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Il caso Maria Sestina Arcuri

Sestina Arcuri, i giudici sull’assoluzione del fidanzato: “Nessun omicidio, sono caduti dalle scale”

Nelle motivazioni della sentenza di assoluzione di Andrea Landolfi per l’omicidio di Maria Sestina Arcuri, i giudici spiegano come si sia trattato di un tragico incidente.
A cura di Natascia Grbic
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Una ricostruzione della dinamica effettuata dalla pubblica accusa ‘inverosimile', che hanno portato all'assoluzione ‘perché il fatto non sussiste. Sono ottanta le pagine con cui i giudici della Corte di Assise di Viterbo motivano la sentenza che ha portato all'immediata scarcerazione di Andrea Landolfi Cudia, il 30enne accusato di aver ucciso la fidanzata Maria Sestina Arcuri lanciandola dalle scale. Secondo quanto emerge dalle motivazioni della sentenza, "le lesioni subite dalla Arcuri, oltre a essere compatibili, in astratto, con una caduta dall'alto, sono compatibili anche con una caduta per le scale nella quale il corpo non abbia urtato contro tutti i singoli gradini oppure la maggior parte di essi, e che sia stata determinata da significative forze agenti sullo stesso". Sestina insomma, sarebbe caduta dalle scale, non lanciata di sotto dal fidanzato.

A dimostrare la veridicità delle dichiarazioni di Andrea Landolfi, che ha sempre parlato di incidente, le lesioni sul suo corpo compatibili con una caduta. Il ragazzo aveva ferite nella zona sopraglutea, sul fianco, sul bacino, sulla tibia e sul ginocchio, che aveva strusciato e sbattuto contro i gradini. Per i giudici Landolfi non può essere rotolato prima da solo, essersi rialzato, aver salito le scale e preso Sestina – che sarebbe dovuta rimanere ferma e immobile da prima sul primo e secondo gradino – lanciandola dal parapetto. Non solo: ad avvalorare la tesi della caduta dei due, ci sono segni lineari sul muro compatibili con i jeans della vittima. Che sarebbe quindi caduta dalle scale, e non lanciata da sopra.

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"E questa è proprio la ricostruzione dei fatti indicata dall'imputato – si legge nelle motivazioni della sentenza – il quale ha riferito che si trovava su uno dei gradini più alti della rampa di scale con le spalle rivolte verso i gradini più bassi allorquando la Arcuri, nel rispondere stizzita a una sua provocazione scherzosa, si era avvicinata a lui toccandolo, determinando prima un indietreggiamento con i piedi di qualche gradino, e poi la perdita di equilibrio, e che in quel frangente si era aggrappato istintivamente al braccio della sua fidanzata che lo aveva proteso per riafferrarlo, senza tuttavia rimanere in una posizione di equilibrio e quindi continuando a cadere all'indietro, mentre avvertiva Sestina volargli sopra, senza poter tuttavia descrivere l'esatta traiettoria  di quest'ultima perché, per un riflesso semiautomatico, aveva chiuso gli occhi durante la caduta".

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I giudici hanno ritenuto attendibile anche la testimonianza resa dalla nonna di Andrea Landolfi, Mirella Iezzi, presente quella sera nella casa di Ronciglione insieme alla coppia, che era andata a trovarla nel fine settimana. La donna ha raccontato agli inquirenti di aver visto i due rotolare dalle scale, e che quando è andata lì per aiutare Sestina era vigile e rispondeva alle domande. A quel punto il nipote, per scansarla, le ha dato una botta, rompendole delle costole che già si era fratturata in precedenza. La donna è uscita allora di casa per andare in ospedale, chiedendo alla figlia di accompagnarla. "Era tranquilla quando sono andata a prenderla, non era agitata", ha raccontato la donna. Per i giudici, se la nonna avesse assistito a un omicidio compiuto dal nipote avrebbe dovuto essere quantomeno agitata, chiamare le forze dell'ordine, o preoccuparsi di lasciare Landolfi in compagnia del nipote, di appena cinque anni. "Non è una persona diabolica", scrivono i giudici nella sentenza. La sua versione è stata confermata anche dalle intercettazioni ambientali.

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