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“La merda” di Cristian Ceresoli conquista (anche) Napoli (VIDEO)

Attesissimo debutto a Galleria Toledo dello spettacolo “La merda” di Cristian Ceresoli e con Silvia Gallerano già vincitore di molti premi tra cui il prestigioso Fringe First Awar 2012 for writing excellence.
A cura di Andrea Esposito
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L’attesa è stata lunga. Le aspettative erano alte. Ma alla fine, sveliamolo subito: ne è valsa davvero la pena. Stiamo parlando di “La merda”, lo spettacolo-evento (eh sì, è proprio il caso di dirlo) firmato da Cristian Ceresoli e intensamente interpretato da Silvia Gallerano.

Ora, non per fare i soliti criticoni, ma ce n’è voluto perché arrivasse anche qui a Napoli! Del resto, prima di noi lo hanno visto soltanto in mezza Europa e, per citare alcune piazze italiane, a Roma, Torino, Milano, Brescia, Bari, Pescara, Catania, ma anche, Asti, San Benedetto del Tronto, Castrovillari, Macerata, Cascina, Cantù, Montescudo, Urgnano, Azzano… Noi però, da buoni napoletani, possiamo vantare il solito inutile primato: quando lo spettacolo era ancora in fase di studio, Galleria Toledo lo propose nell’ambito di “Stazioni d’emergenza”, una rassegna dedicata alle nuove proposte che, proprio in virtù della sua specificità, viene accuratamente snobbata tanto dal pubblico, quanto dagli operatori. Ad perpetuam rei memoriam.

Stavolta però l’eco dell’evento ha attirato moltitudini di appassionati: alla prima c’era persino gente in piedi! Ciò detto, sullo spettacolo è stato scritto molto, forse tutto. Per questo vi proponiamo una riflessione più generale che, a nostro avviso, può svelarci in filigrana alcune dinamiche del teatro in Italia. Andiamo per gradi: se dovessimo riassumere in poche parole la trama di “La merda” diremmo che si tratta di un monologo dai toni piuttosto accesi, che ha la forma del “flusso di coscienza”, e che riguarda, pressappoco, la vicenda di una donna alla ricerca di un’opportunità nel mondo dello spettacolo come veicolo di emancipazione.

Purtroppo per lei, pare che la natura non l’abbia dotata del necessario physique du rôle: innanzitutto è bassa e poi, stando alle sue parole, ha delle cosce troppo ciccione. A questo si potrebbe aggiungere il riferimento costante alla figura del padre che, da bambina, “mi teneva sulle ginocchia” e alcuni calibrati rimandi al mondo animale (prima c’è un delfino “stupratore”, poi un polpo femmina che si divora i tentacoli e così via). Il tutto inquadrato all’interno di una parabola che, prendendo spunto dal Risorgimento, ci racconta la nostra disgraziata epoca.

Insomma, e questo è il punto, niente arabeschi intellettuali, né ammiccamenti alla critica, né tormentate riflessioni/riscritture di autori del passato, ma la cruda realtà: viviamo in una società di “merda” in cui l’apparire sostituisce l’essere e la figura della donna è ridotta a quella di una provocante “velina”. In altre parole, proprio quello che, in Italia, sembra non interessare a nessuno perché “ne sono già pieni i giornali e i telegiornali”.

Ma l’arte, ci chiediamo forse con un pizzico di ingenuità, non deve proprio partire dal dato reale per poi trasfigurarlo o individuarne gli archetipi? La nuova drammaturgia, che in Italia è un lontano miraggio, non ha esattamente il compito di confrontarsi con ciò di cui tutti parlano, proponendo però delle letture estranianti, paradossali, tragiche, ironiche?

In definitiva, se Ceresoli e co. non avessero “tentato l’azzardo”, come ci ha spiegato nell’intervista, di tradurre il testo in inglese e presentarlo in quel tritacarne che è il Fringe di Edimburgo e di vincere un premio, ora staremmo qui a parlarne? Naturalmente la risposta è no. Certo nessuno è profeta in patria, ma non è che in Italia abbiamo gusti un po’ troppo vecchi, retrò, eccessivamente intrisi di intellettualismi onanistici? Dobbiamo farci spiegare dagli scozzesi che uno spettacolo onesto, ben fatto, merita di girare, di essere visto e di riscuotere successo? E si badi, è troppo facile cavarsela dicendo che all'estero funziona perchè la decadenza post-berlusconiana fa tanto esotico.

Seconda e ultima breve riflessione. Dato che l’orizzonte è sempre più nero e che i piagnistei, spesso giusti, di artisti e operatori sono all’ordine del giorno, perché non prendere l’esempio di “La merda” come paradigma? Molto semplicemente: un gruppo giovane che rischia e che non ha paura di confrontarsi con la realtà che vive ma, anzi, ne coglie al massimo tutte le opportunità.

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