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Per i precari salari inferiori del 28% rispetto al posto fisso

Uno studio dell’Isfol rivela che il divario tra gli stipendi dei precari e dei lavoratori stabili si allarga sempre di più, con i primi che difficilmente arrivano a mille euro al mese.
A cura di Antonio Palma
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Per i precari salari inferiori del 28% rispetto al posto fisso

Oltre a non avere la certezza del posto di lavoro, per i precari quasi sempre c'è anche uno stipendio più basso dei colleghi con il posto fisso, un divario che con il passare degli anni sembra allargarsi sempre di più. Come rivela uno studio dell'Isfol infatti nel 2011 la differenza tra i due salari è salita in media del 28%, con i lavoratori a tempo determinato che difficilmente riescono a raggiungere i mille euro mensili. Dato che non sorprende visto che l'anno scorso l'aumento medio per i dipendenti precari è stato in media solo di un euro al mese. Nel 2011 ad esempio per i dipendenti a tempo il salario medio è stato di 945 euro, a fronte dei 1313 euro per i lavoratori a tempo indeterminato. Come ha spiegato il direttore generale dell'Isfol, Aviana Bulgarelli, il motivo principale è che "indipendentemente dall'età il salario medio dei lavoratori temporanei rimane sotto i mille euro, mentre il livello retributivo medio dei dipendenti permanenti passa da poco più di 900 euro nella classe di età 15-24 anni ai quasi 1500 euro nella classe 55-64 anni".

Insomma per i lavoratori precari la penalizzazione è doppia, cosa che li porta ad essere tra i lavoratori più colpiti dalla crisi economica. Certo a pesare sul dato sicuramente il fatto che i contratti a tempo prevalgono soprattutto tra le nuove generazioni, e dunque il fatto che non ci siano scatti di anzianità, anche se i dipendenti precari sono numerosi pure tra i più adulti soprattutto negli ultimi anni. A nulla valgono le leggi che prevedono generalmente l'applicazione di salari minimi legati ai contratti collettivi nazionali perché spesso i dipendenti a termine usufruiscono in misura minore di straordinari o altri emolumenti. Come ricordano dall'Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori, il lavoro precario resta lo strumento principale d'ingresso dei giovani nell'occupazione anche se rischia di diventare sempre più penalizzante con il tempo.

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