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La cultura non è più un'esclusiva della nostra specie. Lo sappiamo da tempo ormai. Anche molti altri animali, infatti, trasmettono culturalmente saperi, comportamenti, abitudini e abilità. Gli uccelli hanno per esempio accenti e dialetti regionali differenti, le orche hanno sviluppato tecniche di caccia specifiche per ogni singola preda e le grandi scimmie, come gli scimpanzé, hanno sviluppato una vera e propria tecnologia degli strumenti.
Questi sono solo alcuni dei tanti esempi di cultura animale che stanno alla base di un progetto rivoluzionario: The Animal Culture Database (ACD), il primo grande archivio dedicato alla varietà culturale non umana. Presentato in uno studio pubblicato su Scientific Data da un team dell'Università dell'Arizona, l'ACD rappresenta un vero e proprio cambio di paradigma: non si tratta solo di proteggere specie in pericolo, ma di farlo tenendo conto anche dei loro comportamenti culturali, trasmessi socialmente da individuo a individuo.
Cos'è il database delle culture animali

Esattamente come accade nelle società umane, anche tra gli altri animali esistono tradizioni, tecniche, lingue, strumenti. E perderle significherebbe compromettere il patrimonio culturale invisibile che rende unica una comunità animale. Il database nasce proprio da questa consapevolezza e per costruirlo, i ricercatori hanno esaminato migliaia di articoli scientifici e selezionato oltre 1.000 studi sul comportamento animale.
Finora, ne sono stati integrati 121, relativi a 61 specie: 30 mammiferi, 30 uccelli e persino un insetto. Ma il progetto è solo all'inizio e l'obiettivo parecchio più ambizioso. Nei prossimi anni, l'archivio continuerà a essere aggiornato e saranno aggiunte sempre più specie animali e nuove culture e tradizioni, diventando uno strumento aperto e collaborativo a disposizione di tutta la comunità scientifica.
Dai cetacei, alle grandi scimmie: le tradizioni e i saperi degli altri animali

Le specie incluse nel database spaziano da quelle più studiate – come gli scimpanzé, che sviluppano e tramandano anche strane mode, come infialarsi fili d'erba nelle orecchie e nel sedere – ad animali più inaspettati, come i pipistrelli o i ratti che vivono nelle pinete Gerusalemme, che hanno imparato a nutrirsi esclusivamente di pigne. Non mancano naturalmente i cetacei – orche, delfini, capodogli, balene grigie – le cui vocalizzazioni complesse e distinte da gruppo a gruppo sono da tempo considerate vere e proprie lingue.
E naturalmente ci sono anche gli uccelli, con i loro canti che variano a seconda della regione, esattamente come succede con i dialetti umani. Ma oltre a raccogliere le informazioni sui comportamenti, l'ACD offre anche materiale audio e video, rendendo possibile osservare queste culture in azione: uno scimpanzé che insegna a usare un bastone, un uccello che imita un suono particolare o un elefante che comunica con brontolii e vocalizzazioni a bassa frequenza.
Tutelare le culture per proteggere le identità animali

L'aspetto forse più interessante del progetto, tuttavia, è il suo messaggio implicito: gli animali non sono solo individui da proteggere, ma membri di comunità o vere e proprie società con una identità culturale propria. E comprendere queste tradizioni e questi "saperi", significa tutelare davvero questi animali, la loro identità e soprattutto il loro modo unico di stare al mondo, migliorando anche le misure di conservazione finalizzate alla tutela delle specie, come per esempio il trasferimento di individui da una popolazione all'altra.
Nelle società animali, così come per le comunità umane, la cultura è ciò che lega davvero le generazioni e su cui vengono costruiti legami, tradizioni, identità e abitudini. E oggi, grazie al primo archivio mondiale delle culture animali, abbiamo finalmente uno strumento che in più per riconoscerle, studiarle e – soprattutto- per tutelarle e conservarle anche per le generazioni future, umane e non.