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Antonella Cilento sulla polemica di De Giovanni: “Inutili ineleganze”

Maurizio De Giovanni bacchetta su facebook la scrittrice Antonella Cilento colpevole a suo avviso di averlo insultato in un suo libro uscito più di un anno fa: “Solo tanta sofferenza per le copie non vendute”, ma la Cilento nega ogni addebito e ribatte: “Inutili ineleganze, un buono scrittore di solito è un lettore fortissimo e quest’episodio mette in luce qualche lacuna”.
A cura di Andrea Esposito
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È una strana polemica quella nata nelle ultimo 48 ore tra Maurizio De Giovanni e Antonella Cilento, entrambi scrittori napoletani di razza, anche se molto diversi tra loro: il primo, autore della fortunatissima serie del Commissario Ricciardi e dei Bastardi di Pizzofalcone (che a breve diventerà una fiction con Alessandro Gassmann); la seconda, finalista al Premio Strega nel 2014 con "Lisario o il piacere infinito delle donne", un'autrice molto prolifica e dalla penna raffinata nonché docente di scrittura da moltissimi anni. A quest'ultima abbiamo chiesto di rispondere ad alcune domande per chiarire quanto accaduto.

Dottoressa Cilento due giorni fa sulla pagina facebook di Maurizio De Giovanni è apparso un post molto duro, tuttora leggibile, in cui si scaglia contro di lei definendola in sostanza una "invidiosa" per una frase presente nel suo ultimo romanzo, di circa un anno fa, intitolato "Bestiario napoletano"… a chi si riferiva quando ha scritto: "Ha le dita degli impiegati di banca, cui fa spesso credere di essere scrittori…"? 

Innanzitutto spieghiamo che "Bestiario napoletano", il libro da cui è stata estrapolata la frase, è un libro edito da Laterza oltre un anno fa', composto di oltre tredici anni di articoli usciti su Il Mattino, strapresentato in mezz'Italia: dunque, la materia di cui si parla, nello specifico, è vecchissima, nel frattempo mi è uscito anche un altro libro, "La madonna dei mandarini", e ne sto scrivendo un altro. Il capitolo del Bestiario dedicato al diavolo parla in realtà di Palazzo Penna o de Penne, magnifico edificio durazzesco, uno dei rarissimi residui della Napoli catalana, di cui appunto ho ripetutamente scritto negli anni sul giornale. Si incrocia al ragionamento sul Palazzo una citazione che viene invece da "Dadapolis" di Fabrizia Ramondino, libro magnifico e oggi quasi introvabile purtroppo, dove si cita una lunga lettera di Jean Paul Sartre in visita a Napoli. È lui a vedere il diavolo negli occhi di vetro delle napoletane, nelle vetrine, nelle strade, ecc… ed anche questa pagina è ampiamente citata nei miei articoli e nel libro. Poiché il segretario proprietario del palazzo era in pratica il bancario del re, ecco spiegata la presenza di quella frase che ha ovviamente molti echi letterari: scrittori di banca sono stati in tanti, dal magnifico Giuseppe Pontiggia de "La morte in banca" a Kafka, benché non precisamente bancario nel senso attuale, a scrittori più vicini nel tempo, Marotta, per esempio. Anche mio padre ha lavorato in banca tutta la sua vita e altri figli di bancari sono stati miei allievi ai corsi di scrittura. Un elenco infinito dove, è evidente, non si fa riferimento a nessuno in particolare: si soffre di protagonismo a volersi cercare in questa pagina. Inoltre, è una pagina, come molte altre del libro, ironica e melanconica, dunque tutto tranne che materia da polemica, del resto per fare polemica bisogna essere almeno in due e io non partecipo. Certo, i libri bisogna leggerseli invece di considerarne estratti estrapolati dal contesto, senza nemmeno conoscerne le fonti letterarie, si incorre in inutili ineleganze…

E infatti la risposta di De Giovanni è stata molto piccata, cito: "Triste perché dietro parole come queste c'è tanta sofferenza per le copie non vendute, le sale semivuote, la gente che non ti riconosce per strada, i premi non vinti e le fiction che non verranno mai tratte dai libri, per il conto asfittico e per le lingue in cui non si sarà mai tradotti…". Come spiega tanta acredine? 

Ognuno è responsabile di ciò che dice. Francamente, mi sembra superfluo e inutile e non sono interessata alla questione.

Alla fine del suo sfogo De Giovanni, rivolgendosi a lei, conclude così: "…a fronte della consapevolezza di essere bravissimi, veri Scrittori". Lei si ritiene una "vera Scrittrice"? E chi sono i "falsi Scrittori"? De Giovanni secondo lei è un "falso Scrittore"? Lei lo legge?

Amo altri tipi di scrittura e detesto le maiuscole e le enfasi: si scrive bene o si scrive male, non c'è molto altro da dire. Certo, un buono scrittore di solito è un lettore fortissimo e quest'episodio mette in luce qualche lacuna.

Cosa sente di dirgli, oggi, dopo due giorni di polemiche sia sui social che sui giornali locali?

Preferisco non rispondere.

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