A Gaza la carestia è realtà: si continua a morire di fame, anche se Netanyahu lo nega – il nuovo episodio di “Nel Caso Te Lo Fossi Perso”

È online un nuovo episodio di "Nel caso te lo fossi perso", il Podcast daily di Fanpage.it che, dal lunedì al venerdì alle 18.00, ti racconta la notizia più importante del giorno.
I primi episodi di "Nel caso te lo fossi perso" saranno accessibili a tutti per qualche mese, per farvi conoscere questo nuovo contenuto di aggiornamento quotidiano. Poi diventerà riservato ai nostri abbonati, sperando che possa rappresentare un ulteriore motivo – se non lo avete già fatto – per abbonarvi e sostenere il nostro lavoro.
Si può ascoltare direttamente qui o su tutte le principali piattaforme audio (qui per Spotify, oppure Apple Podcast o anche Amazon Music).
Ieri il rapporto dell’Ipc, il principale organismo che si occupa di monitorare la malnutrizione nel mondo e classificare la gravità delle situazioni di crisi, ha detto che Gaza è sull’orlo di una carestia, smentendo definitivamente la versione del premier israeliano Benjamin Netanyahu secondo cui nessuno soffre la fame nella Striscia e i palestinesi addirittura ingrasserebbero a causa della scarsa attività fisica per il tanto tempo passato nei tunnel a ripararsi. Una versione assurda naturalmente, già smentita dalle terribili immagini delle persone ammassate attorno ai pochi di camion in attesa degli aiuti e dei bambini gravemente malnutriti, ridotti a un mucchietto di ossa.
Nel analisi dell'Ipc viene detto a chiare lettere che nella Striscia “si sta concretizzando lo scenario peggiore, la carestia”. Non c'è ancora l'ufficialità ma nella sostanza cambia poco perché i dati sulla malnutrizione a Gaza delineano un quadro agghiacciante. I palestinesi continuano a morire, nonostante Netanyahu sostenga il contrario e a testimonianza del fatto che il sistema di distribuzione degli aiuti gestito dalla Gaza Humanitarian Foundation non funziona. Se pure funzionasse, secondo gli esperti, gli aiuti sarebbero comunque insufficienti. Negli scorsi giorni Israele ha predisposto dei “percorsi sicuri”, con pacchi di cibo e dispositivi medici lanciati dal cielo e l’ingresso di 120 camion delle Nazioni Unite. Alla fine molti pacchi sono caduti in zone off-limits e gli aiuti sono stati comunque pochi.
L'avvertimento sulla carestia imminente è arrivato nello stesso giorno in cui il ministero della Salute di Hamas ha comunicato che il numero dei morti a Gaza ha superato i 60mila dall’inizio della guerra. Insomma la situazione è insostenibile ed è anche per questo motivo che, sempre ieri, il premier britannico Keir Starmer ha annunciato che il Regno Unito riconoscerà lo Stato di Palestina entro settembre, se il governo israeliano non si impegnerà per raggiungere la pace. Un annuncio che segue quello della Francia e che è un segnale della pressione crescente della comunità internazionale attorno al governo israeliano.
E l’Italia in tutto questo? Finora si è rifiutata di farlo, preferendo – come pure altri Paesi, ad esempio la Germania – la linea della cautela. Meloni l’ha spiegato, per lei il riconoscimento è una scelta “controproducente” e prematura, che potrebbe verificarsi soltanto nel momento in cui si avviasse un processo di pace e ci fosse un riconoscimento reciproco tra Israele e Palestina.
La questione del riconoscimento è complessa. Non basterà a risolvere il conflitto, come dimostra il fatto che nonostante gli annunci di Francia e Regno Unito le stragi di civili proseguono. O le indiscrezioni sul piano di annessione di pezzi della Striscia a cui starebbe lavorando il governo di Tel Aviv. Ma resta comunque un messaggio importante e una scelta che, nel momento in cui si dovesse concretizzare, potrebbe contribuire ad isolare Netanyahu nel contesto internazionale. Gaza però, non può più aspettare.
Se questo contenuto ti è piaciuto e vuoi accedere ai contenuti esclusivi e sostenere il nostro lavoro, abbonati a Fanpage.it cliccando qui.