inizio della guerra tra Hamas e Israele.

Perché questa decisione da parte dell'Onu è arrivata solo ora, a 6 mesi dall'inizio del conflitto?

"Per mesi i veti incrociati tra i paesi del Consiglio di Sicurezza (CdS) non hanno permesso che una risoluzione venisse adottata. Non è qualcosa di nuovo ma frutto della frammentazione e delle difficoltà che il CdS vive da tempo. Ad aver permesso di essere adottata la risoluzione di ieri è stato un cambio di approccio da parte degli Stati Uniti. Ad aver portato gli USA a scegliere di astenersi, evitando di porre il veto alla risoluzione, sono state le pressioni interne e internazionali.

Da un lato, la contestazione di parte della popolazione e della politica statunitense, che in un anno elettorale hanno cominciato a esprimere il loro dissenso verso le politiche adottate dalla Casa Bianca, e le pressioni degli alleati internazionali hanno contribuito a spingere l'amministrazione statunitense a criticare maggiormente Israele. Dall'altro, invece, quanto sta avvenendo a Gaza risulta essere sempre meno tollerabile. L'operato di Israele nel conflitto, il rischio di carestia imminente per la popolazione di Gaza e la minaccia di invadere a Rafah, con le conseguenze disastrose che ne deriverebbero, hanno reso più difficile per gli USA difendere Israele".

Cosa cambia concretamente per la guerra a Gaza?

"Israele ha già criticato la risoluzione e fatto sapere che proseguirà nel suo piano di invadere Rafah, ritenendola "non vincolante". Nonostante le pressioni statunitensi non sembra che qualcosa sia cambiato. Risulta difficile prevedere cosa succederà ma non ci si aspetta grossi cambiamenti nei piani militari israeliani".

Cosa cambia, invece, dal punto di vista politico?

"Il fatto che Netanyahu abbia prontamente cancellato la visita a Washington che una delegazione di alto profilo avrebbe dovuto effettuare in questi giorni mette in mostra quanto siano tese attualmente le relazioni tra l'amministrazione Biden e l'alleato israeliano. Tuttavia, nelle stesse ore in cui Netanyahu dichiarava l'annullamento della visita, il ministro della Difesa Gallant era proprio nella Capitale statunitense per incontrare il segretario di Stato Antony Blinken. Nel corso della visita Blinken ha fatto nuovamente presente a Gallant come esistano alternative all'invasione di Rafah. I canali di dialogo restano aperti nonostante la "chiusura di facciata" emersa attraverso le dichiarazioni del presidente israeliano. L'alleanza tra Washington e Israele è di lungo corso e non ci si aspetta che, al di là delle tensioni attuali, venga messa in discussione".

Quante probabilità ci sono che la richiesta di cessate il fuoco durante il Ramadan diventi permanente, come ha già chiesto la Francia?

"Il raggiungimento di un cessate il fuoco duraturo dipende da molti fattori e al momento ci sono più ostacoli che possibilità lungo questo percorso. Solo per citarne alcuni, i negoziati portati avanti da Qatar ed Egitto non sembrano stiano portando a risultati concreti così come Israele non sembra essere disposto a rinunciare all'operazione militare su Rafah. Inoltre la questione dirimente non è se e quando verrà raggiunto un cessate il fuoco, ma cosa seguirà a un cessate il fuoco. Quale futuro per Gaza? Chi governerà la Striscia? Israele manterrà una presenza militare per garantire la propria sicurezza interna? Queste sono tutte questioni che devono essere affrontate e che prescindono dalle dichiarazioni francesi o dalla Risoluzione del Consiglio di Sicurezza".

Israele non ha accolto bene quanto successo nel Palazzo di Vetro. Il Paese sempre più isolato dalla comunità internazionale? Cosa pensa succederà adesso?

"Nonostante le crescenti critiche che Israele subisce per la guerra a Gaza e le condizioni umanitarie in cui versa la popolazione, non credo che cambierà granché nell'approccio internazionale alle politiche israeliane. Nonostante il ritiro della delegazione in partenza per Washington e le dichiarazioni critiche del governo israeliano verso la Risoluzione adottata ieri le relazioni con i paesi alleati continuano a essere preservate e difficilmente verranno messe in discussione".

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