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“Molti non capiscono che rischiamo di morire”: Romina racconta la vita con l’allergia alle proteine del latte

“Leggo tutti gli ingredienti di ogni prodotto confezionato che compro. La paura è talmente tanta che anche una volta a casa rileggo gli ingredienti. Poi mi devo fidare”: a Fanpage.it Romina Fusi, 38 anni, ha raccontato la sua quotidianità da grave allergica alle proteine del latte.
A cura di Giorgia Venturini
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Romina ha 38 anni. La sua quotidianità deve fare i conti con la sua grave allergia alle proteine del latte. La stessa allergia di Anna Bellisario, la 20enne morta il 5 febbraio dello scorso anno dopo aver mangiato un tiramisù venduto come vegano e che invece conteneva tracce di latte in un ristorante di Milano. Cosa vuol dire vivere con questa allergia? In Italia cosa dovrebbe cambiare per rendere più sicuri le persone gravemente allergiche? A Fanpage.it lo ha raccontato Romina Fusi.

Quando hai scoperto di essere allergica alle proteine del latte? 

A 12 anni: prima potevo mangiare tutto, poi un giorno ho avuto della forti reazioni e dalle analisi ho scoperto questa allergia. Da allora devo evitare assolutamente qualsiasi cosa che contenga le proteine del latte. Solo che ho scoperto che sono presenti anche in cose a cui non avrei mai pensato, come alcuni salumi e succhi di frutta. Oppure anche in creme e saponi, così come vernici e specifici contenitori. Basta una piccola contaminazione.

Cosa fai ogni volta che devi comprare qualcosa?

Leggo tutti gli ingredienti di ogni prodotto confezionato che compro. La paura è talmente tanta che anche una volta a casa rileggo gli ingredienti. Poi mi devo fidare che gli ingredienti sulle etichette corrispondono alla realtà. Non è facile.

Cosa o chi ti aiuta per avere certezze sui prodotti? 

Fondamentale negli ultimi anni per me sono i gruppi sui social che ho con altre persone che hanno la mia stessa allergia. Facciamo squadra. Ci scriviamo esempio: ‘Ho trovato questo nuovo tipo di biscotti, qualcuno li ha già provati? Sono sicuri?'. Quando avevo 12 anni però non c'erano questi gruppo e non conoscevo nessuno che avesse un'allergia di questo tipo. Mi sentivo completamente sola. C'erano pochissime alternative anche nei prodotti: esempio c'era un solo tipo di latte di soia. Ora invece ci sono più alternative alimentari per noi allergici. Le cose si complicano per le persone che hanno allergie a più alimenti.

Esci mai a cena nei ristoranti? 

Faccio molta fatica a mangiare fuori perché non mi fido. Non viene data in generale la giusta attenzione: i ristoratori non sanno il rischio che andiamo realmente in contro. Molti pensano che ci venga un semplice mal di pancia. Invece non è così.

Cosa rischi se un alimento è contaminato dalle proteine del latte? 

Abbiamo vari tipo di reazioni. Quella più grave che mi è capitata è di arrivare all'anafilassi: a me personalmente la reazione inizia con un gran prurito alle mani e ai piedi. Si tratta di qualcosa molto particolare: come se venissi punta. Dopo inizia il mal di pancia e poi si inizia a far fatica a respirare. Si va in asma e poi in anafilassi. E a questo punto si rischia la vita. Tutto avviene in pochi minuti.

Cosa si fa in questi casi? 

Ho sempre con me la penna di adrenalina: è già pronta con l'ago. Premendola sulla coscia viene iniettata la soluzione. Subito l'adrenalina è immediata. Negli anni ho capito che è opportuno avere due penne perché magari nell'agitazione con la prima va male qualcosa, esempio si spezza l'ago. Non possiamo non averne un'altra. Un altro rischio è se siamo lontani dal pronto soccorso, dove dobbiamo andare in ogni caso anche dopo averci iniettato la adrenalina. Se l'ospedale non è vicino, può essere che l'effetto della prima penna non basti e siamo costretti a iniettarci una seconda dose. Non in tutte le regioni d'Italia però la seconda penna è passata dalla sanità, dobbiamo comprarcela. Cosa che invece è garantito per la prima dose di adrenalina.

Ti è mai capitato di usarla? 

Per ora no per fortuna: quando ho avuto reazioni forti ero vicinissima a un pronto soccorso quindi sono intervenuti subito i medici.

I tuoi amici e parenti sanno usare la penna con l'adrenalina? 

Sì. I miei colleghi però no, forse dovrei insegnarlo anche a loro. Certo è che più persone informi meglio è.

Com'è la tua quotidianità?

Sono costretta a rinunciare a tante cose per paura. Se i miei colleghi decidono di uscire a pranzo, io non ci vado perché non conosco il ristorante e quindi non so se posso fidarmi.

Se decidessi di uscire invece cosa puoi ordini? 

Prendo carne o pesce alla brace. Mi devo fidare però che non ci sia contaminazione: esempio non deve essere cotta nella stessa padella in cui è stato cucinato qualcos'altro.

I ristoratori capiscono questo tipo di pericolo? 

Non sempre. Spesso la risposta è: ‘Questo puoi mangiarlo, non dovrebbe esserci nessuna proteina del latte'. Non capiscono che per noi il ‘dovrebbe' fa la differenza. Le conseguenze per noi non sono un semplice mal di pancia.

Per te manca una corretta formazione nei ristoranti? 

Sì, ho spesso trovato superficialità. I ristoratori ritengono insignificanti alcuni ingredienti che per noi invece sono pericolosi. Basterebbe che siano pronti anche solo su due piatti, ma sicuri al cento per cento. Noi non andiamo fuori per goderci il cibo ma per stare in compagnia. Non si rendono conto anche del rischio che vanno incontro loro perché se succedono tragedie come quella di Milano poi va nei guai il ristorante.

Come fai se vieni inviata ai matrimoni? 

Ho sempre qualcosa da mangiare in borsa. Difficilmente quello che mi propongono posso mangiarlo. Mia madre mi dice che mangio con gli occhi.

Gli amici che stanno attorno a te capiscono la tua allergia? Sei stata emarginata a volte? 

Da questo punto di vista sono stata fortunata. A scuola non ci sono stati particolari episodio che mi hanno particolarmente ferita. Nel gruppo di amici era diventata la normalità cenare a casa e non andare in pizzeria fuori. Mi hanno sempre coinvolta. Mi ricordo anche che le cene di fine scuola sono venuti tutti i miei compagni e professori a cena a casa mia. Così potevo esserci pure io.

Anche ora i miei amici quando mi invitano a cena prima mi chiedono: "Ho pensato di cucinare questo, posso?" oppure "ti mando la foto degli ingredienti".

Cosa hai pensato quando hai saputo di questa ragazza morta a Milano per un tiramisù risultato poi non vegano? 

Ho pensato che è proprio vero che non ti puoi fidare.

C'è stato un momento dove hai fatto più fatica psicologicamente? 

Quando mi sono fidanzata perché ho capito ancora di più che la mia situazione condiziona la vita di un'altra persona. Non che mi sia mai stata fatta pesare, ma non l'ho sempre vissuta bene. Con me non è banale scegliere una vacanza. Non in tutti i posti mi sento sicura.

Tipo? 

All'estero in generale è difficile che solo per la lingua diversa: non è facile capirmi tra me e il ristoratore. Faccio fatica già in Italia, all'estero peggio. Questo non significa stare chiusa in casa.

Per me le vacanze serene sono in appartamento o camper, per non avere ansia ogni volta che mi siedo a tavola. Se dovessi viaggiare per lavoro e stare in albergo avrei sicuramente molte difficoltà.

Quando parto per le vacanze buona parte dello spazio nelle valigie è destinato a cibo sicuro perché è impensabile, quando si è in giro, potersi fermare ad un bar, ristorante o forno qualunque.

Qual è stato il periodo più difficile da quando hai questa grave allergia? 

Durante il momento di svezzamento della mia bimba. Nonostante sapessi bene che potrei averle trasmesso soltanto la predisposizione a qualsiasi allergia, non per forza alle proteine del latte, quando è arrivato il momento di inserire i latticini è stato veramente difficile. Psicologicamente uno dei momenti più difficili che ho vissuto. La mia bambina per fortuna non è allergica.

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