UN PROGETTO DI
14 Maggio 2025
15:44

Lasciano il cane in canile e non potranno adottarne altri per due anni. La decisione di un Sindaco che dovrebbe essere la normalità

Dopo la pubblicazione dell'intervista al Primo Cittadino di Codroipo, in Friuli Venezia Giulia, che ha vietato come da legge regionale a chi ha lasciato in canile un cane di poterne avere altri nei prossimi due anni, molte persone ci hanno contattato sorprese che ci siano normative di questo tipo. La verità è che sarebbe ora di averne una a livello nazionale perché vi sia conoscenza da parte di chi dà in adozione o anche vende un cane se ci sono 'precedenti' a carico di chi vuole un animale domestico.

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Un Pastore Maremmano Abruzzese adottato e poi ceduto in canile. Non è raro, anzi: è quasi la norma in Italia che cani di questa tipologia che da cuccioli sono visti come dei "teneri batuffoli bianchi" vengono presi senza avere alcuna conoscenza delle motivazioni di razza e poi abbandonati una volta diventati adulti o anche solo adolescenti. E ciò avviene legalmente attraverso un istituto previsto dalla legge che si chiama "rinuncia di proprietà".

Ma ora la storia di un cane lasciato nel canile comunale di Codroipo, in Friuli Venezia Giulia, sta diventando un caso esemplare per la decisione del Sindaco di aver vietato alle persone di riferimento la possibilità di vivere con altri cani per i prossimi due anni dal momento in cui hanno abdicato al loro ruolo di "proprietari" come previsto dalla normativa locale.

La cessione di proprietà è molto utilizzata nel nostro Paese in cui il "classico" abbandono con cani legati ai pali o abbandonati sulla strada è ormai raro, sebbene resiste come ipotesi standard nell'immaginario collettivo e quando accade con queste modalità riceve gli onori della cronaca perché fa effetto a livello emotivo. Invece la realtà quotidiana di chi lavora o fa volontariato in rifugi e canili racconta di persone che si sono informate e sanno che possono portare l'animale, pagando di solito una retta il cui costo e la cui durata differisce a seconda di quanto stabilito da Comuni e Regioni, e non ‘macchiarsi' così nemmeno del rischio della gogna pubblica nonché del reato di abbandono di animali.

E' pur vero che il legislatore aveva pensato a questa ipotesi per venire incontro a persone in difficoltà economiche o con gravi problemi di salute e in funzione anche del benessere del cane per favorire eventuali adozioni ma la verità è che senza un lavoro a valle volto al diffondere una cultura per le adozioni responsabili o anche per acquisti consapevoli (sì: i canili sono pieni di cani di razza abbandonati) il dettato è rimasto lettera morta e le strutture di tutto il Belpaese sono strapiene di cani che non hanno più una famiglia di riferimento.

Ciò che sta accadendo però all'indomani dell'intervista che abbiamo fatto su Kodami a Guido Nardini, Primo cittadino di Codroipo, è che tante persone ci stanno scrivendo o stanno condividendo il nostro articolo stupite sia del fatto che si possa ‘serenamente' mollare un cane in canile quanto del fatto che esista la possibilità di bandire però la possibilità di prenderne altri a chi ha rinunciato a trovare altre soluzioni.

Per quanto riguarda le leggi regionali e comunali relative alla cessione di proprietà sarebbe bello poter affermare che le persone che ne ‘approfittano' lo fanno davvero e solo per gravi motivi, come del resto era ipotizzato dallo stesso legislatore. Purtroppo non è così e ribadiamo che il fenomeno è largamente diffuso su tutto il territorio nazionale, ormai. Invece per ciò che attiene al divieto di convivere poi con altri cani, come ha spiegato lo stesso Sindaco, non è stato fatto altro che applicare ciò che la legge del Friuli Venezia Giulia prevede e che però non è messo in atto e che in altre parti d'Italia non è nemmeno previsto.

Ciò che questa storia ci insegna, in realtà, e su cui si dovrebbe aprire una riflessione che superi i confini regionali e che faccia nascere una provvedimento che arrivi dall'alto, ovvero dallo Stato centrale, è la necessità di una normativa unica che definisca finalmente una ‘black list‘. Ma non quella che si invoca troppo spesso e con poca cognizione di causa sui cani cosiddetti pericolosi o potenzialmente tali quanto invece sulle persone che con costante superficialità prendono un cane di qualsiasi tipologia (perché sì, i canili sono pieni anche di animali di taglia piccola) e poi non ne vogliono più sapere.

Qualcuno, sempre a livello locale, sta facendo questo tipo di ragionamento mettendo in atto quello che nel linguaggio comune è stato chiamato ‘daspo cinofilo‘ e punta l'attenzione su a chi compie atti di maltrattamento sugli animali in generale. Ma il punto è che fin quando si promulgano leggi che hanno valore solo in singole parti d'Italia non ci sarà modo di impedire, per fare un esempio, all'ex proprietario del Maremmano di Codroipo di andare a prendere un cane o anche farselo bellamente ‘spedire' con una staffetta organizzata da qualcuno che magari ci fa pure i soldi sopra sul trasferimento dalla Puglia.

La verità, però, è che questa idea di uniformare delle regole sull'adozione consapevole e le conseguenti sanzioni legate al non aver attuato una scelta responsabile attraverso l'istituzione di una black list nazionale, ad accesso consentito solo a persone qualificate e dunque tutelando anche la privacy, si scontra con la burocrazia ma anche con una continua carenza di interesse da parte delle istituzioni su questo tema.

Non dimentichiamoci, infatti, che da anni si parla dell'Anagrafe canina nazionale che è stata istituita con la nascita del SINAC (Sistema di identificazione nazionale degli animali da compagnia) il 6 febbraio 2025 con un decreto formalizzato sin dal luglio del 2023. Dietro queste date, a cui si è arrivati con grande lentezza visto che l'idea era già in nuce contenuta nella Legge Quadro sul randagismo (281/1991),  si cela un percorso costellato di ostacoli tecnici, resistenze locali e frammentazione nella gestione locale. Ad oggi il SINAC risulta "attivo e funzionante" a chiederlo a chi se ne occupa negli uffici del Ministero della Salute ma la verità è che di Anagrafe canina nazionale non se ne può nemmeno ancora parlare.

Sì, ci piacerebbe un Paese in cui le cose funzionano bene in qualsiasi settore ma proprio la quantità di reazioni di stupore al sapere che un rappresentante delle Istituzioni – sebbene solo a livello locale – abbia semplicemente applicato la legge ci fa capire quanto siamo tutti ormai poco abituati a credere che ciò non solo possa accadere ma che addirittura è già previsto e che può essere un esempio da riportare su scala nazionale.

Che sia dunque una black list o finalmente almeno la concretizzazione dell’anagrafe canina nazionale ciò che è certo è che la sensibilità media è cambiata e una spinta per la tutela degli animali domestici, vista anche come attenzione al benessere delle famiglie in toto, non può che essere accolta positivamente dall'opinione pubblica ma non servono proclami come spesso accade da parte della politica ma azioni concrete.

Un elenco di persone non adatte a vivere con gli animali domestici, del resto, non sarebbe solo un registro ma il riflesso del nostro modo di pensare il rapporto con le specie che vogliamo addirittura che vivano nelle nostre case, nel segno del rispetto che abbiamo per le loro vite e della volontà di riconoscere il legame, affettivo e giuridico, che ci lega a loro.

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