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Nel giorno in cui si celebra ogni anno la giornata della Liberazione dell'Italia dal nazifascismo, il 25 aprile, è l'Enpa a ricordare la storia di Wolf, un Pastore Tedesco che faceva parte dell'esercito nazista. Il cane fu trovato dai partigiani e si legò a Gino, un combattente della Resistenza della brigata “Giustizia e Libertà” e con loro partecipò al movimento di liberazione del Paese.
La vita di questo cane e delle persone che con lui condivisero la battaglia per la libertà è stata narrata in un libro di Ezio Gallo intitolato “Il Partigiano Wolf: Un fedele amico della Resistenza” e si svolse sulle montagne del Cuneese.
Il Partigiano Wolf: la storia vera di un cane che scelse da che parte stare
La guerra infuriava e l’essere umano accanto aveva comunque e sempre il suo "miglior amico". Da qualsiasi parte della barricata, infatti, i cani erano loro malgrado anche loro protagonisti tra gli spari e le mine e i più temuti erano i Pastori Tedeschi utilizzati dall'esercito di Hitler. Wolf era uno di loro ed era stato addestrato per dare la caccia ai nemici. Un cane militare, formato per obbedire, per annusare la paura e inseguirla. Eppure, a un certo punto, questo cane si è fidato di quello che gli avevano insegnato fosse da considerare il nemico e ha seguito chi lo aveva salvato.
Come accennato, la vicenda si è svolta sulle montagne del Cuneese, durante la Seconda Guerra Mondiale, tra il 1944 e il 1945, negli ultimi anni dell’occupazione nazifascista in Italia. Tra le cime e le valli piemontesi i partigiani combattevano contro l'esercito tedesco ed è così che a un certo punto si uniscono i destini di Gino e di Wolf.
Nel libro Gallo racconta come avviene il primo incontro: il partigiano si imbatte in una camionetta tedesca ormai in fiamme dopo lo scontro. L'unico in vita che incontrano, legato con un catena, è un cane. Gino non perde temp e, decide che quell'animale non può essere lasciato lì: nonostante è consapevole che Wolf sia sicuramente un cane addestrato alla difesa e all'attacco, gli si avvicina con voce calma e da quel momento le loro strade si uniscono.
La narrazione di questa vicenda assume poi toni che, giocoforza, diventano molto antropecentrici e legati al voler dare al cane un ruolo attivo nell'aver scelto di passare dalla parte dei partigiani e combattere al loro fianco. Ma questo aspetto viene raccontato specificando che gli uomini della Resistenza non lo obbligarono a farlo. Secondo quanto tramandato, nessuno chiede a Wolf di ‘mettersi al lavoro' ma è lui a offrire il suo supporto alla brigata “Giustizia e Libertà” che fa del cane un membro del gruppo, un simbolo di fedeltà e condivisione.
Wolf ha ottenuto una medaglia al valore e un grado simbolico: caporale partigiano. E' rimasto sempre con Gino, fino alla fine della guerra e fino alla sua morte avvenuta quando aveva 12 anni nel 1953.