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Fa sparare con il Kalashnikov contro l’ambulatorio in cui lavora l’amante: “Mi tradisce con il titolare”

Giovanni Utzi è stato arrestato perché mandante dell’atto intimidatorio nei confronti di un Poliambulatorio di Palazzolo sull’Oglio (Brescia): avrebbe chiesto di sparare contro la vetrina dell’ambulatorio perché accusava l’amante di avere una relazione con uno dei titolari. Arrestato anche l’autore materiale.
A cura di Ilaria Quattrone
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Sarebbe stato il mandante di un atto intimidatorio nei confronti del Poliambulatorio Med360 che si trova a Palazzolo sull'Oglio (Brescia) perché credeva che la sua amante avesse una relazione con uno dei titolari: è questa l'accusa rivolta a Giovanni Utzi arrestato insieme all'autore materiale, Giacomo Capra, dai carabinieri di Brescia.

Le indagini sono partite il 23 gennaio 2023 dopo che sono stati esplosi undici colpi d'arma da fuoco – precisamente un kalashnikov – contro la vetrata dello studio. A sporgere querela sono stati i due proprietari: Antony P. (accusato da Utzi di aver un rapporto troppo stretto con la sua amante) e Giorgio G. (fratello della donna).

La denuncia

Dopo la loro denuncia, i carabinieri si sono recati nel poliambulatorio per i rilievi del caso. Hanno così trovato quattro proiettili inesplosi vicino e una parte dell’arma utilizzata vicino a un supermercato. I due soci del poliambulatorio hanno raccontato agli investigatori di sospettare di Giovanni Utzi, il quale aveva una relazione extraconiugale con la loro dipendente.

L'uomo aveva infatti a manifestato segni di morbosa gelosia nei confronti della donna: a novembre 2022 sarebbe entrato nell'ambulatorio sostenendo proprio che il rapporto tra l'amante e il titolare fosse troppo stretto. Il mese successivo aveva minacciato Antony P. di dar fuoco al locale "se avesse proseguito la presunta relazione" con la donna.

La vetrata del Poliambulatorio
La vetrata del Poliambulatorio

Dopo che i titolari avevano denunciato l'atto intimidatorio, le forze dell'ordine hanno ascoltato le parole della dipendente. Quest’ultima aveva raccontato che aveva interrotto la relazione con Utzi a settembre 2022 proprio per la sua eccessiva gelosia. Aveva spiegato che era possessivo e aggressivo tanto che in un’occasione l'avrebbe fortemente strattonata e in un'altra l'avrebbe insultata pesantemente.

Avrebbe anche minacciato telefonicamente sia lei che la sua famiglia: “Te lo apro in due come un capretto”, “te lo attacco dietro alla macchina e lo trascino”, “Non arriverete al battesimo” avrebbe detto. La donna ha precisato che l'uomo l'avrebbe pedinata e  di essere stata costretta a cambiare numero di telefono.

A queste minacce si sono aggiunte poi quelle della moglie di Utzi che, non appena ha scoperto il tradimento del marito, avrebbe aggredito fisicamente la donna e avrebbe minacciato i suoi genitori intimando loro di impedire che la figlia continuasse a frequentare il marito.

La relazione tra il mandante dell'atto intimidatorio e la dipendente

Le forze dell'ordine hanno però scoperto – grazie alle intercettazioni telefoniche e ambientali – che, a differenza di quanto raccontato dalla donna, i contatti tra lei e Utzi non si erano interrotti. I due infatti si sarebbero sentiti spesso al telefono e incontrati in auto. In una di queste occasioni, Utzi si lamentava con l’amante di averlo accusato “della cagata che aveva fatto”. Dopo la testimonianza resa dalla donna il 3 febbraio, le avrebbe inviato un messaggio “grazie per avermi fottuto alla grande”.

Durante un altro incontro, precisamente il 7 marzo 2023, l’uomo avrebbe ammesso la sua responsabilità per l'atto intimidatorio: “Mi hanno detto di andarmene per un po’ e credimi ieri me ne stavo andando.. per far calmare le acque che quello che è successo l’ho fatto io per ripicca verso tuo fratello che non accettava la nostra relazione”.

Chi ha sperato contro la vetrata

Nel frattempo, gli inquirenti hanno individuato l'autore materiale dell'atto intimidatorio che sarebbe Giacomo Capra, finito anche lui in manette con Utzi. Dalle immagini estrapolate dalle telecamere di sorveglianza del poliambulatorio, è stato possibile risalire alla sua identità: quella notte infatti l’autore indossava una giacca con varie tonalità di blu e con una striscia orizzontale di colore rosso/arancione, dei pantaloni di colore beige e degli stivali anfibi neri.

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Dalle immagini delle telecamere installate dal supermercato vicino al poliambulatorio, è stato possibile scoprire che sarebbe arrivato in sella a un motorino colore chiaro. Il 29 marzo Capra avrebbe indossato gli stessi indumenti e sarebbe stato bordo dello stesso motorino mentre rapinava un supermercato a Manerbio. Abiti trovati durante una perquisizione domiciliare dopo l'arresto in flagranza di reato per un'altra rapina a un altro supermercato a Coccaglio.

Oltre a questo, gli investigatori – grazie all'analisi i tabulati telefonici – hanno scoperto che, due giorni prima del fatto, Capra avrebbe scambiato alcuni messaggi con Utzi. Durante l’interrogatorio per le rapine, ha ammesso di essere stato lui a sparare contro la vetrata del poliambulatorio e di averlo fatto su “mandato di un conoscente che lo aveva contattato di persona due giorni prima e gli aveva offerto una somma di denaro per commettere il reato”.

Ha poi precisato che “il mandante – di cui non intendeva rivelare l’identità per tutelare la propria incolumità – gli aveva fornito su un foglio manoscritto l’indirizzo del poliambulatorio e le modalità di reperimento e deposito del Kalashnikov”. L'arma sarebbe stata nascosta dietro un cassonetto nella periferia di Brescia. E dopo l'atto intimidatorio, l'avrebbe nascosta in un’auto bruciata e abbandonata.

I contatti telefonici tra mandante e autore materiale del reato

A conferma di quanto rivelato da Capra, ci sarebbero i contatti telefonici tra i due e il fatto che Utzi avrebbe avuto una conversazione con l'amante dove “emerge il coinvolgimento di Utzi nell’evento delittuoso” e dove viene rivelato “addirittura il movente, ovvero una vendetta dell’indagato” nei confronti del fratello dell’amante “per aver ostacolo la relazione clandestina”. Che questo fosse il movente è ricavabile anche da quanto riferito da Capra, il quale “ha rivelato che l’azione criminosa per la quale egli era stato ingaggiato aveva natura di atto intimidatorio e di atto dimostrativo”.

La rapina alle poste

Dalle indagini e grazie alla testimonianza dell'amante, è emerso che Utzi sarebbe coinvolto in un altro delitto: una rapina all'ufficio postale di Palazzolo sull'Oglio dove lo stesso lavorava come vice-direttore. Il 30 luglio, la direttrice ha denunciato che tre persone con maschere di silicone sono entrati nell'ufficio con pistole e martello. Avrebbero portato via circa 217mila euro dallo sportello di Atm e dalla cassaforte che si trovava all'interno del caveau.

Dalla testimonianza di un dipendente è emerso che poco prima della rapina Utzi avrebbe citofonato al cancello esterno per iniziare il proprio turno di lavoro. Subito dopo, approfittando del cancello aperto, i rapinatori sarebbero entrati all’interno della sala dei computer. Sarebbero poi arrivati all’ufficio della direttrice e le avrebbero intimato di consegnare loro il denaro.

La donna si sarebbe poi diretta dentro al caveau dove Utzi era arrivato poco prima ed era intento a contare le banconote. Dopo che gli avrebbe preso dalle mani i soldi, li avrebbe consegnati a due rapinatori. I due malviventi avrebbero afferrato per un braccio Utzi: “Gli avevano poi intimato di aprire lo sportello Atm – si legge nell'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Utzi – e di consegnare loro il denaro”. Dopo che si sarebbero impossessati di tre cassette con contanti, avrebbero scavalcato la recinzione esterna e sarebbero scappati a bordo di un’auto nera alla guida c’era il quarto complice.

Dalle dichiarazioni dei presenti, è stato possibile scoprire che il temporizzatore di differimento dell’apertura dello sportello Atm in quel momento sarebbe stato disattivato e che la porta del caveau sarebbe rimasta aperta perché Utzi era appena entrato. Qualche minuto dopo la rapina, i carabinieri sono stati contattati perché all’interno del cimitero di Palazzolo c’era un’auto nera in fiamme. Auto che sarebbe stata rubata.

Dalle telecamere dei varchi cittadini, è stato possibile scoprire che sarebbe stata abbandonata proprio dai quattro rapinatori che nel frattempo erano saliti a bordo di due auto – anche queste rubate a due persone – con targhe modificate e un nastro adesivo nero. Il 30 gennaio 2021, le due auto sono state trovate in un capannone.

Per gli inquirenti Utzi avrebbe favorito il gruppo: "Il modus operandi dei rapinatori suggeriva la piena conoscenza dei locali e del momento più favorevole per agire e rendeva quindi altamente probabile la presenza di un complice all’interno dell’ufficio postale". A questo si aggiunge che "i malviventi erano riusciti a entrare approfittando dell’apertura del cancello contestualmente all’ingresso di Utzi ed egli era stato colui che materialmente aveva aperto lo sportello del bancomat e consegnato le cassette contenenti i contanti, tali elementi avevano fatto concentrare le prime attività investigative su di lui".

 La confessione dell'amante

La conferma dei sospetti delle forze dell’ordine è arrivata quando è stata ascoltata l’amante di Utzi per l’atto intimidatorio ai danni dell’ambulatorio. La donna avrebbe infatti detto: “Voglio liberarmi di un peso che ho sulla coscienza da un po’ di tempo”. Ha poi raccontato che nell’estate 2020, Utzi le avrebbe raccomandato di “prendersi cura dei propri figli nel caso in cui gli fosse accaduto qualcosa e quello stesso pomeriggio le aveva chiesto di incontrarsi con urgenza nei pressi dell’Ufficio Postale di Palazzolo sull’Oglio”.

Quando si sono incontrati, le avrebbe chiesto se avesse saputo della notizia di una rapina avvenuta proprio nell’ufficio postale dove lavorava e le avrebbe consegnato “perché la custodisse, una mazzetta di denaro contante composta da banconote da 50 euro”. Il giorno dopo, le avrebbe anche detto di aver collaborato alla rapina consentendo l’ingresso dei rapinatori: “Secondo te, chi li ha fatti entrare?”. Le avrebbe anche consegnato una borsa con 42mila euro in contanti chiedendole di nasconderla in casa sua.

La donna ha raccontato che fino al 12 settembre 2022 Utzi, insieme alla moglie, sarebbe andato a casa sua di tanto in tanto per prelevare parte della refurtiva. Successivamente l'uomo le avrebbe consegnato un’altra borsa: la donna avrebbe notato tra le fessure della borsa la presenza “di alcuni pacchetti delle dimensioni del palmo di una mano, avvolti in tessuto e nastro adesivo marrone, desumendo dal peso e dalla forma, che si trattasse di armi”.

Il marito della donna e il padre avrebbero poi confermato ai carabinieri da aver saputo da lei che custodiva le borse del suo amante che contenevano il denaro sottratto nella rapina “nella quale Utzi aveva avuto un ruolo fondamentale, consentendo l’ingresso dei malfattori”.

L'arresto di uno dei rapinatori

I militari hanno poi trovato un secondo telefono nell'ufficio dell'uomo. Interrogato dai carabinieri, ha raccontato che serviva per le comunicazioni con la sua amante. Per gli investigatori in realtà era stato usato per tenere i contatti con i rapinatori. Le indagini hanno permesso di arrestare uno dei quattro rapinatori. Si tratterebbe di Rosario Polimeni accusato di aver rubato una delle due automobili utilizzata per la fuga e di aver stato tra gli autori della rapina.

In casa dell'uomo, che era stato arrestato il 23 marzo 2021 per la detenzione di una pistola con matricola abrasa, è stato trovato un arsenale di armi clandestine e da guerra, una borsa con giubbino rinfrangente e un casco da motociclista con la sigla "Poste italiane". Sono state poi trovate anche quattro maschere in silicone che sono state poi riconosciute dai dipendenti dell’ufficio postale come quelle utilizzate il giorno della rapina.

Le accuse nei confronti di Utzi

Alla luce di tutto questo, è stato possibile scoprire che Utzi sarebbe responsabile sia dell'atto intimidatorio nei confronti dei titolari del Poliambulatorio che della rapina del 2020. Il giudice per le indagini preliminari ha infatti scritto che in entrambi i casi "ha ricoperto un ruolo apicale, essendo stato l’ideatore, l’organizzatore e il mandante dell’atto intimidatorio commesso ai danni del Poliambulatorio “Medica 360” e avendo ricoperto il fondamentale ruolo di basista nella rapina commessa ai danni dell’ufficio postale presso cui egli lavorava”.

"Ha dimostrato estrema lucidità nel realizzare tali condotte cercando di non lasciare tracce, ha nascosto abilmente la refurtiva lontana da sé senza curarsi di coinvolgere nelle conseguenze delle proprie azioni criminose la sua amante e ha mentito con grande disinvoltura alle forze dell’ordine quando è stato sentito in relazione alla rapina del 20 luglio 2020, dimostrando così piena freddezza, assenza di scrupoli e abilità di dissimulazione".

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Per gli inquirenti è significativo che Capra (accusato di essere l'autore materiale dell'atto intimidatorio) “si sia rifiutato di svelare il nome del suo mandante per tutelare la propria incolumità evidentemente consapevole dell’elevato rischio di ritorsione violente da parte di Utzi”.

Per tutte queste ragioni Utzi, per il gip, “è da ritenersi soggetto estremamente pericoloso, in quanto dotato della disponibilità di armi da guerra, strettamente legato a soggetti pluripregiudicati nonché capace di gravi azioni ritorsive, sicché si reputa elevato e concreto il pericolo di nuove condotte violente da parte sua, anche in ragione dell’indole vendicativa che potrebbe condurlo a mettere a rischio l’incolumità dei soggetti che hanno reso dichiarazioni a lui sfavorevoli”.

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