
Le foto di Pamela Genini insieme al suo Chihuahua sono tra quelle che più hanno accompagnato la cronaca dell'ultimo femminicidio avvenuto in Italia. La presenza di quel cane nella vita della giovane donna uccisa dal compagno, Gianluca Soncin, è particolarmente rappresentativa di ciò che purtroppo accade spesso in questi casi. L'attenzione del partner violento, infatti, si sposta anche sull'animale domestico che diventa un "mezzo" per far del male all'altro essere umano oggetto delle vessazioni. Soncin, come accaduto già in altri tragici episodi simili, aveva infatti più volte minacciato la donna dicendo che avrebbe ucciso il cane.
Violenza su animali e violenza sulle persone sono strettamente collegate in generale, e in particolare poi nei casi di abusi nei confronti delle donne attraverso azioni criminali rivolte agli animali domestici con cui queste ultime hanno una relazione affettiva. Ma le donne che vogliono allontanarsi dal partner abusante e che hanno degli animali a seguito non sanno a chi rivolgersi. In Italia, infatti,secondo gli ultimi dati Istat riferiti al 2023, sono 7.731 le donne che sono state ospitate nelle strutture pubbliche, di cui 3.574 quelle vittime di violenza. In totale sul territorio nazionale ci sono 375 Case rifugio ma ne esiste sola una in cui è possibile recarsi se si ha un cane o altro animale.
Abbiamo chiesto delucidazioni al riguardo a Francesca Sorcinelli, presidente dell'Associazione Link-Italia che si occupa proprio del contrasto della violenza interpersonale.
Esiste una stretta correlazione tra violenza perpetrata sugli animali e violenza intraspecifica tra esseri umani. Che cosa è il “link” ? Quanto e perché è importante conoscerne la genesi?
Con Link si intende la stretta correlazione esistente fra maltrattamento e/o uccisione di animali, violenza interpersonale e ogni altra condotta deviante, antisociale e/o criminale. Quindi maltrattamento e/o uccisione di animali da interpretare come espressione di una situazione esistenziale patogena in chi commette il maltrattamento. Soprattutto se commessa da minorenni, la violenza su animali deve essere interpretata come l’espressione di una potenziale situazione di abuso che lo stesso bambino o adolescente può stare subendo in famiglia o nei contesti ambientali che frequenta. La crudeltà su animali deve essere interpretata anche come specifico indicatore di pericolosità sociale e parte integrante di altri crimini come bullismo, stalking, violenza domestica su donne e minori, intimidazioni di stampo malavitoso, crimini settari, crimini predatori e altri casi.
Un recente caso di cronaca, purtroppo, descrive una di queste fattispecie che riguarda specificamente la violenza sulle donne che vivono con animali domestici. L’omicida aveva terrorizzato la donna anche con la minaccia di uccidere il suo cane. Quanto incide dal punto di vista psicologico sulle scelte che fa la vittima?
In ambito domestico i partner abusanti minacciano di ferire o uccidere o feriscono o uccidono gli animali domestici per instaurare un clima di potere e controllo sulle vittime umane quali donne, minori, anziani o categorie vulnerabili in genere. Sì colpisce quindi fisicamente un animale per colpire psicologicamente, affettivamente, emotivamente una persona. Questa è una strategia predatoria molto efficiente ed efficace poiché le donne non se ne vanno di casa per non lasciare l’animale in balia del partner abusante. L’unico modo per mettere in sicurezza le vittime è di mettere in protezione anche i loro animali. Lo sviluppo di strategie vittimologiche che contemplino la messa in protezione anche degli animali però dipende da una corretta interpretazione del "fenomeno link".
Ci può descrivere il primo caso che avete seguito direttamente e a quanto tempo fa risale?
Il primo caso di violenza domestica su una donna che abbiamo trattato è stato nel 2011 ed è estremamente emblematico delle distorsioni nelle interpretazioni e dell’ignoranza sulla pericolosità sociale del maltrattamento e/o uccisione di animali in ambito domestico che ancora caratterizza i professionisti in Italia. Dopo che il marito aveva picchiato uno dei due gatti di famiglia per colpire psicologicamente la moglie, quest’ultima ha chiesto aiuto ad alcuni operatori che le avevano risposto: “non si preoccupi signora, proprio perché suo marito picchia il gatto lei può stare tranquilla”. Praticamente il massimo indicatore di pericolosità sociale per donne, minori e categorie vulnerabili in ambito domestico, ovvero la crudeltà su animali, viene interpretato come fattore protettivo, della serie: “Suo marito sta sublimando sul gatto, lei può stare serena”.
Quanto è importante dunque l'aspetto della formazione del personale preposto alla tutela dei soggetti a rischio di violenza?
Molto. L’Associazione Link-Italia sta lavorando intensamente con varie istituzioni a livello provinciale per la creazione di tavoli tecnici per la gestione integrata ad approccio multidisciplinare fra servizi alla persona e servizi a protezione degli Animali. Per i "casi Link" è necessario avere una formazione professionale sul fenomeno che deve essere rivolta agli operatori dei servizi sociali socio educativi e socio sanitari, dei servizi veterinari e dei servizi di neuropsichiatria per l’infanzia e adolescenza. In particolare stiamo lavorando ad un progetto nella provincia di Bergamo in cui è stata coinvolta l'ATS locale del Dipartimento Veterinario, il Dipartimento di Igiene e Prevenzione Sanitaria, l’Ordine dei Medici Veterinari di Bergamo e l’Ordine degli Assistenti Sociali della Lombardia.
In Emilia Romagna poi, con la nostra consulenza tecnica sono stati inseriti fra i target delle nuovissime linee guida sulla gestione integrata del binomio persona-animale da compagnia le cosiddette "famiglie multi problematiche", quelle con minori e animali e le famiglie maltrattanti.
Donne vittime di violenza domestica non hanno la possibilità di trovare un rifugio sicuro perché le strutture di accoglienza non ammettono gli animali al seguito. In Italia, attualmente, c'è solo un luogo che è nato proprio attraverso la giusta sinergia con le Forze dell'ordine
Sì, infatti. Ispirati dal Progetto LINK-ITALIA, di cui vengono a conoscenza nel 2014, l’allora ispettore superiore Massimo Perrone e l’allora agente Michela Bosi della Polizia Locale di Cento, in provincia di Ferrara, hanno lavorato ad un progetto finanziato dalla Regione Emilia Romagna. E' stato prima creato nel 2018 il Nucleo Anti Violenza (NAV) della Polizia Locale ed il Progetto DO.MIN.A (Donne, Minorenni, Animali. Dare Voce alla Violenza silente) in attuazione proprio alla volontà di prevenire, contrastare e affrontare il problema della violenza, soprattutto nei confronti di vittime deboli e vulnerabili quali donne, minorenni e con una particolare attenzione agli animali d’affezione.
Poi nel 2020 è stata inaugurata la “Casa dei Buoni”: è la prima "Casa Rifugio Link" finanziata con soldi pubblici regionali per la messa in protezione di donne vittime di violenza con o senza minorenni ma necessariamente con animali al seguito. Attualmente la Casa dei Buoni può accogliere un nucleo familiare alla volta e ad oggi ne abbiamo già ospitati quattro, con una permanenza fra i 9 e 12 mesi.
E' passato un po' di tempo da questo primo importante passo. Cosa altro è stato fatto?
Nell'aprile del 2024 è nata "Volunteers Vs Violence", l'associazione che si occupa di gestire le Case Rifugio Link e che ha proposto la sottoscrizione di un Protocollo d’Intesa con il Ministero della Giustizia per la diffusione su scala nazionale di questi luoghi, per il riconoscimento del maltrattamento di animali come reato sentinella per violenze domestiche su donne, minori, anziani e soggetti vulnerabili in genere. Sull’esempio della Casa dei Buoni abbiamo chiesto che la gestione da parte dell’Associazione non si limiti a questa unica realtà d’avanguardia nel nostro Paese ma si diffonda su scala nazionale. Ad oggi però il Ministero della Giustizia non ha ancora accolto la nostra richiesta, siamo quindi ancora in attesa di una risposta.