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“Non potranno mai abbattere Kara-Murza”: parla la moglie del prigioniero di Putin spedito in Siberia

Il politico dell’opposizione condannato a 25 anni di carcere duro in un processo che neanche Kafka riuscirebbe a descrivere è stato trasferito da un carcere di Mosca a una colonia penale siberiana. È malato. L’avvocato teme per la sua vita. La moglie Eugenia non perde la fiducia e continua a combattere per lui e per gli altri detenuti politici. L’intervista di Fanpage.it.
A cura di Riccardo Amati
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Vladimir Kara-Murza
Vladimir Kara-Murza

“Ora lo sentiamo ancora più lontano”, dice Evgenia Kara-Murza. Il problema non è tanto psicologico quanto pratico: “Il rapporto con gli avvocati sarà più sporadico e sarà quindi difficile controllare le sue condizioni di salute”. Per tacer dei contatti con la famiglia: “Ho potuto parlare al telefono con mio marito solo due volte in quasi due anni, e ora ci saranno ostacoli ancora maggiori”.

Evgenia ha paura: il suo Vladimir ha una malattia incompatibile con il regime carcerario, che per lui sarà da ora in poi oltremodo duro. Ma questa nuova Elena Bonner, che come la moglie del dissidente Andrei Sakharov ai tempi dell’Urss continua il lavoro del marito silenziato dal regime, ha anche una certezza: “Non potranno mai abbattere Vladimir Kara-Murza: lui è forte e resterà fedele a se stesso. Deve solo restare vivo: alla fine vincerà”.

C’è un dipinto alla galleria Tetryakov di Mosca intitolato “Vladimirka”. L’autore è il paesaggista russo di fine Ottocento Isaac Levitan. Rappresenta la strada tra Mosca e Vladimir, città a est della capitale. È la via percorsa dai prigionieri che al tempo degli zar venivano tradotti in catene verso le colonie penali siberiane: il Katorga, versione ante litteram del Gulag di Stalin. Nel dipinto, la massicciata di terra e sassi in mezzo alla pianura è deserta, ad eccezione di una donna che prega di fronte a un tabernacolo. Una scena di desolazione e presentimenti. Evoca la disperazione delle persone che attraverso quella spoglia e immensa campagna erano e sarebbero state deportate nell’Oriente russo. Solo una chiesa bianca in lontananza sembra promettere una remota serenità.

La Vladimirka oggi è un’autostrada. Eppure il trasferimento di Vladimir Kara-Murza dalla Prigione-5 “Vadnik” di Mosca alla colonia penale IK-6 di Omsk ha avuto tempi ottocenteschi: quasi tre settimane di viaggio ad alto coefficiente di disagio. Fatto sta che la Siberia resta il simbolo della repressione politica da parte dello Stato russo. Non è solo Storia: la pratica continua ai nostri giorni, “per creare isolamento e poter implementare condizioni carcerarie estremamente dure al di fuori di ogni controllo, alla faccia della legalità”, sostiene Evgenia.

La colonia penale IK-6 a Omsk, Siberia
La colonia penale IK-6 a Omsk, Siberia

Vadim Prokhorov, avvocato del marito non è ottimista: “Gli stessi medici carcerari di “Vodnik” mi hanno detto che Vladimir non potrà sopravvivere più di due anni in prigione, con la sua patologia”, ci spiega al telefono. È indignato: “Kara-Murza è un vero patriota, il cui solo delitto è aver criticato in pubblico Vladimir Putin e l’invasione dell’Ucraina”.

Dopo essere stato per due volte in fin di vita per avvelenamento ad opera — secondo le indagini di Bellingcat — della stessa squadra dell’Fsb che avvelenò Alexei Navalny, Vladimir Kara-Murza è stato arrestato con una scusa a Mosca nell’aprile 2022 e deve ora scontare una condanna a 25 anni di carcere duro per “alto tradimento” ed altri reati. Le maggiori organizzazioni per i diritti umani, l‘Unione Europea e molti Stati occidentali hanno definito “ingiusto” e “politicamente motivato” il processo contro di lui. “Il sostegno internazionale è cruciale per Vladimir e per tutti i detenuti politici russi”, dice la moglie del prigioniero. “Tenerli al centro dell’attenzione del mondo è l’unico modo per esser certi che rimangano in vita”.

Fanpage.it ha raggiunto Evgenia Kara-Murza in videoconferenza in Virginia, negli Stati Uniti, dove per ragioni di sicurezza vive insieme ai tre figli adolescenti.

Evgenia Kara-Murza
Evgenia Kara-Murza

Cosa cambia, col trasferimento in Siberia di suo marito? Sarà più dura per lei e i ragazzi?

I nostri contratti con lui diventeranno ancora più difficili e sporadici. Sarà un regime durissimo. Con regole molto strette.

Lo erano già. Quanto volte ha potuto parlare con Vladimir, negli oltre diciassette mesi che ha già trascorso in carcere?

Solo due volte, e brevemente. I nostri tre figli hanno potuto parlare col padre solo sei volte. Per quindici, venti minuti. Cinque minuti a testa. Ora potrebbe diventare addirittura più complicato.

Sarà di certo più complicato per lui. Il regime di carcerazione diventa molto più pesante, rispetto a quello nella prigione “di passaggio” in cui era detenuto a Mosca.

Soprattutto, più pericoloso. Appena arrivato nella colonia penale è stato sbattuto nel “schizo”, la cella disciplinare. Quando lo misero in una simile cella nel carcere in cui si trovava Mosca, la sua patologia si aggravò, e perse la sensibilità ai piedi.

Qual è la malattia di suo marito?

Soffre di polineuropatia (un danno simultaneo a più nervi periferici in tutto il corpo, ndr), uno strascico dei due avvelenamenti con cui i servizi di sicurezza di Putin hanno tentato di ucciderlo. Secondo la legge russa si tratta di una patologia incompatibile con la detenzione in carcere. Ma le legalità da tempo non esiste più nel nostro Paese.

Può descriverci lo “schizo”, la cella d’ isolamento dove mentre parliamo è rinchiuso Vladimir?

Misura tre metri per uno e mezzo, non ha alcun mobile se non uno sgabello di legno e un letto “a scomparsa” che dalle sei del mattino alle nove di sera viene richiuso e fissato al muro. Tutto questo in presenza di un clima atmosferico generalmente molto freddo. Potete immaginarvi quali siano le condizioni.

Ma è stato messo in cella di isolamento per motivi disciplinari?

No, lo “schizo” è la prima cosa che i detenuti politici vedono, quando arrivano all’istituto carcerario in cui dovranno scontare la loro pena dopo la condanna in via definitiva. Forse le autorità vogliono che si facciano subito l’idea di quel che li aspetta. Spesso, poi, i “politici” vengono riportati nelle celle disciplinari e tenuti lì per lunghi periodi di tempo. È successo e continua a succedere a Navalny come a Yuri Dmitryev, dell’Ong per i diritti umani Memorial (premio Nobel per la pace 2022, ndr), e al politico dell’opposizione Alexei Gorinov e molti altri. È probabile che succederà anche a Vladimir.

Ma perché questo accanimento?

Per isolarlo dagli altri prigionieri e isolarlo da noi. Perché per chi è in una cella disciplinari i contatti con gli avvocati, per non parlare dei contatti con la famiglia, sono ancora più limitati.

Non potrete spedire pacchi?

C’è un limite, anche di peso, per ogni anno. Ma secondo quanto abbiamo visto a Mosca, quando Vladimir era sotto punizione nella cella speciale non poteva ricevere alcun pacco né vedere egli avvocati.

Ma avete un avvocato a Omsk che possa andarlo a visitare?

Sì, i coraggiosi avvocati russi che continuano a difendere i prigionieri politici rischiando anch’essi la galera hanno una rete in tutto il Paese. A Omsk ci sono legali che possono raggiungere Vladimir per accertare le sue condizioni e darci notizie. Ma l’avvocato difensore di mio marito dovrà raggiungere Omsk da Mosca, per poterci parlare. Un viaggio di 2mila 700 chilometri ogni volta.

Lei ora ha più paura, per suo marito?

Vladimir mi stupisce perché anche nelle situazioni peggiori riesce a non buttarsi giù e conservare il senso dell’umorismo. Nel biglietto che è riuscito a far arrivare al suo avvocato dal nuovo luogo di detenzione ha scritto che la cella d’isolamento “sarà finalmente un’opportunità per riposare e pensare con calma a cos’è la vita”, disegnando una faccina sorridente. E ha anche raccontato che Omsk era l’unica grande città siberiana che non aveva mai visitato, e che un giorno ci vorrà tornare per vederla da un’altra prospettiva. Queste battute di spirito mi hanno colpito e hanno un po’ ridimensionato i miei timori. Quello che mi spaventa è la sua salute. Per il resto, con l’atteggiamento positivo nonostante tutto dimostrato da Vladimir, come posso perdermi d’animo io? Come posso perdere la fiducia? No, posso solo continuare a combattere per lui e per tutti i prigionieri politici.

La detenzione di Vladimir potrebbe durare ancora a lungo, se non cambieranno le cose in Russia. In cosa spera?

So che non sarà facile. Le cose non potranno risolversi alla svelta. Conto sul fatto che mio marito ha un carattere forte che gli consente di sdrammatizzare. Non mi preoccupo della sua tenuta psicologica. Non cambierà. Rimarrà fedele a se stesso, alla sua natura. Ne uscirà vittorioso. Di questo sono del tutto sicura. Il problema è far sì che possa sopravvivere fisicamente. E per questo è molto importante mantenere alta l’attenzione internazionale sul suo caso. Come su quelli degli altri prigionieri di coscienza in Russia: l’attenzione dell’opinione pubblica e la pressione internazionale su Mosca possono essere cruciali per mantenerli vivi. Se il mondo guarda, è più difficile che cose inqualificabili avvengano dietro le sbarre. Anche nelle più remote carceri siberiane.

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