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Torna dalla pensione per combattere il Covid e muore: danneggiata la targa per il medico Gino Fasoli

Gino Fasoli si era rimesso il camice a 73 anni, sacrificando la sua vita per i malati di coronavirus: aveva preferito che a usare l’ultimo casco respiratore disponibile fosse un paziente più giovane. Oggi la targa in memoria del medico di famiglia, posta dal Comune di Cazzago San Martino, è stata vandalizzata.
A cura di Francesca Del Boca
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Aveva rinunciato a godersi la pensione, dopo una vita di lavoro come medico di famiglia a Cazzago San Martino (Brescia), e a 73 anni si era rimesso il camice per fronteggiare la pandemia di Coronavirus in Lombardia. Il sacrificio di Gino Fasoli, dottore morto di Covid nel marzo 2020 era stato omaggiato da una targa celebrativa del Comune, oggi vandalizzata da ignoti: è stata divelta e rovinata in piena notte, per poi venire scagliata a terra.

"L'amministrazione comunale condanna fermamente l'atto di vandalismo commesso nei confronti della targa dedicata alla memoria del dottor Gino Fasoli, medico di famiglia in pensione che rientrò in servizio per aiutare i malati di COVID-19 durante la pandemia e che morì dopo aver contratto il virus", ha fatto sapere il Comune di Cazzago San Martino.

"Questi gesti infelici non soltanto arrecano danno al patrimonio ma soprattutto non rispecchiano i valori di rispetto e civiltà che vogliamo promuovere nella nostra comunità. Chiediamo a chiunque abbia informazioni su questo episodio di collaborare con le autorità per individuare i responsabili. Rinnoviamo il nostro impegno per preservare la memoria e il rispetto per le persone che sono state importanti per la nostra comunità".

Gino Fasoli, 73 anni, per molti anni è stato medico di base a Cazzago San Martino, dopo aver lavorato al pronto soccorso di Bornato. Nel 2016 era andato in pensione ma non aveva mai rinunciato alla sua vocazione di aiutare gli altri impegnandosi nel volontariato con il trasporto ammalati a Lourdes e con il sostegno a Emergency in Africa. Nel 2020, la scelta di tornare sul campo e mettersi al servizio dei malati di Covid.

Era morto il 14 marzo 2020, tra i primi nel lunghissimo elenco di sanitari che hanno rischiato e perso la vita nelle fasi iniziali della pandemia in Lombardia. Con un ultimo sacrificio: aveva preferito che a usare l'ultimo casco respiratore disponibile fosse un malato più giovane di lui.

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