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“Ho strangolato mia sorella con un panno”: la confessione (poi ritrattata) in tv del fratello di Sana

In aula a Brescia è stato proiettato il video del fratello di Sana Cheema che confesso l’omicidio: “Abbiamo avuto un litigio. Lei ha iniziato a insultarmi e l’ho strangolata con un panno”. Poi l’uomo aveva ritrattato tutte le sue parole.
A cura di Giorgia Venturini
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Sana Cheema
Sana Cheema

Servono nuovi accertamenti sull'omicidio di Sana Cheema, la 24enne cittadina italiana cresciuta a Brescia uccisa in patria in Pakistan nel 2018. Secondo la Procura italiana a uccidere la giovane è stato il padre e il fratello, Mustafa (oggi 53 anni) e Adnan Cheema (34), al termine di una lite in cui Sana si era opposta a un matrimonio combinato. Entrambi gli uomini in Pakistan sono stati assolti per insufficienza di prove, mentre in Italia continua il processo alla Corte d'Assise di Brescia.

Ora le autorità italiane a marzo andranno a Islamabad, in Pakistan, per interrogare alcuni testimoni vicini alla famiglia: per trovare altre prove partiranno il procuratore generale Guido Rispoli e il sostituto procuratore Claudia Passalacqua titolare dell'inchiesta.

La confessione (poi ritrattata) del fratello

Intanto in aula a Brescia è stato proiettato un video trasmesso da un canale tv del Pakistan in cui il fratello di Sana confessa l'omicidio: "Abbiamo avuto un litigio – racconta l'uomo -. Lei ha iniziato a insultarmi con parolacce e io l'ho uccisa". Poi piega anche come: "L'ho strangolata con un panno". La confessione risale a poco tempo dopo l'omicidio e venne subito ritrattata dal fratello. In Pakistan sia lui che il padre sono due persone libere: davanti ai giudici hanno sostenuto la versione che Sana "mangiava poco, non stava bene da giorni, è morta per un malore". Per la famiglia quindi la morte è avvenuta per cause naturali.

A Brescia il processo va avanti in contumacia: Mustafa e Adnan devono difendersi dall'accusa di "aver cagionato la morte della ragazza per asfissia meccanica violenta mediante strangolamento" e di aver "annullato i diritti politici sociali fondamentali della vittima che è stata uccisa per aver ripetutamente "rifiutato il matrimonio deciso dai congiunti".

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