513 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito
Storie di italiani all'estero

“Da 9 anni vivo a New York, qui coltivo la passione per la cultura Hip Hop. L’Italia mi manca ma non tornerò”

Giulia è nata a Bari e ha 35 anni, ma da più di nove vive negli Stati Uniti, a New York. Nella Grande Mela ha potuto coltivare vecchie passioni e scoprirne di nuove. “Amo girare per le strade della città e fare foto ai graffiti, qui ho avuto l’opportunità di reinventarmi”, ha spiegato a Fanpage.it.
A cura di Eleonora Panseri
513 CONDIVISIONI
A sinistrsa, Giulia, italiana a New York
A sinistrsa, Giulia, italiana a New York
Attiva le notifiche per ricevere gli aggiornamenti su

Giulia è nata a Bari e ha 35 anni, ma da più di nove vive negli Stati Uniti, a New York. "Sono arrivata negli Usa nel 2015, ho sempre avuto il ‘sogno americano‘, questo amore per NY, legato a quello per la cultura Hip Hop", ha spiegato a Fanpage.it.

Negli States Giulia ha scoperto un nuovo amore, quello per l'arte visiva, che è andato a fondersi con quello per la fotografia. "A 30 anni sono tornata a scuola e mi sono specializzata in questo, da qualche mese lavoro per uno studio di architettura", spiega ancora la 35enne.

Che aggiunge: "Non faccio altro che fotografare le strade di New York e i graffiti, altra componente importante della cultura Hip Hop. Alcuni scatti saranno esposti all’Artel Fest che si è aperto a Los Angeles il 25 Maggio e della Street Soup Exhibition di Milano dal 27 maggio al 3 giugno".

Immagine

Sei un/a italiano/a all'estero e vuoi raccontarci la tua storia? Scrivici qui.

Quando e perché hai deciso di trasferirti a New York?

Io sono arrivata negli Stati Uniti nel 2015, più di 9 anni fa. Prima di venire qui ero in Germania, dove ho scoperto che tutte le ragazze, prima di iscriversi all'università, decidevano di fare un'esperienza da au pair negli Usa. Io mi sono laureata in Lingue moderne per il turismo sostenibile a Bari, da dove provengo e, avendo studiato tedesco, mi ero trasferita prima lì per cercare lavoro.

Ho avuto difficoltà nel trovare un impiego nel mio settore perché non riconoscevano la mia laurea, avrei dovuto seguire un altro corso che però non desideravo fare. Io ho sempre avuto ‘il sogno americano', questa passione per New York, legata al mio amore per la cultura Hip Hop. E quando ho scoperto il programma Au pair in America, mi sono iscritta subito e ho trovato in pochi mesi una famiglia che mi ospitasse a Boston. Poi mi sono spostata prima a Long Island e poi a New York.

Ho approfittato di questa opportunità per reinventarmi. Anche qui non avevo modo di lavorare nel settore del Turismo e quindi ho preso un po' di tempo per capire cosa fare, se tornare a studiare o meno. Prima ho fatto volontariato in diverse occasioni che mi hanno permesso di sperimentare con la fotografia (una delle mie passioni più grandi dopo l'Hip Hop), fino a scoprire il mio amore per l'arte visiva, per il graphic design. All'età di 30 anni sono tornata a scuola e mi sono specializzata in questo, un ambito completamente nuovo. Volevo cambiare carriera e cercare poi lavoro nel settore.

Immagine

Di cosa ti occupi ora? 

Da qualche mese lavoro per uno studio di architettura. Però ho sempre tenuto un piede tra la grafica e la fotografia, una passione che torna sempre, vorrei cambiare ancora, lavorare in questo ambito. Da quando sono qui a New York sto anche coltivando un altro dei miei hobby, la fotografia: non faccio altro che fotografare le strade di New York e i graffiti, che sono un'altra componente importante del movimento Hip Hop.

C'entra sempre la grafica perché studio il lettering, il modo in cui le lettere sono state disegnate, ma anche la composizione di colori, l'energia, la passione che cerco di riprodurre nelle fotografie che faccio in giro per la città. È anche un modo per documentare questa cultura: un murale c'è oggi, ma domani potrebbe già essere stato coperto o rovinato da qualcun altro. Mi piace immortalare quel momento così che rimanga, non solo per l’artista ma anche per i writers e per gli amanti di graffiti.

Proprio alcune delle mie foto fatte per le strade di New York faranno parte dell’Artel Fest che si aprirà a Los Angeles dal 25 Maggio e della Street Soup Exhibition di Milano dal 27 maggio al 3 giugno.

Cosa ti piace di New York e della vita lì? Cosa non ti piace?

Della città mi piace l'energia e il dinamismo, è una città in continua evoluzione, che non si ferma mai. È fonte d'ispirazione perché spinge a fare sempre di più. Anche l'aspetto della multiculturalità perché ti dà la possibilità d'incontrare persone da tutto il mondo. E anche i tuoi idoli. Sono tanti gli aspetti, potrei stare qui ore a parlarne.

Giulia insieme a Martha Cooper, una delle sue fotografe preferite.
Giulia insieme a Martha Cooper, una delle sue fotografe preferite.

Un aspetto negativo, invece, è che New York è molto energetica ma anche frenetica. Ti toglie molta energia e se non riesci a stare dietro, rischi di perderti. Anche qui la burocrazia è un problema, dall'assistenza sanitaria all'application per il college.

Come sono state le persone quando sei arrivata? Come le descriveresti?

Mi ritengo molto fortunata perché tutte le persone che ho incontrato sono state super amichevoli e disponibili ad aiutare. In nove anni ho costruito un networking abbastanza grande, una ‘famiglia'. Io sono qui da sola da 9 anni e senza di loro, probabilmente, non sarei ancora qui.

Ti parlo di compagni di classe italiani o che vengono da background e parti del mondo diverso. Tra noi c'è molta solidarietà, ci aiutiamo tanto. Però ho anche il supporto di persone che sono nate e cresciute qui a New York e, più in generale, negli Usa.

Immagine

Apprezzano tantissimo la nostra lingua, come suona. E anche il fatto che siamo molto calorosi e l'importanza che diamo alla famiglia. Questa è una cosa che ho riscontrato moltissimo. Arrivando qui come au pair, la famiglia dei bambini di cui mi sono occupata voleva che distribuissi questi valori, come, per esempio, il cenare tutti insieme. Questo rito lì non esiste, ognuno mangia a orari diversi.

Ti manca l'Italia? Se sì, che cosa? 

Sì, l'Italia mi manca, la mia famiglia e i miei amici a Bari. Ti direi anche il cibo però sono vegana da 4 anni, quindi se dovessi tornare non potrei godermi le specialità pugliesi. Però, sì, mi manca proprio la freschezza, la genuinità degli ingredienti e le ricette di mamma, la semplicità dei piatti.

Ci sono stati momenti di difficoltà? Hai mai pensato di tornare?

No, anche nei momenti più difficile. Il mio amore per la città e per la cultura Hip Hop, che qui posso respirare a pieni polmoni, mi ha dato e mi dà tanta energia. Mi sveglio di buon umore pensando di poter passeggiare per la città, vedere i graffiti, sentire la musica Hip Hop che esce dallo stereo di una macchina o dal furgone dell’USPS (la posta), andare al concerto del mio rapper preferito.

Se non fossi venuta qui, sarei rimasta volentieri in Germania e se dovessero andare male le cose a New York credo proprio che tornerei lì, non in Italia. Tornerei a Berlino, in una grande città, soprattutto per le opportunità lavorative.

Immagine

A chi consiglieresti (e sconsiglieresti) New York per trasferirsi?

La consiglierei a persone determinate, che hanno già un piano e sanno già cosa fare, che sono forti fisicamente e mentalmente. Senza determinazione, capacità di adattamento e di rialzarsi dopo le difficoltà, non si sopravvive. Conosco tante persone che anche con la green card, se ne sono andate perché non sono riuscite ad adattarsi o perché sentivano la mancanza della famiglia, bisogna essere indipendenti.

513 CONDIVISIONI
25 contenuti su questa storia
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views