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Confindustria: “La recessione in Italia è finita”. Ma resta l’emergenza lavoro

L’Italia si avvia a uscire dalla recessione a fine 2013 dopo otto trimestri di segno meno per l’economia. La ripresa però sarà lenta, e “cruciale” per consolidarla sarà la stabilità politica. Tuttavia, “l’emergenza del mercato del lavoro fatica a rientrare spontaneamente”, fanno sapere gli economisti del Centro studi Confindustria.
A cura di Biagio Chiariello
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La recessione finirà nel terzo trimestre. Lo afferma il Centro studi di Confindustria (Csc), che nelle previsioni colloca l'interruzione della caduta del Pil nel terzo trimestre di quest'anno e il ritorno a variazioni positive nel quarto (+0,3%). Dati che sicuramente sono più ottimistici di quelli diffusi ieri dagli economisti dell'Istat. Si parla infatti di una contrazione dell'1,6% del Prodotto Interno Lordo per il 2013 (contro il -1,9% delle previsioni di giugno) ed una crescita dello 0,7% per il 2014 (rispetto al precedente +0,5%). La "recessione è finita", l'Italia "è a un punto di svolta" fanno sapere da viale dell'Astronomia. Ma attenzione perché l'uscita dalla "seconda lunga crisi iniziata nel 2007 sarà lenta". E tal proposito il centro studi di Confindustria lancia anche un segnale alla politica: "sulla strada della ripresa persistono infatti rischi, interni e internazionali, e ostacoli. Cruciale – aggiunge – è la stabilità politica".

Il quadro economico internazionale e quello italiano "sono diventati più luminosi", scrive il Csc, ma "ciò non giustifica nessun autocompiacimento. Non c'è un pilota automatico da inserire, la rotta è tutt'altro che sicura e tracciata. Al contrario, occorre fare tutto il possibile per evitare ricadute recessive o arretramenti competitivi". Per Confindustria, "la precarietà politica interna espone l'italia a una maggiore diffidenza degli investitori esteri, contribuendo a tenere ampio lo spread, indebolisce le iniziative di modernizzazione del paese, impedisce il pieno recupero di fiducia in un progetto paese, tiene basse la competitività e la crescita potenziale. La stabilità, che non è sinonimo di immobilismo, diventa allora il primo tassello nel mosaico del rilancio".

Il neo principale sembra esser l'occupazione che nel quarto trimestre del 2013 toccherà "un nuovo punto di minimo" dall'inizio della crisi, con un milione e 805 mila posti di lavoro (indicati come Ula, Unità di lavoro equivalenti a tempo pieno) in meno rispetto a fine 2007 (-7,2%). La domanda di lavoro crescerà nuovamente "dalla primavera 2014". In tal senso nel rapporto del Csc, si legge che "l'emergenza del mercato del lavoro fatica a rientrare spontaneamente, data la lentezza della ripresa", perciò sono "urgenti provvedimenti sia per innalzare la crescita sostenibile del Paese sia per aumentare l'occupabilità delle persone". Segnali positivi, seppur deboli, guardando ai dati sul tasso disoccupazione con una in leggera frenata, al 12,1% nel 2013 e al 12,3% nel 2014 (dalle precedenti previsioni 12,2% e 12,6%), rimanendo "sostanzialmente fermo ai massimi già raggiunti". Le richieste di Cig, secondo il centro studi, cresceranno in autunno, come pure gli interventi in deroga e straordinari; il ricorso alla cassa integrazione comincerà a calare solo dalla primavera 2014, con 320mila unità coinvolte a fine anno, livello analogo alla primavera 2011.

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