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Emergenza lavoro

“Senza lavoro a 56 anni. Credevo ci fossero più possibilità al Nord, ma ho trovato solo altro sfruttamento”

Marisa (nome di fantasia, ndr), 56enne siciliana, ha raccontato a Fanpage.it la sua difficile esperienza, fatta di lavoro usurante e sacrifici. “Sono Oss e mi sono trasferita in Toscana per lavorare in una Rsa. Ora però, dopo turni massacranti e tanti sacrifici, sono rimasta di nuovo senza lavoro”, spiega la signora.
A cura di Eleonora Panseri
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"Ho 56 anni, sono divorziata e mio figlio è grande, vive per i fatti suoi, quindi mi mantengo da sola. Sono Oss (Operatore socio-sociosanitario), primo e secondo livello eccellenza 118, soccorritore autista e parlo 3 lingue (inglese, francese e un po' di cinese). Qualche tempo fa, dopo essere rimasta senza lavoro una prima volta, ho trovato un annuncio tramite agenzia interinale per un impiego proprio da Oss a Catania e io ho dato subito disponibilità".

Così Marisa (nome di fantasia, ndr), 56enne siciliana, inizia a raccontare a Fanpage.it la sua difficile esperienza, fatta di lavoro usurante e sacrifici. "C’era una ‘sorpresa': il lavoro non era a Catania, ma in una struttura in Toscana. Nell’annuncio dicevano però che, dopo una prova di 3 mesi, mi avrebbero stabilizzato e che l’alloggio sopra l’Rsa dove avrei lavorato era incluso".

Come ricorda la signora, "per me è stata un po' una botta, dico la verità, perché ho dovuto lasciare tutto il mio mondo qui. – aggiunge Marisa – Ma il bisogno è disonesto, in qualche modo bisogna sopravvivere, e ho deciso di accettare". Il lavoro prevedeva 36 ore settimanali ma, racconta ancora la 56enne, spesso le veniva chiesto di fare doppi turni.

"L'abitazione era sopra la struttura, quindi mi chiamavano sempre perché, essendo sola, potevo essere subito disponibile". Così, dopo tre difficili mesi di prova, "ho pensato che mi avrebbero stabilizzata, mi sono presentata dal datore di lavoro, ma mi hanno proposto una proroga di altri tre mesi, aggiungendo che avrei dovuto però pagare l'affitto e le utenze", dice ancora la signora.

"Io ho continuato, anche se mi sono sentita presa in giro, non avevo valutato i 6 mesi. Ho fatto notare che avevano messo il limite di 3 e loro mi hanno risposto che questa era la prassi. Dopo l'ulteriore proroga, ho chiesto ancora e mi sono sentita dire che non andavo più bene. Ho fatto notare che mi erano stati rivolti diversi complimenti negli ultimi tempi per i miei miglioramenti e mi sono sentita rispondere che le colleghe si erano lamentate".

Così, in questa situazione, la 56enne racconta di aver chiesto solo altri due mesi, "visto che avevano sempre bisogno di personale, giusto per potermi organizzare", ma le sono stati negati. "Però poi mi hanno richiamato dicendo che, se volevo avere gli ultimi due mesi, mi sarei dovuta spostare di nuovo, in un'altra loro struttura in Toscana. A quel punto ho detto: ‘Basta‘", prosegue Marisa.

"Questa purtroppo è la situazione, anche al Nord. Non voglio più sentire gente che mi dice che al Nord c'è lavoro perché tanto è sempre la stessa cosa: è solo uno sfruttamento di persone e non si riesce a vivere. – osserva la 56enne – Da fine febbraio al 15 marzo sono rimasta senza soldi con tutte le spese che devo sostenere".

Una situazione, quella della signora, che purtroppo colpisce molti uomini e donne che si trovano a perdere il lavoro prima di aver raggiunto l'età pensionabile. "Purtroppo, in tanti posti non posso più accedere, non posso più fare tanti concorsi perché a quest'età non ti fanno più lavorare", spiega.

"Io sono arrivata al punto che non riesco più a stare in piedi e a camminare. E non per l'età, ma per il lavoro usurante, le cose che ti fanno fare in più che non dovrebbero essere fatte o che dovrebbero essere fatte in modo diverso. Perché ci dovrebbero essere anche i controlli, ma non ci sono. – conclude Marisa – Io adesso continuerò a cercare lavoro, anche se l'agenzia mi riconoscerà solamente altri 6 mesi".

La nostra redazione riceve lettere e testimonianze relative a storie che riguardano il mondo del lavoro. Decidiamo di pubblicarle non per dare un'immagine romantica del sacrificio, ma per spingere a una riflessione sulle condizioni e sulla grande disparità nell'accesso a servizi essenziali. Invitiamo i nostri lettori a scriverci le loro storie cliccando qui.

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