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Storie di italiani all'estero

“Io, italiana a Vancouver dal 2020, vi racconto come qui ho trovato la mia seconda possibilità”

Federica ha 28 anni e nel 2020 ha deciso di trasferirsi a Vancouver, in Canada. “Ero già stata qui in vacanza studio quando avevo 18 anni ma volevo ritornare e darmi una seconda possibilità”, ha spiegato a Fanpage.it. “Qui ci sono lavori che non avrei mai immaginato”, aggiunge.
A cura di Eleonora Panseri
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"Sono partita nel 2020 perché volevo darmi una seconda possibilità". Federica, 28 anni, spiega così la sua decisione di trasferirsi da Savona a Vancouver, in Canada. Ligure di nascita, ci tiene a dire di essere napoletana da parte di madre: "Lo specifico sempre perché mi sento vicina al Sud e credo che proprio questa parte di me mi abbia dato la spinta per decidere di prendere e partire", spiega a Fanpage.it.

Dopo aver lasciato un lavoro a tempo indeterminato e aver viaggiato per tre mesi, da quasi quattro anni Federica ha scelto la sua nuova casa. Lavora nel sociale ma dice di voler ricominciare a studiare: "Qui ho trovato tantissime nuove possibilità, sono ancora alla ricerca della mia strada".

Quando e perché ti sei trasferita in Canada?

Mi sono trasferita in Canada nel 2020, un anno bello tosto per tutti. Partivo da una condizione privilegiata perché in Italia avevo un lavoro a tempo indeterminato che però non mi soddisfaceva e comunque non mi permetteva di andare a vivere da sola e fare tante cose che avrei voluto.

Il Canada poi mi ha sempre affascinato ed ero già venuta a Vancouver in vacanza studio quando avevo 18 anni. Volevo ritornare, volevo darmi una seconda possibilità. Ho sempre pensato che a casa dei miei genitori un letto e un pasto caldo lo avrei trovato, per questo ho fatto nuove esperienze, ho viaggiato tanto prima di venire qui.

Nel 2019 mi sono informata e ho fatto il visto per il Canada. A settembre ho lasciato il mio lavoro e ho deciso di viaggiare per tre mesi, sono stata prima in Thailandia da sola e poi a Tenerife. Nel 2020 mi sono trasferita, a gennaio, poi sappiamo il resto della storia.

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Di cosa ti occupavi in Italia e di cosa ti occupi oggi?

In Italia mi sono laureata in Antropologia ma, visto che come settore era molto difficile, avevo deciso di fare anche un master in Marketing, dove poi avevo trovato lavoro per un'azienda internazionale che vendeva dolcificanti. Qui invece mi sono reinventata, ho fatto tanti lavori perché con il Covid non è stato facile trovare qualcosa subito.

Per il momento lavoro nel sociale ma sto pensando di rimettermi a studiare, ora che ho anche ricevuto la mia "residenza permanente" e questo aiuta con i costi dell'università. Quando vai all'estero è tutto diverso a livello lavorativo, ci sono tante possibilità: magari si studia una cosa e si arriva a fare un lavoro completamente diverso. Sono ancora alla ricerca di quello che voglio fare veramente.

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Che Paese è il Canada? Cosa ti piace di più?

Io l'ho sempre pensato come un mix tra Stati Uniti ed Europa. Ora che sono qui da tanti anni mi sento un po' più canadese, non riesco a tornare spesso in Italia visto che sono molto lontana. L'aspetto che mi lega tanto al Canada è quello lavorativo perché ci sono tante possibilità e gli stipendi sono buoni.

Ho fatto cose qui che prima non avrei potuto fare o per le quali comunque avrei dovuto chiedere aiuto ai miei genitori. Per esempio, sono riuscita a comprarmi una macchina con i miei soldi, una cosa che molti miei coetanei spesso non riescono a fare. Qui ci sono lavori che non avrei mai immaginato e davvero tanti benefit per i lavoratori.

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Un altro aspetto che mi piace molto è che ai colloqui di lavoro non sono mai andata spaventata, ho sempre avuto la sensazione che volessero veramente sapere chi ero. Non è strano che chi fa il colloquio chieda: ‘Cosa ti piace fare nel tempo libero?'. Vogliono davvero capire chi sei come persona.

Cosa invece non ti piace?

All'inizio è un po' difficile farsi degli amici. Ora io ho la mia rete ma è stata dura. I canadesi, nati e cresciuti qui, tendono a stare tra di loro. Mi sono legata di più agli altri italiani e immigrati perché avevano le mie stesse difficoltà.

E poi, un'altra cosa che non mi piace tanto, è che non capita spesso di dire: ‘Quando finisci di lavorare, ti va di vederci?'. Qui bisogna programmare tutto. Quando sono tornata quest'estate in Italia le mie amiche lavoravano ma riuscivamo a vederci senza problemi.

I canadesi sono piuttosto riservati e usano il tempo libero per fare cose che gli diano ‘pace'. Vanno a fare sport, per esempio. E poi ho notato che alle 21 è difficile chiedere a un'amica canadese di uscire, hanno dei ritmi e degli orari diversi.

Cosa ti manca dell'Italia?

Mi mancano la mia famiglia e i miei amici, sicuramente. Soprattutto adesso che sono grande e sento di perdere tanti eventi. Andare a vivere all'estero significa fare sacrifici che, quando sono partita, non avevo considerato perché ero molto più giovane. Ci sono poi determinati cibi che mi mancano, tipo una bella brioche italiana. Sui miei social chi mi segue sa che vado in giro per la città alla ricerca dei cornetti.

Però quando torno in Italia penso che è bello avere una via di fuga. Tornare nel nostro Paese è una boccata d'aria fresca, mi mancano le cose semplici e autentiche, qui è tutto un po' ricercato, anche nel modo di vivere. Ma purtroppo mi rendo anche conto che tante cose non vanno e non si può vivere solo di sole e di mare.

Dal punto di vista burocratico lì come funziona?

Prima di tutto bisogna trovare uno "sponsor", una persona che ti dia lavoro per un paio di anni per poter poi far richiesta della "PR", la "permanent residence". Con questa poi si hanno tutti i diritti, a parte quello del voto, e ti considerano praticamente canadese.

Dopo aver ottenuto questo documento bisogna rimanere nel Paese per tre anni, a quel punto si può ricevere la cittadinanza. Diciamo che l'aspetto duro per noi immigrati è quello dell'attesa perché non si può uscire dal Canada. A me è successo l'anno scorso: mio nonno è venuto a mancare ma io ero in attesa del visto per cui avevo fatto richiesta.

La strada è un po' tortuosa, anche a livello economico perché la PR è abbastanza costosa, ma il processo mi sembra più facile che in altri Paesi. Certo, bisogna essere davvero convinti quando si intraprende questo percorso.

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A chi consiglieresti di fare un'esperienza in Canada?

Sicuramente a persone giovani che vogliono fare un'esperienza lavorativa o imparare l'inglese. E che non hanno quasi nulla da perdere, che vogliono ricominciare ma hanno anche la possibilità di tornare indietro. Io ho rischiato tutto perché sapevo di avere questa possibilità.

Secondo me, ed è assolutamente una mia opinione, questo Paese non è molto adatto a chi ha famiglia perché fare il processo che ho fatto io è molto costoso. Ho un'amica che è arrivata con un bimbo e sta un po' soffrendo questo aspetto.

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