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“Cento jihadisti dell’Isis uccisi in tre giorni a Kobane”

A dirlo l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani: più di cento jihadisti dello Stato Islamico sono stati uccisi negli ultimi tre giorni di combattimento contro i miliziani delle Unità di Protezione del popolo curdo a Kobane, in Siria.
A cura di Susanna Picone
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Negli ultimi tre giorni di combattimento nella città siriana di Kobane sono morti più di cento jihadisti dello Stato Islamico. Jihadisti dell’Isis che sono stati uccisi negli scontri contro i miliziani delle Unità di Protezione del popolo curdo a Kobane. Ad annunciarlo è stato l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, secondo il quale tra i morti ci sono anche membri della “polizia religiosa” dell’Isis. Si tratta cioè di uomini finiti nella città di Kobane dalle provincie di Aleppo e al Raqqa per far rispettare i precetti radicali dell’Isis, ma che alla fine si sono uniti ai combattimenti in corso da settimane. Intanto, secondo quanto riporta l’Osservatorio siriano per i diritti umani, decine di combattenti peshmerga curdi iracheni sono stati dispiegati nella città siriana al confine con la Turchia. Il direttore Rami Abdul-Rahman ha fatto sapere che venti veicoli con a bordo i peshmerga, in tutto circa 150, sono entrati in città per dare sostegno alle Unità di protezione del popolo già attive sul territorio. Hanno armi pesanti, artiglieria, mitragliatrici e missili anticarro. Come testimonia Shorsh Hassan, portavoce delle Ypg, i peshmerga iracheni sono pronti alla battaglia e i gruppi attivi in città stanno studiando il ruolo che i nuovi arrivati potranno avere negli scontri.

Isis, Onu: “Quindicimila stranieri pronti a combattere”

Intanto l'Onu ha lanciato l'allarme su un numero di combattenti stranieri “senza precedenti” che si sono uniti alla jihad. Sono quindicimila i “foreign fighters” partiti alla volta della Siria e dell'Iraq per combattere accanto all'Isis o ad altri gruppi estremisti, secondo il rapporto dell'Onu. Si tratta di combattenti stranieri – dice l’Onu – che non avevano mai fornito manodopera al terrorismo islamico. I combattenti provengono da 80 Paesi diversi, tra cui Maldive, Cile, Norvegia: “Dal 2010 a oggi sono partiti più foreign fighters di quanti non ne siano partiti nel ventennio 1990-2010. E stanno aumentando”, si legge nel rapporto dell’Onu.

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