Crisi, l'”anno nero” del Sud Italia: chiuse 88mila aziende

Come stanno le imprese del Sud Italia? Stando all'ultimo rapporto redatto da Confindustria e Srm (gruppo Intesa San Paolo) nei primi nove mesi del 2014 quelle che hanno chiuso i battenti sono state 88mila con un saldo negativo di 10mila unità, non compensato dalle nuove aperture. Le imprese che sopravvivono tuttavia non godono di ottima salute: il loro fatturato è calato mediamente dell'1,8% e la redditività di più di tre punti percentuali rispetto al 2007: le imprese in perdita nel Mezzogiorno sono circa un terzo del totale, e il 5,5% di loro è in perdita dopo il pagamento delle imposte, a dimostrazione che i margini sono sempre più esigui anche a causa della pressione fiscale.
Il 2014 per il Mezzogiorno rappresenta l'anno peggiore dall'inizio della crisi. L'indice sintetico – calcolato sommando diverse variabili macroeconomiche come il Pil, gli investimenti fissi lordi, le imprese attive, l'export e gli occupati – è passato da quota 44,7 del 2013 a 434 di quest'anno. Se si considera che la quota di riferimento è posta a 500 (2007) il dato del 2014 è il peggiore di sempre, seguito da quello del 2013 e poi da quello del 2009. Il primato è stato conseguito a causa di un Pil stimato in calo di oltre 51 miliardi in sette anni, di investimenti diminuiti di quasi 29 miliardi e di un numero di occupati scesi sotto i 6 milioni (-20%).
Per Confindustria quella del Sud Italia "oltre che una crisi economica e sociale, sembra essere sempre più una crisi di sfiducia, in cui le imprese non investono, i giovani se ne vanno, perfino le poche risorse pubbliche per investimenti non si riescono ad utilizzare: ad un anno dalla chiusura del ciclo di programmazione 2007-13, restano infatti ancora da erogare ben 14 miliardi di euro".