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Opinioni

Giò Giò, ucciso per niente e le due Napoli inconciliabili che vivono sotto la stessa bugia

Il dolore per l’assassinio del giovane musicista napoletano Giovanni Battista Cutolo ci dice anche qualcosa della Napoli di oggi.
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Uno dei musicisti e performer di strada più noti del centro storico di Napoli, Pierangelo, nome d'arte PierMacchiè, dice: «Possiamo cercare di far finta di niente, di vedere solo bellezza, ma questa città fa schifo». Pensate a quanto mastichi amaro un artista, un napoletano, per poter dichiarare pubblicamente una cosa del genere della sua città.

La rabbia è per la morte di Giovanni Battista Cutolo, "Giò Giò", studente di musica al Conservatorio, talento del corno, strumento bello e difficile, di mattina alle prese con Fa e Si♭ e di notte con drink e antipasti, nel lavoro da cameriere per guadagnarsi da vivere.

La disperata lucidità del papà di Giovanni e della mamma, è qualcosa con cui fare i conti. Lui chiede di togliere i figli ai camorristi, lei dice che questa maledetta notte si sono incontrate due Napoli diverse, agli antipodi, praticamente inconciliabili. Non una parola di vendetta, solo dolore e istanza di giustizia.

Giò Gio, Giovanni, Giovanbattista, è stato ucciso e nulla lo riporterà indietro. È stato ucciso per un motivo futile da un giovane di 16 anni con una sfilza di precedenti penali, perfino per tentato omicidio. Uno che in una notte di fine agosto davanti ad una paninoteca sempre aperta teneva la pistola in tasca e aveva voglia di usarla.

Perché voleva usarla, ne sentiva l'esigenza: non poteva certo sentirsi minacciato: l'unico metallo che conosceva Giovanni non era il piombo, ma l'ottone del suo corno da orchestra.

Giò Giò, ventiquattro anni per sempre; ora si susseguiranno manifestazioni pubbliche per cauterizzare il dolore ma non c'è un senso nemmeno a cercarlo in questa assurda notte di addio ad un agosto tutto sommato tranquillo in una città piena di turisti.

 I «succede ovunque» uccidono Napoli. Oggi c'è una chiazza di sangue giovane a terra e dovremmo, dobbiamo interrogarci sulla necessità di non mettere sotto al tappeto della città il suo disagio enorme solo per il quieto vivere del turismo e della rappresentazione cinematografica.

È vero, sono due Napoli inconciliabili che vivono sotto la stessa bugia: quella di Giovanni è la Napoli che cambia e ti fa restare. Quella del suo carnefice è la Napoli che cambia e costringe a rigare dritto. Menzogna per entrambi.

Ma ha avuto la peggio il più debole, il più perbene, l'onesto che lavorava per campare e studiare. Non può passare così sotto silenzio questa storia, solo perché è successa nello stesso giorno in cui la presidente del Consiglio, suo malgrado, ha attirato i riflettori altrove.

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Giornalista professionista, capo servizio di Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". È co-autore dei libri Il Casalese (Edizioni Cento Autori, 2011); Novantadue (Castelvecchi, 2012), Le mani nella città e L'Invisibile (Round Robin, 2013-2014). Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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