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News sulla morte di Francesco Pantaleo

Morte di Francesco Pantaleo, secondo l’autopsia “non ci sono segni di violenza provocati da terzi”

I primi riscontri dell’esame autoptico sul corpo di Francesco Pantaleo, lo studente di 23 anni di Marsala fuorisede a Pisa trovato morto carbonizzato in un campo di San Giuliano Terme, escluderebbero sia colpi di pistola che la presenza di proiettili. Intanto, pur non escludendo alcuna pista investigativa, la Procura di Pisa continua ad indagare per istigazione al suicidio.
A cura di Anna Vagli
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Francesco Pantaleo aveva poco più di vent’anni quando è scomparso. Una vita davanti e tanti sogni nel cassetto frantumati in un week-end di mezza estate. Un obiettivo importante all’orizzonte, quella laurea in ingegneria che lo aveva spinto a lasciare la sua terra d’origine, la Sicilia, per raggiungere la città universitaria di Pisa. Eppure, oggi, di quei sogni, se ne discute solo per comprendere che cosa sia effettivamente successo nelle ultime ore della sua vita. Stando ai primi parziali dell’esame autoptico condotto dall’Istituto di Medicina Legale dell’Ospedale Santa Chiara di Pisa per mano del Dott. Marco di Paolo e del Dott. Damiano Marra, sul cadavere di Francesco non sarebbero stati rinvenuti colpi di arma da fuoco.

Sempre secondo ultime indiscrezioni, l’indagine radiodiagnostica effettuata con tomografia computerizzata avrebbe escluso la presenza di metalli nel corpo del ragazzo. Ciò significa che all’interno di quest’ultimo, benché gravemente deteriorato dalla combustione, non sarebbero residuati proiettili. Cosa significa questo? Anzitutto, la mancanza tanto di colpi di arma da fuoco quanto di segni di violenza (già esclusi con la tac) potrebbero far ragionevolmente ritenere che nel momento in cui è stato appiccato il fuoco, Francesco fosse ancora vivo e, quindi, che non sia caduto vittima di un’aggressione, almeno armata, da parte di terzi.

Non sconfesserebbe la pista suicidiaria neppure il rinvenimento sulla scena del crimine di plurime sorgenti di innesco. Questo dato è infatti agevolmente spiegabile ipotizzando che il ragazzo, dopo essersi cosparso di liquido infiammabile ed essersi dato fuoco, abbia iniziato a muoversi appiccando il fuoco in più punti dello sterpame. Un analogo ragionamento può farsi in ordine al mancato repertamento della tanica utilizzata per trasportare il combustibile. Difatti, é possibile che nel momento in cui Francesco si è dato fuoco, il contenitore fosse ancora pieno e quindi è verosimile presumere che lo stesso possa esser stato scaraventato lontano rispetto al punto del ritrovamento del cadavere. Allo stesso modo potrebbe essere presumibile che dopo essersi ricoperto di liquido, il ragazzo abbia vagato per decine di metri prima di compiere l’ultimo estremo gesto autolesionistico. Ma, per formulare un’ipotesi plausibile, saranno determinanti anche i risultati delle analisi condotte dal consulente chimico nominato dalla Procura per avere contezza sul tipo di combustibile utilizzato, i riscontri del tossicologo, utili per stabilire se vi è stata assunzione di sostanze o sedativi, nonché gli accertamenti sul pc portatile di Francesco condotti dall’ingegnere Vitiello, già a lavoro sul disastro del Mottarone.

Sullo sfondo, prosegue anche la visione dei filmati delle oltre trenta telecamere di videosorveglianza situate nel percorso di circa 6 km che Francesco avrebbe percorso, secondo i primi riscontri, per raggiungere il campo nel Comune di San Giuliano Terme. Per avere tutte le risposte bisognerà attendere ancora un mese. Intanto, la procura di Pisa continua a indagare per istigazione al suicidio.

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