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Il complotto iraniano diventa una vera spy story mediorientale

Nuovi elementi emergono nel complotto iraniano: i sauditi sarebbero stati a conoscenza del piano iraniano e avrebbero addirittura informato le sedi diplomatiche argentine che sarebbero state obiettivo degli attentati.
A cura di Simona Saviano
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Il complotto iraniano diventa una vera spy story mediorientale

Si tinge di giallo il presunto complotto iraniano ai danni dall'ambasciatore saudita a Washington. Eric Holder, ministro della Giustizia americano, lo scorso martedì aveva annunciato il complotto ordito da due uomini iraniani per uccidere Adel al-Jubeir, ambasciatore saudita a Washington. Il piano era stato scoperto già a giugno, ma è soltanto dopo il processo, durante il quale uno dei due attentatori ha affermato di aver ricevuto l'ordine da alcune autorità del regime iraniano che si è scatenata la bagarre tra Stati Uniti e Repubblica Islamica iraniana. Oggi diverse indiscrezioni vorrebbero che i due paesi hanno avuto un contatto diretto e un diplomatico argentino avrebbe affermato che i sauditi avvertirono il paese sud americano di possibili attentati nelle ambasciate.

I sauditi erano a conoscenza del complotto iraniano

La notizia che oggi sconvolge le sedi diplomatiche è che, secondo una fonte che ha rilasciato un’intervista all’agenzia Reuters, i sauditi quattro mesi fa avvertirono l'Argentina di un possibile complotto per uccidere l'ambasciatore Adel al-Jubeir a Washington, e di possibili attentati alle ambasciate di Arabia Saudita e Israele a Buenos Aires. La stessa fonte racconta che sauditi avvisarono le diplomazie argentine su richiesta degli Stati Uniti, le parole non trovano conferma nell’ambasciatore americano in Argentina e non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali.

Adel al-Jubeir ambasciatore saudita
Adel al-Jubeir , l'ambasciatore saudita a Washington vittima del presunto attentato

Nel frattempo il governo argentino negli scorsi mesi aveva emesso dei mandati di arresto per alcuni iraniani sospettati di coinvolgimento in attentati nel paese tra il 1992 e il 1994: nell’ambasciata israeliana a Buenos Aires e in un centro della comunità ebraica; in totale morirono più di 100 persone. L’Iran fu accusato di aver collaborato con i militanti palestinesi autori degli attentati. Il Presidente argentino Fernandez ha chiesto a settembre al governo di Ahmadinejad di collaborare nelle indagini.

Il regime iraniano sostiene di non essere coinvolto né negli attentati degli anni Novanta in Argentina, né nell’ipotetico complotto per l’uccisione del diplomatico saudita a Washington, ma gli americani hanno già intrapreso la strada delle minacce di sanzioni economiche e di isolamento internazionale. Nonotante i rapporti tra i due paesi siano ripresi (USA e Iran non avevano contatti diretti dal 1979), e la portavoce del Dipartimento di Stato americano Victoria Nuland ha confermato i contatti diretti sulla questione, Barack Obama continua a puntare il dito contro il regime di Ahmadinejad, definendo il comportamento del governo iraniano "pericoloso e irresponsabile, fuori dalle norme di comportamento accettate nelle relazioni internazionali, da troppo tempo". 

Diplomatico saudita ucciso a Karachi
Musulmani sunniti protestano in Pakistan per l'uccisione del diplomatico saudita a Karachi

Eppure secondo diversi studiosi l’amministrazione americana non ha prove certe del coinvolgimento diretto del governo iraniano e la rivista di Geopolica americana “Stratfor”, vicina agli ambienti dell’amministrazione americana, ha scartato l’ipotesi del complotto iraniano per l’assassinio dell’ambasciatore saudita, o almeno non crede che ci sia il regime iraniano dietro il presunto piano. “Questo complotto non appare credibile alla luce dei consueti metodi operativi dei servizi segreti iraniani e per il fatto che avrebbe comportato sostanziali rischi di natura politica”. Inoltre, la rivista americana sottolinea una domanda che in molti si sono posti, ovvero su cosa avessero da guadagnare gli iraniani uccidendo l’ambasciatore saudita.

Insomma non è semplice stabilire se il complotto sia reale oppure no: da una parte l’obiettivo saudita sarebbe sembrato plausibile visto che c’è già stato in passato un episodio del genere: a maggio un diplomatico saudita fu ucciso a Karachi, in Pakistan; l’attentato sarebbe stato compiuto da alcuni sciiti dall’armata iraniana Al Quds. Resta, secondo Guido Olimpo del Corriere, capire perché questa volta i servizi iraniani avrebbero affidato questo compito Mansoor Arbabsiar, commerciante di auto e kebab in Texas, che avrebbe fallito la sua missione e anche confessato l'identità dei suoi mandanti. Ancora, il complotto sarebbe plausibile alla luce delle implicazioni della “primavera araba”. Il vento della rivoluzione che spira nella regione mediorientale è, secondo alcuni come Vittorio Emanuele Parsi, un

pessimo affare e un pericoloso modello capace di rigalvanizzare i giovani, le donne, gli intellettuali che già nelle scorse elezioni avrebbero cacciato dal potere Ahmadinejad e i suoi se non fossero stati derubati grazie ai brogli elettorali e zittiti a suon di omicidi ed esecuzioni

A ciò si aggiunge che il principale alleato dell’Iran nell’area è in affanno: il regime del presidente siriano Bashar Al Assad, ha minacciato l’Occidente nel caso di un intervento miliare degli europei e americani per sedare la rivolta; è grande l’imbarazzo del governo di Ahmadinejad, che deve affrontare anche l'imbarazzo di un isolamento internazionale per un complotto che potrebbe aver ordito oppure no.

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