
Il 2025 è stato un anno importante dal punto di vista della tutela dei diritti degli animali nel nostro Paese e anche un periodo che ha messo in luce però quanto ancora ci sia da fare per la fauna selvatica ma anche per gli animali che ci sono più vicini. Manca ancora infatti una seria riflessione sulla "proprietà responsabile" dei cani, in particolare, che faccia davvero presa sulla collettività da un punto di vista di consapevolezza e non perché preveda punizioni e sanzioni.
Ta gli accadimenti che si sono alternate negli ultimi 12 mesi sono stati fatti alcuni passi in avanti, come la nuova legge sul maltrattamento degli animali in cui finalmente l'accento viene posto su ciò che direttamente causa loro dolore e non più sul sentimento della persona, ma in cui ancora si ragiona in termini di punizioni verso chi trasgredisce e non con una riforma che metta l'accento sulla prevenzione e la consapevolezza. E ci sono poi notevoli passi indietro, come la decisione a livello europeo, e presto anche in Italia, del declassamento del lupo come specie protetta.
Questi primi e principali due esempi mettono già in evidenza che non si può ancora parlare di un cambio di prospettiva a livello sociale e politico del rapporto tra la società umana e le altre specie che abitano il mondo, e appunto non solo per quanto riguarda i domestici ma anche e soprattutto la fauna selvatica. Ciò che abbiamo visto nel 2025, in realtà, è la continuazione di un percorso iniziato da almeno dieci anni, in cui la considerazione dell’animale familiare si è spostata sempre di più da “oggetto da possedere” a essere senziente cui riconoscere dei diritti, sebbene ciò non sia valido per tutti e in generale: troppi sono gli animali, anche solo cani e gatti, che vengono fatti riprodurre per seguire mode e che presentano poi problemi comportamentali o fisiologici gravi. Come accade per i cosiddetti "tea cup", ad esempio, ovvero cani talmente piccoli da poter stare in una tazza da tè che "spopolano" sulle piattaforme sociali dove vengono venduti come pupazzi, a causa però di una grande richiesta che stenta ad esaurirsi. O l'acquisto di gatti come Scottish fold e Sphynx, razze selezionate solo per il vezzo di coloro che li desiderano da un punto di vista estetico e che in Olanda, ora, sono vietate.
L’anno appena trascorso, in fondo, ha reso ancora più evidente quanto sia complesso tradurre principi etici in pratiche sostenibili e in una vera e propria cultura della convivenza, colpa soprattutto di una politica sorda agli appelli di etologi e altri esperti e sempre e ancora troppo attenta alle istanze di gruppi di minoranza, come dimostra la legge sulle attività venatorie in discussione che piace ai cacciatori.
E' un 2025 in cui emerge anche e ancora una grande differenza tra animali di serie A e di serie B. I primi sono sicuramente i domestici, su cui si sono fatti grandi proclami e solo appunto la legge cosiddetta Brambilla è riuscita almeno a passare dalla teoria alla pratica, mentre l'attenzione pubblica è stata attratta però, più che da questa novità nel nostro ordinamento, dall'ipotesi che i cani possano viaggiare in cabina a bordo degli aerei senza però approfondire la realtà dei fatti e sapere che ad oggi si è tradotto in un nulla di fatto. Gli animali di serie B, invece, rimangono sempre gli stessi: quella fauna selvatica che assume importanza solo se raccontata con notizie che attizzano la curiosità trasformandoli in una sorta di cartoni animati, mentre il primo lupo ucciso in Italia legalmente diventa un esempio tetro e foriero di altre morti inutili per una specie che abbiamo noi fatto ripopolare e che ora non sappiamo come gestire nella convivenza con gli allevatori.
Cani, gatti e anche orsi e altri animali rimangono così comparse in un anno che però ci consente di fare delle riflessioni su cosa rappresentano, appunto, alcuni casi che sono riusciti a superare la cortina di ferro dell'informazione tra guerre in corso, l'economia traballante e una cronaca che continua a girare intorno a episodi di nera che ritornano prepotentemente dal passato come Garlasco o l'ennesimo e inaccettabile caso di femminicidio.
Una fauna selvatica sempre più fragile. Il caso dell'orsetta Nina

Il 20 dicembre del 2025, l’orsetta Nina diventa la protagonista dell'informazione sugli animali. L'esemplare di piccola orsa marsicana torna infatti libera in Abruzzo per affrontare il letargo dopo essere rimasta orfana nei boschi del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. La sua storia di recupero, cura e successivo reinserimento in natura ha mostrato quanto sia delicato intervenire nella vita di animali selvatici: gli esseri umani possono essere utili, ma non devono mai perdere di vista il preservare l’autonomia degli animali.
Nel caso di Nina il luogo in cui è stata rilasciata è stato individuato in base a precisi criteri scientifici. E' stata scelta un'area nel cuore del Parco, la più sicura per la specie, caratterizzata dalla presenza di potenziali aree di svernamento, da una bassa densità umana e dalla la distanza dai centri abitati e dalle attività antropiche.
Ma mentre per lei si è agito per il meglio, un altro orso marsicano pochi giorni prima, il 21 dicembre, aveva perso la vita e ancora una volta a causa di un investimento, come era successo al "famoso" Juan Carrito nel 2023. La strada della morte, in questo caso, è stata la statale che collega Sora ad Avezzano, e la fine dell'esemplare ha mostrato che nulla ancora è cambiato rispetto alla conservazione di questi animali anche solo con la creazione di corridoi ecologici.
La questione insoluta del divieto di utilizzo degli animali nei circhi: ancora un rinvio e l'esempio dell'orsa Nita

In Italia abbiamo una legge che vieta l'uso degli animali negli spettacoli. Ma questa legge non è mai stata attuata. Nel 2025 abbiamo assistito all'ennesimo rinvio, questa volta "a cura" del ministro Giuli. Il divieto esiste da lungo tempo, è contenuto nella legge delega n. 106 del 2022, che riforma il settore dello spettacolo dal vivo, e stabilisce anche il graduale stop dell’uso di animali nei circhi e negli spettacoli itineranti.
Anche questo Governo latita, dunque, nel determinare la fine definitiva dello sfruttamento di specie come leoni, giraffe, elefanti e molti altri selvatici nel 2025 e intanto un'altra orsa è stata sotto l'occhio dei riflettori proprio dopo aver passato gran parte della sua vita nei circhi dell'Europa dell'Est. Si trattava di Nita, un esemplare che nonostante sia stata recuperata non è servito a consentirle di continuare la sua esistenza lontana dalla schiavitù cui l'essere umano l'aveva sottoposta. Nita era stata infatti salvata da una realtà di maltrattamento in un circo in Lituania e portata nello zoo del centro visite del Parco Nazionale d'Abruzzo a Pescasseroli. Le cure non sono valse però a garantirle una "polizza per la vecchiaia" ed è morta il 23 gennaio del 2025 per cause legate all’età.
Il lato oscuro della vita con il cane: i comportamenti aggressivi e la mancanza di una cultura cinofila
Il 2024 era da poco iniziato quando l'11 febbraio arrivava la notizia tragica della morte di Paolo Pasqualini a Manziana, aggredito da tre Rotweiller che erano fuoriusciti dal cancello dell'abitazione della loro persona di riferimento. Quel terribile episodio era purtroppo foriero di altri avvenimenti simili che sarebbero potuti capitare nel 2025. A distanza di quasi un anno esatto, ecco infatti che un evento drammatico in cui è coinvolto un cane di nuovo colpisce l'opinione pubblica.
Ad Acerra, nel napoletano, una bimba muore a causa del comportamento aggressivo del Pitbull di famiglia. Nella notte tra il 14 e il 15 febbraio la piccola, di soli nove mesi d'età, perde la vita dopo essere stata morsa dal cane e mentre il padre dormiva.
Su quest'ultimo avvenimento si può fare un bilancio ancora più drammatico di quanta inconsapevolezza c'è non solo da parte di chi condivide la vita in generale con un cane, e se di una certa tipologia ancora di più, ma anche su come l‘opinione pubblica si spacca di fronte a tragedie simili. Sono state tantissime le illazioni, soprattutto sui social ma anche spinte da programmi televisivi e articoli fuorvianti, su un ruolo attivo da parte del padre nell'uccisione e sulla "santità" del cane. Uso questo termine non a caso, perché su Facebook o Instagram c'è stato per lungo tempo una ricorsa alla condivisione di una sorta di "santino" di un Pitbull parlante che "spiegava" come erano andate le cose e "si discolpava".
Si è visto così il peggio dell'animalismo, in una completa mancanza di sensibilità rispetto una situazione così delicata all'interno di una famiglia straziata dal dolore e anche per il destino del cane stesso, di cui era fondamentale conoscere il comportamento per la sua riabilitazione. Su Kodami abbiamo per primi intervistato il veterinario forense che ha collaborato all'autopsia sulla bambina e che ha sciolto i dubbi dei tanti che erano arrivati ad accusare il padre, addirittura, di aver ucciso la piccola e utilizzato il cane per discolparsi. Orlando Paciello, attuale direttore sanitario dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno, ha condiviso con noi le conclusioni a cui sono arrivati durante l'esame autoptico: "Non vi sono elementi che supportino un attacco ripetuto. Casi del genere possono purtroppo accadere in rare condizioni di forte eccitazione o confusione dell’animale".
Questi due eventi, presi a simbolo di quello che purtroppo ancora accade nelle nostre case, sono lo specchio di una diffusa mancanza di cultura nel conoscere e rispettare l'etologia dei cani. Non è una questione di razza ma sicuramente alcune tipologie possono fare più male, semplicemente, rispetto ad altre. In Italia, però, si continua a stigmatizzare sempre le stesse morfologie: Terrier di tipo bull, molossoidi, cani da presa e anche da guardia. L'equazione diventa poi a livello politico puntualmente la stessa: identificare le "razze potenzialmente pericolose" da inserire all'occasione in una "black list" che la Regione Lombardia, ora, ha trasformato in "save list". Ma il punto rimane quello della mancanza di conoscenza e assenza di formazione di numani sconsiderati che continuano a prendere animali senza conoscerne la natura e i comportamenti, senza capire che ogni cane poi è un individuo a sé e che sì, le motivazioni di razza contano ma legate al contesto e alla relazione che il singolo soggetto poi vive nella sua quotidianità.
Che sia dunque la morte di Pasqualini nel 2024 o quella della bimba ad Acerra nel 2025, la parola d'ordine rimane "emergenza" quando se solo ci fosse davvero un albo delle morsicature, a prescindere dalle razze di appartenenza, potremmo verificare una volta per tutte quale sièa la frequenza reale di questi orribili episodi e quali, però, effettivamente le razze coinvolte. Forse scopriremo, come la letteratura scientifica ci ha concesso di sapere almeno in parte, che i cani che mordono di più sono quelli che meno ci aspettiamo: il Cocker, lo Spring Spaniel e anche e soprattutto i due Retriever per eccellenza che affollano le nostre case e città, il Golden e il Labrador. Ma nemmeno il Ministero della Salute sa come stanno davvero le cose e questi pochi dati che ho citato li dobbiamo solo ad alcuni studi epidemiologici, svolti soprattutto negli Stati Uniti e nel Regno Unito.
Detto tutto ciò una vera urgenza però c'è, e riguarda il dato di fatto che non vi è una legge che regoli la materia ma che sia però basata sulla prevenzione e non sulla punizione. Citavo prima quella che ora è in ballo e che rischia di diventare una norma nazionale, visto che la Regione Lombardia ha appunto adito il Senato perché la sua proposta, la cosiddetta PLP 4, assurga a questo rango. Si tratta, lo ribadiamo subito e più volte lo abbiamo scritto su Kodami, di una legge che fa acqua da tutte le parti, soprattutto con l'introduzione di un patentino obbligatorio solo per coloro che non comprano cani di determinate tipologie da allevamenti dell'Enci. Questo è in realtà solo uno degli aspetti non solo controversi ma che possiamo già definire anticostituzionali di una regolamentazione in cui si ritiene pure che il patentino lo si possa ottenere superando un test, il cosiddetto Cae 1, che è del tutto anacronistico e per nulla rilevante rispetto alla consapevolezza della persona sul carattere del proprio compagno a quattro zampe. Più volte, come accennavo, ho criticato questa proposta di legge, ma che lo faccia io lascia anche il tempo che trova, mentre esperti come l'etologo e filosofo Roberto Marchesini e il dog trainer Angelo Vaira, l'avvocato Filippo Portoghese che si occupa di diritti degli animali, i veterinari e le associazioni, gli educatori e istruttori cinofili, passando anche dagli allevatori etici, hanno confermato sulle nostre pagine l'assurdità di quanto proposto.
Nel 2025 non siamo comunque riusciti ancora a fare quello scatto necessario perché la relazione con il cane sia vissuta in serenità, nell'ambito della tutela del "miglior amico dell'uomo" ma anche dell'applicazione del concetto di One Health, ovvero un'unica salute che riguarda tutte le specie che vivono nel mondo. Nello specifico del rapporto con il cane, l'animale che si è co evoluto con noi da 30, 40 mila anni, solo la consapevolezza nelle adozioni e negli acquisti può essere la chiave di volta per evitare altre vittime e ormai è sempre più evidente che una svolta culturale debba necessariamente passare attraverso una legge che non sia iniqua ma che metta appunto in primo piano la necessità che chiunque voglia vivere con un cane, sia uno Yorkshire o un Pastore dell'Anatolia, deve conoscere fino in fondo le caratteristiche del singolo e l'etologia della specie. Punire non serve a nulla, è la prevenzione che manca ed è la stessa, del resto, che se fatta con criterio porterebbe anche alla fine del fenomeno dell'abbandono.
Quando il lupo non è più da proteggere ma da uccidere: cosa significa il declassamento della specie

Dalla specie domestica per eccellenza, il cane, di nuovo torniamo tra i selvatici ed è proprio un "cugino" di Fido a rischiare di patire le pene dell'inferno nel prossimo anno. Nel 2025, infatti, è arrivata la stangata per i lupi: l'Europa ha deciso che il Canis lupus lupus non è più una specie "strettamente protetta" ma solo "protetta" con una modifica della cosiddetta "direttiva habitat".
In poche parole quanto ancora non è ufficialmente avvenuto nel Belpaese ha però già avuto un risvolto, intanto che la Camera ha già approvato il declassamento e ora tocca al Senato perché diventi legge nazionale. Nella notte tra l’11 e il 12 agosto, in Alta Val Venosta, è stato abbattuto legalmente il primo lupo in Italia dopo oltre 50 anni. Una decisione presa dalla Provincia di Bolzano con il via libera del Tar e il parere favorevole dell'Ispra. Al di là di come la si pensi, perché anche in questo caso poi sentire degli esperti sembra sempre essere una soluzione a cui chi prende le decisioni non pensa proprio, pochi giorni fa è emerso qualcosa che può sicuramente interessare tutti. Sapete quanto è costato ai contribuenti, ovvero a noi cittadini, quel singolo abbattimento del maschio di lupo uccisoa 2800 metri d'altitudine? Ben 51 mila euro.
Inutile commentare che si tratta di una cifra esorbitante e che nulla fa presagire per un cambiamento di prospettiva che sia a favore della convivenza, magari investendo in fondi per recinzioni elettriche e incentivando gli allevatori a convivere con cani da guardiania e da pastore che sanno fare il loro "mestiere" molto meglio di noi umani. Invece no, la politica si occuperà ancora del lupo dagli scranni di palazzo Madama, dove nel 2026 arriverà quella che è data per certa come conferma del declassamento. Basta pensare, del resto, che la Camera dei Deputati ha approvato la legge di delegazione europea che recepisce la direttiva con 122 voti a favore, solo 7 contrari e 63 astenuti.