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Bitcoin e criptovalute

Perché i Bitcoin inquinano più degli allevamenti intensivi di bestiame

L’Università del New Mexico ha rivelato che il danno ambientale prodotto dai Bitcoin corrisponde mediamente al 35% del suo valore di mercato.
A cura di Elisabetta Rosso
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Le criptovalute inquinano più dell’estrazione dell’oro e più degli allevamenti intensivi. Lo studio dell’Università del New Mexico, pubblicato sulla rivista Scientific Report, inchioda con una lunga serie di numeri la produzione di Bitcoin. In termini di costi in dollari, il danno ambientale è stato in media del 35% rispetto al valore di mercato raggiunto dalla criptovaluta negli ultimi cinque anni. Nel 2020 ha toccato l’82%.

Per capirci. Le conseguenze ambientali per estrarre l’oro sono del 4% rispetto al valore di mercato, la produzione di carne bovina segna un 33%. Entrambe più basse rispetto alle crypto. I suoi valori potrebbero essere paragonati all’estrazione del gas naturale, 46%, o della benzina prodotta dal petrolio greggio, 41%. In poche parole, i Bitcoin non soddisfano nessun criterio di sostenibilità.

I ricercatori, guidati da Benjamin Jones, hanno scoperto che le emissioni di energia per il mining di Bitcoin sono aumentate di 126 volte durante il periodo di studio, passando da 0,9 a 113 tonnellate di gas serra per moneta. Quindi, ogni Bitcoin, per esempio, nel 2021, ha generato 11.314 dollari di danni ambientali. Bitcoin, all’anno, consuma 75,4 terawattora. Emissioni paragonabili a quelle di tutto Nepal o della Repubblica Centrafricana.

L'indice che misura l'elettricità usata per i Bitcoin

L'indice di consumo di elettricità per Bitcoin è stato tracciato dall’Università di Cambridge: "I risultati mostrano che i combustibili fossili rappresentano quasi i due terzi del mix elettrico totale, 62,4%, mentre le fonti di energia sostenibile il 37,6%, di cui il 26,3% sono rinnovabili e l'11,3% nucleare", ha scritto Alexander Neumueller di Cambridge. Secondo l’Università l’energia utilizzata per estrarre Bitcoin potrebbe alimentare tutti i bollitori del Regno Unito per 27 anni e soddisfare il fabbisogno energetico della stessa università per 802 anni.

Perché i Bitcoin inquinano così tanto?

Nel crypto gergo si chiama mining: letteralmente sarebbe l’estrazione mineraria. Ormai viene realizzata nelle mining farm, capannoni enormi in cui computer con ottime schede grafiche funzionano a pieno regime per mantenere in piedi la blockchain, il libro mastro che registra tutte le transazioni. Il sistema si basa su sistemi crittografici che richiedono un’enorme potenza di calcolo per essere risolti, una potenza di calcolo che può essere sostenuta solo da un grande afflusso di energia. Questo meccanismo si chiama “proof of work”. Il consumo di energia è legato anche ai sistemi di ventilazione necessari per evitare il surriscaldamento di tutte le macchine.

La soluzione di Ethereum

Ethereum, la criptovaluta sviluppata da Vitalik Buterin nel 2014, è la seconda moneta digitale dopo Bitcoin. Attravero il Merge, la fusione, ha intrapreso questo settembre una soluzione più sostenibile. Il protocollo proof of stake permette direttamente ai maggiori possessori di criptovalute di firmare e validare le transazioni. Sono incentivati ​​a farlo grazie a ricompense, inclusa la possibilità di guadagnare nuovi Ether. Elimina così tutta la concorrenza di computer che lavorano simultaneamente, e a vuoto, e consumando moltissima energia, per risolvere i problemi crittografici.

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