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In Iran 3 giovani condannati a morte sono stati salvati da una rivolta sul web: “Davvero notevole”

Amirhossein Moradi, Mohammad Rajabi, 25 anni, e Saeed Tamjidi, 27, arrestati lo scorso novembre per aver partecipato alle proteste esplose in numerose città dell’Iran contro l’aumento del prezzo del carburante, erano stati condannati a morte per “vandalismo” e “atti di guerra contro il regime”. Ma l’esecuzione è stata bloccata dopo che in loro difesa si è sviluppata nei giorni scorsi una campagna social, con l’hashtag “Non eseguite la condanna”, utilizzato ben 7,5 milioni di volte, anche da vip e dal presidente Trump.
A cura di Ida Artiaco
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Erano stati condannati a morte venerdì scorso per "vandalismo" e "atti di guerra" contro il regime perché, durante le proteste scoppiate in decine di città in Iran lo scorso autunno contro l’aumento del prezzo del carburante, avrebbero assaltato un distributore di benzina e passato le immagini delle manifestazioni ai giornali internazionali. Ma per Amirhossein Moradi, Mohammad Rajabi, 25 anni, e Saeed Tamjidi, 27, è arrivata una notizia storica: sono stati assolti e non ci sarà per loro (al momento) nessuna esecuzione. Lo riporta l’agenzia di stampa Fars. Nei giorni scorsi in loro difesa si era sviluppata una campagna social, con l’hashtag "Non eseguite la condanna" (#do_not_execute), in inglese e in persiano, che è stato utilizzato ben 7,5 milioni di volte e che è stata sostenuta da numerose celebrità in tutto il mondo, come il regista premio Oscar Asghar Farhadi o il calciatore Hossein Mahini, difensore molto amato del Persepolis e della nazionale iraniana.

A favore dello stop alla condanna a morte è intervenuto anche il presidente Usa Donald Trump che su Twitter ha scritto: "Eseguire la condanna su questi tre individui manda un segnale terribile al mondo e per questo non dovrebbe essere fatto". "Le persone in Iran normalmente hanno paura di partecipare a campagne online perché ci sono innumerevoli casi di cittadini che sono stati arrestati per un tweet. Questa volta sembra che non si stiano curando del rischio: stanno chiedendo a gran voce, come una sola voce, di fermare le esecuzioni. Davvero notevole", ha spiegato Amir Rashidi, ricercatore digitale che studia l’attivismo online da diversi anni e che ha confermato di non aver mai visto niente di simile.

Dopo lo stop alla condanna a morte è stato ordinato un nuovo processo. Quello precedente, dopo l'arresto dei tre giovani lo scorso novembre durante i disordini innescati dalla decisione del governo di Teheran di aumentare il prezzo della benzina, era stato definito da Amnesty ingiusto e i loro avvocati difensori avevano scritto una lettera pubblica per denunciare che le confessioni erano state estorte loro con la violenza. Milioni di persone parteciparono a quelle proteste, sfinite dalla povertà e da una situazione economica sempre più difficile. Ed ora, complice anche la crisi da Coronavirus e i blocchi imposti per contenere la diffusione del contagio, il rischio è che la rabbia riesploda.

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