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Emergenza lavoro

“Dopo anni di stage non retribuiti e contratti precari, ho lasciato l’Italia. Ma spero ancora di tornare”

Laura ha 38 anni, è nata in Sicilia ed ora si trova in Australia, dopo aver lavorato in Oman e negli Emirati Arabi Uniti. Per tanti anni ha provato a trovare un impiego in Italia stabile e soddisfacente ma senza successo. “Ho fatto molti stage non retribuiti o retribuiti molto poco e con nessuna possibilità di inserimento successivo. Quando all’estero dico di essere italiana e di non trovare lavoro nel mondo della cultura e dell’arte la gente è sbalordita. Ma tornare resta il mio desiderio più grande, non mi arrendo”, racconta a Fanpage.it.
A cura di Eleonora Panseri
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"Ho 38 anni, sono nata in Sicilia e ho studiato all'università di Bologna, poi mi sono trasferita a Milano per cercare lavoro in ambito artistico/museale perché quella era la mia specializzazione. E qui ho iniziato ad avere le prime delusioni dall'Italia: ho fatto stage retribuiti molto poco e con nessuna possibilità di inserimento successivo. Quindi, nel 2015, finito Expo Milano, dove avevo lavorato per diversi mesi, ho ricevuto una proposta lavorativa all'estero, nel Sultanato dell'Oman. E nel giro di un paio di settimane, senza neanche pensarci più di tanto, ho salutato tutti e sono partita per questo lavoro in Medio Oriente".

Laura inizia così a raccontare a Fanpage.it il suo lungo percorso lavorativo, iniziato in Italia con tante delusioni e porte chiuse e proseguito all'estero, in realtà anche lontanissime. Ma con il desiderio costante di riuscire a trovare un giorno una possibilità di tornare in Italia. "È la mia terra e vorrei riuscire un giorno a chiamarla di nuovo ‘la mia casa', ma dal punto di vista lavorativo la situazione è molto complessa", spiega.

"Io ho sempre parlato inglese abbastanza bene e il francese, mentre l'arabo l'ho imparato in Oman. Sono arrivata in un Paese dove tutti parlavano una lingua che non conoscevo assolutamente ma lì tutti parlano inglese, quindi è stato abbastanza facile introdursi nel mondo lavorativo. I Paesi arabi sono multietnici, ci sono persone da tutte le parti del mondo, quindi l'inglese è un po' la lingua comune che viene utilizzata. Finito il mio primo contratto in Oman, sono tornata in Italia e sono stata assunta da un'azienda che ha avuto varie vicissitudini e situazioni problematiche. Venivo pagata poco per il lavoro che facevo e quindi sono ripartita per l'estero, questa volta per gli Emirati Arabi Uniti e sono rimasta a Dubai per due anni", racconta ancora Laura.

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"Da un punto di vista dell'organizzazione del lavoro, sono Paesi che danno ragione al datore e non al lavoratore, mancano quindi tanti diritti che invece ci sono in Italia. Però, di contro, c'è uno stile differente, più "umano", se così si può dire. – spiega – Ognuno ha il suo compito, che inizia a finisce nelle responsabilità delle tue mansioni, non esiste il concetto di "lavoro straordinario", cosa a cui invece siamo abituati tanto in Italia, spesso anche non retribuito, che si fa per paura di avere delle difficoltà. I ritmi sono anche un po' più lenti e le paghe sono molto superiori a parità di ruolo. C'è sempre da dire dove il costo della vita è più caro e ci sono delle spese extra, ma facendo un conto sopra le differenze tra i due Paese, comunque gli stipendi sono molto più dignitosi e la qualità della vita è migliore, da un punto di vista lavorativo".

Concluso il contratto di lavoro negli EAU, Laura ha provato a tornare di nuovo in Italia. "Ma non avendo trovato opportunità in un periodo breve, sono ripartita per l'Australia, dove ora mi trovo da un paio di mesi. Ci sono tante possibilità lavorative e la qualità di vita è abbastanza elevata, però ci sono delle difficoltà burocratiche, nonostante noi italiani siamo molto agevolati con il nostro passaporto che è molto "potente", rispetto a quelli di altre nazionalità. Avendo 38 anni non posso fare la richiesta per diversi visti, come quello lavorativo. Sto quindi facendo un percorso particolare: sto studiando e, appena ottenuto questo visto "student", potrò lavorare per i primi 10 mesi part-time e dopodiché passare a un visto lavorativo", racconta ancora.

"Qui le persone di fascia di età compresa tra i 20 e 30 anni possono davvero fare tanto: se hanno voglia di fare e valgono nel loro lavoro, qui hanno tutte le possibilità per crescere. L'eta media all'interno delle aziende in Italia non è bassa. E capita spesso che i giovani vengano "riciclati", c'è un ricambio di stagisti e persone che hanno contratti a tempo determinato perché le risorse giovani vengono continuamente cambiate, mentre quelle più "grandi" hanno più possibilità. E la differenza all'estero si nota quando a 38 anni sei già in un'età adulta, dovresti avere alle spalle un percorso più sicuro, e vedi persone più giovani di te, nate e cresciute qui, che oggettivamente lo hanno. Sono sistemi diversi, ci sono un mondo dell'istruzione e del lavoro che interagiscono in maniera diversa".

"L'università oggi in Italia purtroppo non garantisce la possibilità di ottenere una buona posizione lavorativa. – osserva Laura – In tanti possono studiare, ed è una cosa meravigliosa, ma oggi anche una laurea specialistica non ha più il valore che aveva un tempo. Noi abbiamo molte più certificazioni e qui all'estero, quando mi rivolgo a un'agenzia per il lavoro e propongo il mio percorso di studi, le persone rimangono un po' sbalordite. A me fa piacere ma mi fa anche capire che solo noi abbiamo questo continua richiesta di aumentare le proprie competenze".

"Per anni ho provato a non lasciare l'Italia e investire sul mio percorso. In passato mi capitò di vincere un concorso per uno stage retribuito a Milano, come guida storico/artistica all'interno di Palazzo Marino, arrivai prima su oltre 300 persone senza raccomandazioni. Per me è stato il lavoro più bello della mia vita, anche se solo per sei mesi e con la vaga speranza che dopo si potesse avere un contratto che poi non è mai arrivato", ricorda.

"Alla fine dei 6 mesi, hanno fatto un nuovo bando perché dovevano assumere "qualcuno" che non aveva nemmeno una laurea in Storia dell'arte. Ho vissuto quest'esperienza in prima persona ed è stata una vera ingiustizia. Il mio manager di allora ha lottato affinché io e un'altra stagista potessimo rimanere, perché eravamo appassionate e si lavorava bene, conoscevamo le lingue. Si era creata una situazione bella, ma nemmeno lui ha potuto fare nulla. Lì c'è stata proprio la volontà di far entrare una persona nello specifico, la posizione aperta era descritta proprio per poterla assumere".

"In ambito museale poi ho fatto tantissimi stage, anche non retribuiti, sperando che potessero essere un elemento che desse valore al mio curriculum ma non è stato così. Quando all'estero dico di essere italiana, di avere una laurea in Storia dell'arte e di non riuscire a trovare lavoro nel nostro Paese, le persone non ci credono. Mi dicono che non è possibile che in luogo così pieno di arte non riesca a trovare lavoro. Ma io continuo a provarci, sono sempre attiva nella ricerca di un lavoro in Italia. Naturalmente, mi rendo conto che da qui è un po' complesso, ma nel caso in cui mi si prospettasse una proposta lavorativa "decente", che possa rendermi soddisfatta, sarei felice di poter ritornare in Italia, resta il mio desiderio più grande".

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