
Andrà a processo l'uomo che la notte tra il 31 agosto e il primo settembre 2023 uccise a colpi di fucile l'orsa Amarena. Si tratta del 58enne Andrea Leombruni, imprenditore di San Benedetto dei Marsi, in provincia dell'Aquila. Oggi, 26 settembre 2025, si è conclusa l'udienza predibattimentale del Tribunale di Avezzano che ha rinviato l'uomo a giudizio. L'udienza dibattimentale è stata fissata a gennaio 2026.
Inizia il processo all'uomo che ha ucciso Amarena
Leombruni andrà a processo con l'accusa di uccisione di animale e di aver agito con l'aggravante della crudeltà. Secondo le perizie eseguite sul corpo dell'orsa, infatti, l'animale non era in posizione d'attacco quando è stata raggiunta dal colpo che l'ha uccisa trapassandole il polmone.
Dopo due anni il giudice predibattimentale del Tribunale di Avezzano ha finalmente rinviato a giudizio il 58enne che ha ucciso uno dei simboli del Parco Nazione d'Abruzzo, Lazio e Molise (PNalm) e dell'intera popolazione di orso marsicano, la sottospecie più rara al mondo di cui rimangono appena 50 individui, tutti stanziati nell'Appennino centrale italiano. In questo contesto ogni vita è preziosa, soprattutto quando si tratta di un'orsa prolifica come Amarena, capace di portare all'età adulta cucciolate di 3 o 4 piccoli.
Tra le parti civili al Processo c'è anche il Pnalm, l'ente che si occupa di monitorare e proteggere gli orsi anche al di fuori dei propri confini, come nel caso di Amarena, uccisa fuori parco. Accanto alle istituzioni ci sono le maggiori associazioni di tutela animale, oggi presenti ad Avezzano.
Il WWF Abruzzo: "Ora lavorare per accettazione sociale dell'orso nell'Appennino"
Raggiunta da Fanpage.it la presidente del Wwf Abruzzo, Filomena Ricci, spiega che : "è fondamentale che questo episodio drammatico non venga mai dimenticato. Dobbiamo impegnarci attivamente per promuovere comportamenti responsabili tra residenti e turisti, lavorando per una maggiore accettazione sociale della presenza dell'orso in Appennino. La coesistenza tra uomo e orso è un traguardo possibile, ma richiede una dedizione totale da parte di enti, istituzioni e associazioni. I nostri sforzi di conservazione devono concentrarsi su due obiettivi prioritari: ridurre drasticamente la mortalità causata dall'uomo (sia quella illegale che quella accidentale) e favorire l'espansione di questa preziosa popolazione appenninica".
Per la referente dell'associazione "È intollerabile perdere ancora oggi esemplari di orso marsicano a causa del bracconaggio, specialmente trattandosi di una popolazione unica e così vulnerabile, composta da soli 50-60 individui in tutto l'Appennino".
Le reazioni delle associazioni: soddisfazione, ma ora condanna esemplare
La Lndc Animal Protection, attraverso l'avvocato Michele Pezone, esulta per il rinvio a giudizio: “Oggi abbiamo avuto un risultato importante, il giudice ha disposto il rinvio a giudizio dell’imputato che non ha scelto riti alternativi, quindi andremo il 19 gennaio alla prima udienza dibattimentale, dove ci sarà la visione delle prove. Noi faremo valere le nostre ragioni e continueremo a seguire questo processo per chiedere una condanna esemplare per quello che è stato un reato gravissimo. Vi terremo aggiornati si successivi passaggi di questo importante processo”.
Anche l'OIPA (Organizzazione Internazionale Protezione Animali) oggi era presente in aula come parte civile nel processo, con il patrocinio dell’avvocato Francesco Paolo Fornario. La responsabile dell’Ufficio Legale OIPA Italia Claudia Taccani ha spiegato: "Continueremo la nostra battaglia legale per far valere i diritti di Amarena e di tutti gli animali. La fauna selvatica, patrimonio indisponibile dello Stato, deve essere tutelata con rigore e fermezza".
L'Enpa ha sottolineato il valore di Amarena per la conservazione dell'intera popolazione marsicana: "Non era solo un’orsa, era madre, era simbolo, era vita. È stata uccisa con un atto crudele e ingiustificabile, aggravato da futili motivi, che ha ferito non solo l’Abruzzo ma tutto il Paese. Ora chiediamo che la giustizia sia inflessibile, perché la sua morte non sia vana e diventi un monito contro ogni violenza verso gli animali".
E l'appello alle istituzioni: "Chiediamo ancora una volta che lo Stato rafforzi le misure di prevenzione, vigilanza e sensibilizzazione, affinché episodi come questo non si ripetano mai più. Amarena non potrà tornare, ma la sua vicenda deve diventare un punto di svolta: gli orsi marsicani e tutti i grandi carnivori così come tutti gli animali selvatici meritano rispetto e tutela assoluta".
Come è stata uccisa l'orsa Amarena
La notte tra il 31 agosto e il primo settembre 2023 Amarena è stata sorpresa da Leombruni all'interno del pollaio adiacente alla sua abitazione, situata in un'area rurale della periferia di San Benedetto dei Marsi, nel versante aquilano fuori dal Parco d'Abruzzo. Amarena però, proprio in ragione del suo alto valore in termini di conservazione, continuava a essere attentamente monitorata dai Guardiaparco che la seguivano in tutti i suoi spostamenti.
Quella notte sono stati proprio loro, allertati dal rumore dello sparo, a ritrovare il corpo di Amarena a pochi metri dall'abitazione di Leombruni che dopo essere stato identificato non ha potuto fare altro che ammettere ciò che era successo, spiegando di aver agito per timore dell'animale.
Con Amarena quella notte c'erano anche i suoi due cuccioli dell'anno che quella sera sono scappati a causa del trambusto seguito alla morte della loro madre.