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L’onda delle occupazioni nelle scuole, l’esperto: “Non infantilizziamo i ragazzi, ascoltiamoli”

“Negli ultimi anni gli adolescenti non sono più né trasgressivi né oppositivi, ma attaccano se stessi”, spiega a Fanpage.it lo psicologo e psicoterapeuta, Matteo Lancini.
A cura di Ilaria Quattrone
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Prosegue l'ondata di occupazioni negli istituti superiori italiani. Nella solo Milano sono oltre venti le scuole che da gennaio sono state occupate. Proteste pacifiche organizzate per chiedere di ripensare il sistema scolastico e in particolare modo l'alternanza scuola-lavoro, l'esame di maturità e infine il sistema di valutazione: non più voti, ma giudizi che valutino il percorso di apprendimento. Nei vari manifesti dei movimenti studenteschi emerge un aspetto fondamentale e cioè che il sistema scuola, così pensato, non offra un supporto adeguato né dal punto di vista psicologico e né da quello della formazione.

In particolare modo viene spesso evidenziato, dagli stessi studenti, una scarsa attenzione ai disagi che – soprattutto dopo la pandemia – sono aumentati: "Qualche forma aggregativa con proposte, deve essere accolta come una buona modalità di elaborare una sofferenza, un disagio, un'insoddisfazione che ci mancherebbe che i ragazzi non abbiano con quello che accade nel mondo", spiega a Fanpage.it Matteo Lancini psicoterapeuta, presidente della fondazione Minotauro di Milano e autore del libro "L’età tradita – Oltre i luoghi comuni sugli adolescenti".

Come va letto questo movimento da parte degli studenti? 

Nonostante negli ultimi tempi ci siano state delle scellerate politiche a livello di pianeta e una attenzione bassissima nei confronti dei ragazzi, si è registrato un bassissimo livello di espressione del disagio attraverso il conflitto da parte dei ragazzi. Io non posso che vedere positivamente queste forme in cui i ragazzi invece di attaccare se stessi, davanti a una sensazione di difficoltà, di disagio e di riorganizzazione del futuro, scelgano una formula aggregativa. Già prima della pandemia, ma ancora di più dopo, si sono esacerbati dei disagi. C'è un tema di attacco al corpo: aumento dei disturbi alimentari, tentativi di suicidio e ritiro sociale e scolastico. Riorganizzare e riaprire le scuole con una pandemia e una guerra, spinge i ragazzi a provare una modalità di fare proposte. Purtroppo quando si sta male e non si vede un futuro, il rischio è che si attacchi se stessi e si facciano azioni violente verso il mondo, ma senza uno scopo.

Tra le loro richieste oltre quello di rivedere il sistema dell’alternanza scuola-lavoro o l’Esame di Stato, c’è quello di riformare le valutazioni: non più voti, ma un giudizio che valuti il percorso di apprendimento. Cosa ne pensa? 

Ritengo che una formula aggregativa – al di là se questa sia una occupazione o un'autogestione o altre – attraverso cui i ragazzi in età adolescenziale pongono delle questioni sul significato che ha oggi avere degli adulti che valutano, che riaprono una scuola a seguito di una pandemia, che chiedono che senso abbia oggi l'esperienza formativa, sia uno spunto di riflessione interessante. Ripeto, negli ultimi anni il problema è l'attacco a se stesso: i ragazzi infatti non contestano più gli adulti. Oggi non c'è più la trasgressione e anche l'opposizione è sparita in adolescenza. Quindi qualche forma aggregativa con proposte, deve essere accolta come una buona modalità di elaborare una sofferenza, un disagio, un'insoddisfazione che ci mancherebbe che i ragazzi non abbiano con quello che accade nel mondo.

C’è una mancanza di ascolto e di risposta da parte delle Istituzioni? La sensazione è che, nonostante le proteste, non ci sia stato alcun cambiamento. 

Toccare la scuola in Italia è molto difficile quindi non mi sento di criticare nessuno. Penso che qui ci sia un problema di un individualismo di una società che ha fatto sì che gli adulti in generale, a volte gli insegnanti, a volte i genitori e a volte la politica, non vedano i propri interlocutori. Se adesso incontrassi generazioni di giovani che davanti a un adulto che pensa solo alle proprie fragilità, al proprio modo di funzionare, alle proprie dinamiche interne si arrabbiasse e dicesse “Ma cosa volete? Avete plastificato il mare, disboscato il pianeta. Non c’è più l’atmosfera, il mondo non si sa, avete eroso risorse, una crisi economica senza precedenti nel 2008, poi una pandemia, poi la guerra” , io sarei più tranquillo.

Il problema è che noi abbiamo servizi pubblici e privati che sono pieni di ragazzi che attaccano se stessi, che sentono di non avere un futuro, che vogliono morire e sparire: non hanno la prospettiva di essere pensati dagli adulti e invece di arrabbiarsi attaccano sé: sono loro che non vanno bene, è il loro corpo che non gli dà mai sufficiente soddisfazione, bellezza e popolarità. Negli ultimi anni gli adolescenti non sono più né trasgressivi né oppositivi, ma attaccano se stessi: quindi è molto importante che gli adulti inizino un po’ di più a far crollare delle difese e delle fragilità che non li portano a far vedere i ragazzi e che si identifichino un po’ di più con la loro percezione.Oggi la problematica è che esiste una fragilità adulta senza precedenti.

Per questo dico che tutto sommato le occupazioni che hanno a che fare con una proposta alternativa che riguardi il “cosa significa che voi ci valutate? Ma che cosa volete valutare? Voi valutate le vostre competenze, ma noi in che senso dobbiamo ridurci a un numero? È la prestazione, è una materia?" va bene: sono domande importanti che io valorizzerei proprio perché sono costruttive. Tant'è che alcune occupazioni – è questo dimostra quello che dico che i ragazzi non sono più trasgressivi – sono state sostenute dai dirigenti scolastici.

Ci sono delle differenze tra questa generazione e quelle precedenti? 

Molto spesso c’è questa differenziazione tra Millenials, generazione Z etc. È difficile generalizzare sulle  generazioni. Non ritengo che le generazioni degli ultimi anni siano diventate più trasgressive e oppositive di quelle precedenti. Ci sono cambiamenti in atto su come intendere il genere o la sessualità, ma le fotografie che tu fai delle generazioni sono sempre mosse.

Negli ultimi anni queste generazioni hanno attraversato vicende come la pandemia e la guerra e bisogna vedere che ricadute questo avrà: quello che dico è non è se le generazioni sono diverse, ma se gli adulti sapranno avere delle reazioni adatte. Sapranno gli adulti prendere atto di quanto accaduto? Organizzare dispositivi e in queste caso scuole più adatte? Io ritengo che ci sia un tentativo di dare voce, ma questa voce andrebbe ascoltata e integrata. Per ascoltare l’altro devi però essere sufficientemente saldo. Se sei fragile la riduci a una ragazzata. La verità è che non abbiamo ragazzi trasgressivi, ma che attaccano se stessi. Non conviene infantilizzarli, ma converrebbe tenere in considerazione che cosa vogliono dire agli adulti. Quando un adulto è troppo fragile non riesce a sentire la voce dell’altro e quindi la mette a tacere banalizzandola.

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