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Elezioni in Spagna, vincono i popolari ma il paese è ingovernabile

Vince Rajoy ma il partito del premier uscente non ha la maggioranza. Verso le larghe intese?
A cura di Redazione
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Vince la destra di Rajoy, ma la Spagna non è governabile. Questo il risultato delle urne: il PP pur perdendo una marea di voti (aveva 186 seggi nel 2011; ne ha raccolti 123 oggi), rimane il primo partito. Molto lontana la soglia di maggioranza di 176 seggi. Grandissimo risultato per Podemos, ma quello che resta questa sera è una situazione caotica.

Al secondo posto si piazzano i socialisti di Psoe guidati da Pedro Sanchez che raccolgono il 22.1% dei voti e 91 seggi, anche loro in calo rispetto al 2011 quando raccolsero 110 seggi. Terzo, Podemos di Pablo Iglesias di che raccoglie il 20.6% dei voti e 69 seggi. Quarto l’altro movimento Ciudadanos, guidato da Albert Rivera, che si ferma al 13.8% dei voti e a 40 seggi.

Per dirla chiaramente, l’unico governo possibile, con questi numeri, è una coalizione tra Partito Popolare e Socialisti. Una soluzione all’Italiana con destra e sinistra insieme per un governo dalla larghe intese. Qualsiasi altra combinazione: Socialisti più Podemos; Popolari più Ciudadanos; Socialisti più Podemos più Esquerra (estrema sinistra) sono tutte alleanze che rimangono sotto la soglia di maggioranza di 176 seggi, e quindi senza possibilità di governare.

La Spagna pare si appresti a vivere un momento molto simile a quello vissuto in Italia dopo le elezioni del 2013 quando nessuno tra Pd, Pdl e Movimento 5 Stelle aveva ottenuto un numero di voti sufficiente per governare. Dopo lunghe consultazioni e trattative, spuntò il governo dell’Inciucio, si sarebbe detto una volta: Pd e Pdl insieme a tagliare fuori un M5s che comunque non fece nulla per cercare di entrare nella partita di governo.

Gli analisti spagnoli tendono però a non credere che un partito di lunghissima storia di sinistra come il Psoe possa pensare di formare un governo con l’eterno nemico se non al costo di una profonda spaccatura. Il Pp e il Psoe insieme raggiungono 213 seggi, molti di meno di quelli che raccolsero nel 2011, ma comunque abbastanza per guidare la Spagna per 4 anni.

Podemos, in fondo, pare essere l’unico vero vincitore di questa tornata elettorale, spinto dai risultati eccezionali in Catalogna dov’è il primo partito e nei Paesi Bassi. Al debutto alle elezioni nazionali politiche, il movimento figlio degli Indignados e cugino stretto del Movimento 5 Stelle italiano, spacca il bipartitismo, cambia l’agenda dei partiti, e si mette alla finestra, pregustandosi un ingresso in massa al Congresso e al Senato (in un ordinamento costituzionale simile a quello italiano).

Anche Ciudadanos, il Podemos di destra nato da una costola del Pp, porta a casa un risultato buono che riesce nel difficile compito di tamponare l’uscita di elettori dal Pp verso movimento indipendenti. Estremamente sopravvalutato nei sondaggi, Ciudadanos non sarà quell’ago della bilancia che in molti alla vigilia pensavano potesse essere.

Come da previsioni, l’alta affluenza (73% dei votanti contro il 68.4% del 2011) non ha di certo favorito i partiti tradizionali, sorridendo invece a Podemos. Queste elezioni sono quindi solo un punto di partenza: da domani lo scacchiere politico spagnolo sarà tutto da disegnare e non sono di certo escluse le sorprese. Per questa notte, tra le macerie di un bipartitismo che lascia tutti vincitori e tutti sconfitti allo stesso tempo, basta così. Il mondo sta cambiando, anche in Spagna.​

A cura di Giorgio Scura

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