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Opinioni

Il Carroccio a 5 Stelle, l’ultima trovata per “spaventare i moderati”

La strategia del PD è chiara: accomunare Lega Nord e Movimento 5 Stelle sotto le insegne della “destra populista”. Il tutto con l’obiettivo di convincere i “moderati” a fare ciò che hanno fatto alle Europee…
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“Ci stiamo facendo mettere in mezzo a una discussione stupida, lo abbiamo detto migliaia di volte che non facciamo alleanze con nessuno”. Ci risponde piccato il deputato del Movimento 5 Stelle cui chiediamo lumi sul "Carroccio a 5 Stelle", creatura della macchina comunicativa renziana ripresa a raffica da giornalisti, retroscenisti e opinionisti. Un'operazione di propaganda politica semplice ma funzionale allo scopo: sovrapporre Lega Nord, salviniani e Movimento 5 Stelle, bollando il voto a Raggi e Appendino come "populismo di destra", in modo da recuperare consensi al centro (il sempreverde claim "spaventare i moderati") e magari anche a sinistra (do you remember il "voto utile" contro l'avanzata delle destre?).

A dare una mano ai renziani, però, ci hanno pensato anche i leghisti. Da Salvini a Maroni, fino a Borghezio gli endorsement ai candidati 5 Stelle si sprecano in questi giorni. Poi l'intervista di Farage, alleato vero a Strasburgo, che vuole "far saltare in aria l'Europa dominata da Berlino".

E in casa dem si sono mossi seguendo un'unica strada, sintetizzata da Ernesto Carbone (sì, quello del "ciaone") in una intervista al Tg1: "Gli italiani devono scegliere se votare i nostri candidati o quelli della destra xenofoba, razzista e populista". E Stefano Esposito, rincara la dose: "I cittadini devono sapere che dare il voto al Movimento 5 Stelle significa votare Farage e Grillo che vogliono distruggere l’Europa o ai razzisti e xenofobi come Borghezio”.

Ovviamente, che l'assimilazione M5S – destra populista sia una forzatura lo sanno benissimo in casa democratica. Ma il ragionamento è semplice: con una sinistra relegata al 3% e tra l'altro indisponibile a orientare i propri consensi su candidati renziani, la sola carta da giocare è quella della "paura". Quella che ha funzionato perfettamente nel 2014 quando l'aggressività della campagna di Grillo e la sensazione di "stabilità e concretezza" data dal Governo Renzi fecero sì che l'intero bacino elettorale "moderato" convergesse sul PD, fino al clamoroso 40,8% delle Europee.

Per di più, il dualismo PD – destra populista è funzionale anche alla lunga campagna elettorale per il referendum sulla riforma della Costituzione. E la linea è quella di "annullare le sfumature", prospettare un bivio tra il baratro e le riforme, tra crisi di Governo e stabilità, tra l'Italia che dice sempre no e quella a cui basta un sì, appunto.

Funzionerà? Difficile dirlo, adesso. Alle Comunali la forzatura del paragone è lampante. Chi mai potrebbe paragonare la piattaforma (e la squadra, per esempio) della Appendino alla linea di Borghezio e pretendere di risultare credibile? Chi può pensare che l'appoggio di Salvini e Alemanno alla Raggi basti per bollarla come "il vecchio" da sconfiggere?

Discorso diverso al referendum, probabilmente. Perché lì, in effetti, il dualismo c'è (basti considerare gli schieramenti in campo). Che poi una semplificazione del genere sulla riforma della Carta sia una pagina molto triste della politica italiana, beh, questo è un altro discorso.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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