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Ocse: “Il 53% dei giovani lavoratori è precario. La Riforma Fornero aiuta”

La percentuale di precari under 25 è quasi raddoppiata rispetto al 2000, quando erano il 26,2%. E’ la piaga italiana che l’Organizzazione francese sottolinea nel suo rapporto sull’occupazione, che passa in rassegna la situazione del lavoro nei Paesi industrializzati. Allo stesso tempo, viene evidenziato come la Riforma Fornero contribuisce a “migliorare la creazione di posti di lavoro”.
A cura di Biagio Chiariello
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Più della metà (il 52,9%) dei giovani lavoratori italiani, gli under 25, ha un lavoro precario. Lo calcola l'Ocse nel suo Employment outlook, basato su dati di fine 2012, che passa in rassegna la situazione del lavoro nei Paesi industrializzati. La percentuale di persone che guarda con incertezza al proprio percorso lavorativo è quasi raddoppiata nel Belpaese rispetto a 12 anni prima, il 2010, quando erano "appena" il 26,2%. Il quadro in Italia è davvero allarmante, perché il Paese resta Intrappolato tra recessione e disoccupazione. L'Organizzazione per lo sviluppo economico prevede un peggioramento del tasso di disoccupazione al 12,6% nel quarto trimestre del 2014 dal 12,2% dello scorso maggio e contro il 6,2% del periodo pre-crisi economica. E' il sesto peggior dato tra i 34 paesi aderenti all'Ocse. C'è da dire che nell'ultimo anno, il numero dei senza lavoro in Italia è cresciuto ad un ritmo più elevato rispetto all'insieme dell'UE, ed è ora "un punto percentuale più elevato" della media degli altri paesi. Lo si legge nell' Employment Outlook, che sottolinea anche come a metà 2012 il dato italiano era invece "in linea con la media". A fine maggio, la disoccupazione in Italia ha toccato quota 12,2%, dopo un aumento "quasi continuo" nei due anni appena trascorsi.

La situazione è critica soprattutto per giovani e lavoratori meno qualificati: in Italia la percentuale dei 15-24enni inoccupata è cresciuta di più di 6 punti tra il 2007 e la fine del 2012, contro i 4,3 punti della media Ocse e l’aumento è attribuibile sostanzialmente ai ‘Neet’, i ragazzi che non sono nè al lavoro nè a scuola, la cui percentuale è aumentata di 5,1 punti, al 21,4% della fine del 2012. Si tratta del terzo peggior andamento nell'area Ocse, dopo Grecia e Turchia. La differenza con gli altri paesi industrializzati è impressionante: altrove – fanno sapere gli esperti dell'organizzazione francese – davanti a difficili prospettive occupazionali i ragazzi hanno reagito ritardando l'ingresso nel mercato del lavoro e approfondendo gli studi, per cui il tasso dei ‘neet', nonostante la crisi, è rimasto stabile.  Inoltre, aggiunge l'Ocse, questi giovani ‘scoraggiati "perdono competitività rispetto alle loro controparti in altri paesi che hanno sostituito all'esperienza di lavoro una buona istruzione e che usciranno verosimilmente dalla crisi meglio equipaggiati per fronteggiare le sfide tecnologiche del futuro".

Tuttavia nello stesso rapporto, si legge anche che la riforma Fornero, oltre che "migliorare la crescita della produttività", "dovrebbe contribuire alla creazione di posti di lavoro nel futuro", grazie in particolare al nuovo art.18 che riduce la possibilità di reintegro in caso di licenziamento, rendendo le procedure di risoluzione più rapide e prevedibili. Lo scrive l'Ocse nel suo Employment outlook. La riforma del lavoro  ha riequilibrato gli incentivi al ricorso alle diverse tipologie contrattuali; tuttavia ”l’Italia resta uno dei Paesi Ocse con la legislazione più rigida sui licenziamenti, in particolare riguardo alla compensazione economica in caso di licenziamento senza giusta causa e la definizione restrittiva di giusta causa adottata dai tribunali”. In questo contesto, argomenta poi il rapporto, “gli elementi raccolti suggeriscono che limitare la diffusione dei reintegri sia un elemento chiave per migliorare i flussi occupazionali e la produttività”.

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