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Matteo Messina Denaro

Come ha fatto il tecnico radiologo Cosimo Leone ad aiutare Messina Denaro durante la latitanza

Percorsi privilegiati in ospedale, telefonini, schede telefoniche e tac: ecco come Cosimo Leone, tecnico radiologo presso l’ospedale di Marsala, avrebbe aiutato Messina Denaro quando a fine 2020 ha scoperto di avere un tumore. L’uomo è stato arrestato ieri insieme ad altri due fiancheggiatori del boss, tra cui il cognato Massimo Gentile.
A cura di Ida Artiaco
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Tra gli ultimi fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro arrestati ieri c'è anche Cosimo Leone, tecnico radiologo presso l'ospedale di Marsala che avrebbe aiutato il boss all'epoca latitante non solo ad avere un canale privilegiato per accedere alle terapie per la cura di un tumore, che gli era stato diagnosticato a novembre 2020, ma che gli avrebbe anche fatto avere un telefonino durante la sua degenza nel nosocomio.

Secondo quanto riferito dal procuratore aggiunto Paolo Guido e dai sostituti Gianluca De Leo e Pierangelo Padova, Leone, 56 anni, arrestato per associazione mafiosa insieme al cognato Massimo Gentile, architetto e lavora come responsabile dei procedimenti del servizio Lavori pubblici del Comune di Limbiate, in provincia di Monza-Brianza, dal 2018, avrebbe saputo perfettamente che il 10 novembre 2020 il paziente che si sarebbe presentato per fare una tac non sarebbe stato certamente il geometra Andrea Bonafede, come riportato sui documenti, ma qualcun altro.

Per questo, secondo gli inquirenti, avrebbe avuto un ruolo di primo piano nella trafila sanitaria di Messina Denaro. Il boss aveva scoperto di avere un tumore da una colonscopia effettuata a Marsala il 3 novembre 2020, il 6 novembre riuscì a farsi visitare subito da un chirurgo dell’ospedale di Mazara del Vallo e a ricoverarsi il 9 novembre per poi operarsi il giorno successivo. E tutto così velocemente proprio grazie a Leone.

Per arrivare al tecnico radiologo i carabinieri del Ros hanno lavorato sulla documentazione sanitaria di Messina Denaro, ma anche sui telefonini e le varie celle agganciate. Secondo quanto si legge l'ordinanza emessa dal gip Alfredo Montalto, Leone, il giorno dell'operazione di Messina Denaro, il 10 novembre 2020, avrebbe dovuto fare il turno di pomeriggio e, invece, avrebbe fatto richiesta per lavorare la mattina. Alle 11.01 Messina Denaro aveva fatto l'esame, poi era stato dimesso dall'ospedale il 18. Durante la permanenza in ospedale il boss di Castelvetrano avrebbe avuto a disposizione tre telefonini, di cui due sarebbero stati consegnati al mafioso durante la degenza: uno l'avrebbe usato dal 9 al 14 novembre e solo per parlare con Bonafede, mentre l'altro sarebbe stato attivato il 14.

Ad attivarsi per fargli avere la sim sarebbe stato proprio Leone, che lavorava in quell'ospedale. Tra l'altro, sottolinea la Procura, proprio in quella fase sarebbero stati "frenetici" i contatti tra il tecnico radiologo e Bonafede: non si sa cosa si sarebbero detti, ma per l'accusa Leone avrebbe fornito informazioni all'esterno sullo stato di salute del latitante.

Ci sarebbero stati altri contatti tra il geometra Bonafede e il tecnico radiologo a dicembre del 2020. Ad esempio il giorno 10 di quel mese il boss a nome proprio di Bonafede che gli prestava l'identità aveva ottenuto l'esenzione in quanto malato oncologico dal distretto di Castelvetrano dell'Asp di Trapani, dove l'utenza di Bonafede agganciava delle celle. Il 15 dicembre ci sarebbe stata una visita dal dottore Filippo Zerilli – che ha già respinto tutte le accuse in passato -, il quale dopo aver visto la Tac a cui il boss era stato sottoposto, avrebbe prescritto altri esami. E quella Tac sarebbe stata consegnata proprio da Leone.

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