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La Corte d'assise d'appello di Catanzaro ha confermato la condanna a tre anni di reclusione per omicidio colposo nei confronti di Pietro Rossomanno. Il pastore era accusato di essere responsabile della morte della ventenne Simona Cavallaro, uccisa da un gruppo di 13 di cani da pastore in Calabria.
Il tragico episodio è avvenuto il 26 agosto del 2021 nella pineta di Monte Fiorino a Satriano, provincia di Catanzaro, quando i cani messi dal pastore a protezione del gregge hanno ferito a morte la giovane. Il pm di Catanzaro aveva chiesto alla Corte di riformare il reato da omicidio colposo a omicidio volontario e di condannare il pastore a 15 anni di reclusione. Ma la richiesta non è stata accolta dai giudici.
Raggiunto da Fanpage.it, Alfio Cavallaro, padre di Simona, spiega: "L'ordinamento giuridico è questo. Le pene fino a tre anni sono sospese e per lui non è cambiato assolutamente niente: va in giro, al bar, cammina per strada. Non so se esiste una giustizia divina, ma qui non c'è sicuramente. Questa è l'Italia, questo è lo Stato".
Per la Corte d'Appello la morte di Simona Cavallaro non è omicidio volontario
A giugno 2023 Pietro Rossomanno, oggi 49enne, venne condannato a 3 anni per il reato di omicidio colposo dopo che il gip del Tribunale di Catanzaro aveva riqualificato il reato da omicidio volontario in omicidio colposo. Un cambiamento che, insieme al rito abbreviato, è valso a Rossomanno un sostanzioso sconto di pena. L'accusa però si era opposta e aveva fatto richiesta alla Corte d'assise d'appello di riformare il reato. Invano.
I cani che hanno ucciso Simona Cavallaro erano stati messi da Rossomanno a difesa del suo gregge mentre lui era lontano. La mattina del 26 agosto la ventenne Simona Cavallaro, in compagnia di un amico, si era recata alla Pineta Montefiorino di Satriano per pianificare un pic-nic con gli amici per la domenica successiva. Lì, però, si era imbattuta nel gregge di Rossomanno e nei 13 cani che seguivano gli ovini.
Inizialmente Simona si era nascosta nel piccolo fabbricato di legno all'interno della pineta con il suo amico, ma poi ne era uscita, probabilmente per raggiungere la macchina poco distante. In quel momento, però, i cani l'hanno ferita, secondo una dinamica che non è mai stata accertata con precisione a causa dell'assenza di rilievi scientifici sugli animali. Solo nel tardo pomeriggio Rossomanno ha ritrovato i suoi animali scoprendo quello che era successo.
Al pastore, difeso dagli avvocati Salvatore Staiano e Vincenzo Cicino, erano contestati anche i reati di introduzione ed abbandono di animali e di invasione ed occupazione abusiva di terreni. Nel processo era imputata anche la madre del pastore, Maria Procopio, di 71 anni, accusata di invasione e occupazione abusiva di terreni, la cui condannata passa da otto mesi di reclusione a cinque mesi per il riconoscimento delle attenuanti generiche.
Il padre di Simona Cavallaro: "Non paga neanche chi ha permesso che la tragedia accadesse"
Alfio Cavallaro, padre di Simona, fa il gioielliere nella cittadina di Soverato. Qui, come ogni giorno accoglie i clienti all'interno del suo negozio. Un occhio attento però può notare nelle conici d'argento disposte con cura nelle vetrine diverse foto che ritraggono tutte lo steso soggetto. Si tratta di Simona bambina, e poi appena adulta, nel giorno della sua festa di 18 anni. In alcune è in compagnia del fratello gemello Pietro, oggi 24enne.
È qui che nel 2023 Alfio ci ha accolti per raccontare chi era Simona, e soprattutto per dare voce alla tragedia che ha colpito la sua famiglia, e per la quale nessuno ha pagato. È in gioielleria, circondato dalle foto di Simona anche nel giorno in cui la Corte d'Assise d'Appello ha scritto la parola fine alle speranze di giustizia.
"Bisogna accettarlo, altrimenti ci si fa vendetta da soli. Ma non è il caso mio – spiega Cavallaro a Fanpage.it – L'omicidio colposo secondo il nostro ordinamento si verifica quando chi uccide non ha colpa. Si dice: ‘va be, è capitato', e non paga neanche chi mette le condizioni necessarie perché la tragedia possa succedere. E poi quando succede non c'è responsabilità".
Per Cavallaro quello che è avvenuto a Simona non può essere considerato normale o giusto, ma è una consuetudine, un cortocircuito dell'ordinamento italiano di cui molti restano vittime. "Quasi ogni giorno vediamo omicidi, e soprattutto femminicidi. Gli uomini che uccidono le fidanzate a volte non vanno neanche in galera grazie all'infermità mentale, ma se le madri delle vittime, stanche di vederli in giro come se niente fosse, prendessero la pistola allora queste sconterebbero 35 anni di carcere. È così che funziona la nostra legge".
Per ricordare la figlia, ha costruito a pochi passi dalla sua abitazione, il "Parco Simona Cavallaro", un luogo di memoria pensato per i bambini della cittadina di Soverato. Qui tra le giostrine colorate e le piante ornamentali trova rifugio in giorni come questi: "Io Simona me la ricordo sempre bambina".
Ad oggi, solo i cani che quel 26 agosto erano nella pineta stanno scontando dietro le sbarre la morte di Simona Cavallaro.
Come stanno oggi i cani di Santriano: gli unici condannati all'ergastolo
La sera e il giorno successivo alla morte di Simona Cavallaro, il pastore ha aiutato il personale dell'Asp di Catanzaro e le Forze dell'Ordine a recuperare i cani. Del gruppo di 13 solo uno, la femmina di nome Bianca, era registrata a nome di Rossomanno. Per tutti gli altri l'uomo ha sempre negato ogni responsabilità.
Per la legge italiana infatti i cani sono res, e come tali possono essere comprati e venduti. Ma si tratta comunque di "oggetti particolari" perché per la legge non possono non avere un proprietario: i cani appartengano a chi li alleva, a chi li acquista, a chi li adotta e se si tratta di randagi sono del Sindaco del Comune in cui vengono accapalappiati. Registrarli è un obbligo di legge, ma ciò non avviene sempre.
A fare eccezione, a Satriano come nel resto d'Italia, sono i cani padronali impiegati nel mondo agricolo. In molti casi si tratta di cani da pastore o da guardiania lasciati nelle campagne dove nascono, lavorano e si riproducono senza alcun controllo. Questi animali non vengono mai intestati né ai chi li impiega né ai sindaci. Si tratta a tutti gli effetti di fantasmi che in molti casi si trovano privati di ogni diritto, alla stregua di veri e propri attrezzi da lavoro. La registrazione in banca dati e il microchip servono proprio per tracciarne l'esistenza e dissuadere così le persone dall'abbandonarli o ucciderli quando non li considerano più utili.
Come attrezzi abbandonati sono anche i cani di Satriano. Per loro nessun percorso di recupero e nessuna redenzione, solo l'ergastolo a vita all'interno del canile Pet Service di Torre Melissa, in provincia di Crotone. Qui vengono mantenuti dal Comune di Satriano che si è assunto la responsabilità economica davanti al rifiuto di Rossomanno. Si è creato così un cortocircuito per cui da una parte il Comune, nella speranza di rifarsi economicamente sul pastore, rifiuta di dare in affidamento i cani alle associazioni che in questi anni ne hanno fatto richiesta. Dall'altra Rossomanno nega con gli animali qualsiasi legame.
Nonostante gli animali non siano mai stati sotto sequestro non sono mai usciti dalle maglie della Giustizia, e non ne usciranno mai.