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Giovanna Mezzogiorno: “Quanta falsità sui set. Non accettano il corpo che cambia, ti allontanano”

Giovanna Mezzogiorno è la regista di “Unfitting”, cortometraggio che verrà presentato alla Festa del Cinema di Roma, dove racconta come il corpo abbia una centralità opprimente per le donne, soprattutto per coloro che lavorano nel mondo dello spettacolo. L’attrice ammette di essere stata allontanata perché la sua fisicità non corrispondeva a certi canoni estetici.
A cura di Ilaria Costabile
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L'importanza del corpo delle donne nel mondo dello spettacolo, e non solo, è qualcosa con cui si è costretti a fare i conti ormai da molto tempo, non bastano campagne di sensibilizzazione per sottolineare quanto le forme di ogni personaggio femminile che compare sullo schermo siano uniche e da non giudicare, la centralità del corpo è predominante. È quello di cui parla Unfitting, il corto diretto da Giovanna Mezzogiorno e realizzato in collaborazione con Silvia Grilli, direttrice di Grazia, che parla proprio dell'impatto che l'aspetto fisico ha sulla vita di un'attrice, interpretata nel progetto da Carolina Crescentini. Nel cast anche Fabio Volo e Ambra Angiolini.

Un corto sulla centralità del corpo

La scelta di Giovanna Mezzogiorno non è certo casuale, dal momento che in prima persona si è trovata subire le critiche di chi ha visto il suo corpo cambiare e non ha potuto fare a meno di commentare questo cambiamento e spesse volte in maniera negativa. L'attrice, nonché regista del corto che verrà presentato alla Festa del Cinema di Roma, ha raccontato a La Repubblica la genesi di Unfitting:

Mi ha riguardato in prima persona. Sono stata molto criticata —non apertamente, non te lo dicono in faccia — quando avevo preso molto peso e non corrispondevo più all’immagine che le persone avevano di me. Ma non è un corto in cui ci si piange addosso, c’è grande ironia, bisogna saper ridere di cose che ci hanno fatto soffrire in passato.

I canoni estetici dettano ormai le richieste del mondo dello spettacolo, che non sembra davvero disposto a cedere il passo ad una vera inclusività, cosa che però accade anche lontano dallo schermo. Mezzogiorno, infatti, sottolinea come anche le donne ‘comuni' non siano libere dalla schiavitù dell'apparenza: "La maggior parte si è rotta le scatole di essere vincolata a questi modelli di bellezza. Il termine bellezza è opinabile, diciamo che questi modelli di pseudo perfezione fanno sentire la maggioranza delle persone, non tutti siamo modelli, in una condizione di disagio. A molti livelli: sul lavoro, in famiglia o tra amici". 

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Il rapporto di Giovanna Mezzogiorno con il suo corpo

Il suo rapporto con il corpo, però, si è modificato nel tempo ed è anche sul fattore temporale che gioca la regista, raccontando della libertà che vivono i bambini, ancora lontani dai dettami di una società che non pretende siano in un determinato modo. Anche la sua infanzia è stata felice da questo punto di vista: "Ero piccolissima, un grillo, però ho avuto un rapporto buono, fino a quando non ho iniziato a capire che la bellezza veniva anteposta alla bravura. Mi ha sconvolto". Scegliendo di fare l'attrice, però, si è imbattuta in un mondo nel quale l'immagine ha suo peso specifico, contando anche sulla sua bellezza:

Conta sicuramente l’aspetto fisico, sarei una ipocrita se dicessi il contrario. Un attore è un personaggio di cui un pochino il pubblico si deve innamorare. Ma nel corso della mia carriera difficilmente è stata esaltata la mia prestanza fisica, non ho mai fatto ruoli che mettessero in risalto l’avvenenza, sempre poco trucco, semplici, quotidiani, normali

Eppure, proprio nel suo mondo, che le ha riconosciuto talento e capacità, non è riuscita a liberarsi dalla trappola del corpo e di un'immagine perfetta, tanto che quando la sua figura ha iniziato a trasformarsi, si è imbattuta in chi non ha accettato questo cambiamento, allontanandola:

Sì, non mi ero resa conto di quanta falsità ci fosse intorno a me, registe che inneggiano di essere dalla parte delle donne e non lo sono affatto. In tanti hanno addirittura chiuso i rapporti. Poi sono entrate in campo le leggende, che ero malata e tanti altri mi hanno scansata. Non importa, meglio. Alla fine è una presa di coscienza del fatto che le persone ti stimano e ti vogliono finché corrispondi alla loro idea e al loro canone. Non è che rendersene conto sia il massimo. Pian piano realizzi che è così. Ma non sono tutti così, molti mi vogliono bene. Ma nel film racconto una cosa oggettiva.

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