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Mafia, processo Borsellino Quater: ergastolo ai due boss, condannati falsi pentiti

Il depistaggio sulla strage di via D’Amelio ci fu. La conferma arriva dalla sentenza di secondo grado dalla Corte d’assise d’appello di Caltanissetta che ha ribadito quanto già deciso dai giudici di primo grado. Confermate le condanne all’ergastolo dei due boss mafiosi, Vittorio Tutino e Salvatore Madonia e a dieci anni di carcere per i due falsi pentiti di mafia Francesco Andriotta e Calogero Pulci.
A cura di Davide Falcioni
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La Corte d'Assise d'Appello di Caltanissetta ha condannato all'ergastolo i boss Salvo Madonia e Vittorio Tutino, imputati della strage di via d'Amelio, a Palermo, in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e i 5 uomini della scorta. Sono stati invece condannati a 10 anni i "falsi pentiti" Francesco Andriotta e Calogero Pulci, accusati di calunnia.

Nel corso della sua requisitoria al processo d'appello Borsellino Quater, lo scorso 17 settembre, la Pg Lia Sava aveva affermato che la "ricerca della verità" sulle stragi mafiose del 1992 "non si è mai fermata", malgrado siano trascorsi 27 anni. Perché gli italiani, "anche quelli nati dopo il 1992" hanno "tutto il diritto di avere risposte su quanto accadde quella domenica", del 19 luglio 1992 in cui furono uccisi il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta. E "lo sviluppo delle indagini sta via via delineando altre strade che, se doverosamente riscontrate, possono far individuare altri soggetti", anche esterni a Cosa Nostra.  L'ennesimo processo sulla strage di via D'Amelio vedeva alla sbarra i boss palermitani Salvatore Madonia e Vittorio Tutino e i tre falsi pentiti Calogero Pulci, Francesco Andriotta e Vincenzo Scarantino.

Per i giudici di primo grado quello seguito alla strage di via D'Amelio fu "uno dei più gravi depistaggi della storia giudiziaria italiana", come scrisse il Presidente della Corte d'assise, Antonio Balsamo, nelle motivazioni lunghe 1.856 pagine, dodici capitoli, un complicatissimo lavoro di ricostruzione che ha rappresentato una tappa fondamentale nel difficile percorso di ricerca della verità.

Gli autori del depistaggio sulla strage: magistrati e poliziotti

Importanti novità sono rappresentate dai brogliacci contenenti le conversazioni dell'ex pentito Scarantino. Come dice la Direzione Investigativa Antimafia di Caltanissetta nella relazione di accompagnamento erano "verosimilmente" i magistrati Annamaria Palma e Carmelo Petralia i destinatari delle telefonate fatte dall'ex picciotto della Guadagna nel periodo compreso tra il 7 febbraio a 27 giugno 1995, mentre si trovava a San Bartolomeo al Mare, in Liguria, dopo avere iniziato a collaborare con i magistrati sulla strage di via D'Amelio. Palma e Petralia sono accusati di calunnia in concorso dalla Procura di Messina. Nell'ipotesi accusatoria, in concorso con i tre poliziotti sotto processo a Caltanissetta, avrebbero depistato l'inchiesta sull'attentato costato la vita al giudice Paolo Borsellino. I pubblici ministeri e i poliziotti, secondo l'accusa, avrebbero imbeccato tre falsi pentiti, costruiti a tavolino, tra cui Vincenzo Scarantino, suggerendo loro di accusare falsamente dell'attentato persone ad esso estranee. Nelle quindici pagine della Dia inviate alla Procura di Caltanissetta c'è un'analisi accurata dei brogliacci depositati. Si tratta di annotazioni, sintesi di conversazioni dei familiari di Scarantino e dello stesso ex pentito. Alcuni dialoghi, come emerge dalle bobine, non furono registrati. Perché? Ora la Dia scrive che quelle telefonate non registrate sarebbero state tra Scarantino e i magistrati che indagavano sulla strage di via D'Amelio.

"Verosimilmente". E' intorno a questo avverbio che ruotano le novità emerse intorno ai depistaggi su processo Borsellino. Ed è attorno "all'utenza 0934/59…., che risulta essere stata chiamata da Scarantino molte volte, quasi tutte senza risposta, stando alla consultazione del brogliaccio è verosimilmente stata in uso sia alla dottoressa Palma che al dottor Petralia, ambedue in quel periodo in servizio presso la Procura", scrive la Dia. Tra le altre c'è anche una telefonata che non è mai stata registrata, ufficialmente per "motivi tecnici", il 3 maggio 1995.  Per gli inquirenti quella telefonata venne fatta "verosimilmente" tra Scarantino e la pm Palma o il pm Petralia. "L'utenza in questione – dice la Dia – stando alle informazioni assunte presso il personale in servizio alla Procura era in uso ai magistrati per le conversazioni ritenute riservate". Altre due telefonate "non registrate per motivi tecnici" risalgono al 3 e al 4 maggio 1995 e furono fatte al numero 0336/886…. che risultava "essere intestata alla Procura generale della Repubblica di Caltanissetta" e non faceva parte, come scrive la Dia, "delle utenze fornite da Rosalia Basile (moglie di Scarantino ndr) durante l'udienza del 21 marzo 2019".

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