9 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Diceva di chiamarsi “Phuc Dat Bich”, ma era una presa in giro a Facebook e ai media

Un 23enne di Melbourne aeva detto di essere stato discriminato da Facebook a causa del suo nome: “Phuc Dat Bich”. La sua storia aveva fatto il giro di tutti i media del mondo. Ma era uno scherzo.
A cura di C. T.
9 CONDIVISIONI
phuc

Aveva detto di essere stato discriminato da Facebook a causa del suo nome e la sua storia aveva fatto il giro del mondo. Ma era uno scherzo. L'uomo "più sfortunato del mondo" era in realtà un troll che stava prendendo in giro le politiche del social network e il mondo dei media.

A gennaio, un utente ha postato su Facebook uno screenshot di un passaporto austrialiano che mostrava il suo nome: Phuc Dat Bich – che si legge come l'inglese "Fuck that bitch": si lamentava di essere stato accusato di utilizzare un nome falso e che il suo account era stato disattivato più volte. A metà novembre il post è diventato virale, ripreso dai media in tutto il mondo. Tutti riportavano la storia, ma Phuc Dat Bich non concedeva interviste.

In un nuovo messaggio postato sempre su Facebook lo scorso mercoledì il 23enne di Melbourne ha ammesso che il nome e l'immagine ritoccata facevano parte di uno scherzo creato per prendere in giro i media e mettere in evidenza le carenze della policy del "vero nome" dell'azienda di Palo Alto.

In un post firmato "Joe Carr" ha scritto: "Facebook deve capire che è completamente impossibile controllare un posto dove ci saranno sempre burloni e imbroglioni. È partito tutto come uno scherzo tra amici, è diventata una presa in giro che ha fatto impazzire i media". Da questa storia il 23enne ha imparato "a non fare affidamento sulla credibilità dei media" perché dimostra che uno come lui "può diventare la maggiore fonte di news con facilità".

Il ragazzo ha raccontato al Guardian Australia di chiamarsi Tin Le, ma ha rifiutato di fornire una verifica di questa informazione. "Dovete avere fiducia – ha detto ai giornalisti – Io sono stanco, chiamatemi mister T".

Nessun giornalista ha mai avuto la conferma che "Phuc Dat Bich" fosse davvero il suo nome. Sospetti erano stati sollevati dal giornalista Trevor Long, che ha scritto un articolo sul sito EFTM sostenendo che la storia fosse probabilmente un fake. "Neanche un giornalista di qualasisi testata ha guardato il suo passaporto – ha detto Long – Ho guardato la foto e il suo nome, e ho notato che il font in quella pagina del passaporto era diversa da quello del resto del documento". E alla fine aveva ragione.

9 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views