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L’IA inizia a creare videogiochi, Molinari: “È come l’arrivo della stampa a caratteri mobili”

Un confronto con Claudia Molinari, co-founder assieme a Matteo Pozzi dello studio di game design We Are Muesli, per ragionare sulle possibili declinazioni dell’intelligenza artificiale (IA) nel settore dei videogiochi e non solo.
Intervista a Claudia Molinari
Co-founder di We Are Muesli
A cura di Lorena Rao
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Ormai c'è un lungo elenco di casi in cui nei videogiochi sono state avvistate tracce di intelligenza artificiale (IA). È facile ipotizzare che questa famiglia di algoritmi avrà sempre più spazio all’interno dei processi creativi e artistici del settore videoludico. Per non cadere in facili semplificazioni, abbiamo deciso di confrontarci sul tema con Claudia Molinari, co-founder assieme a Matteo Pozzi di We Are Muesli, studio di game design milanese.

La loro produzione è caratterizzata da un utilizzo del gioco/videogioco per diffondere la cultura. Un paio di esempi sono l'avventura grafica Venti Mesi sul fascismo in Italia a The Great Palermo, una ballata interattiva incentrata sulla tradizione gastronomica palermitana.

Inziamo.

Prima una premessa. Sono qui per sollevare questioni, più che per fornire risposte definitive, poiché in un settore così complesso e in rapida evoluzione come l'intelligenza artificiale è cruciale riconoscere i propri ambiti di lavoro.

Come viene usata in genere l’IA nei videogiochi?

Questa domanda potrebbe essere rivolta direttamente a un'intelligenza artificiale, ma cercherò di rispondere al meglio. L’IA viene usata principalmente nell'evoluzione delle meccaniche di gioco, nel miglioramento dei personaggi non giocanti (detti anche NPC) e nell'ottimizzazione degli ambienti di gioco. Cosa poi esattamente questo voglia dire e che impatto ne consegue necessiterebbe ricercatori e ricercatrici preparat, e anni di esplorazione.

Qual è l’impatto dell’IA all’interno del panorama videoludico mainstream?

La domanda nella domanda che dovremmo porci è: ma di che impatto esattamente stiamo parlando? Economico? Sociale? Culturale? Un po' di dati si trovano nel report "State of the Game Industry 2023". Circa il 49% di chi sviluppa ha dichiarato che le IA generative sono attualmente utilizzate nel loro ambiente di lavoro, con il 31% che le utilizza personalmente. C'è un interesse significativo nell'assistenza di una IA al coding e nell'accelerazione del processo di creazione di contenuti, anche se non mancano preoccupazioni etiche, tra cui il timore che l'IA possa portare a licenziamenti e violazioni del diritto d'autore. Questi dati evidenziano una cauta apertura verso questa tecnologia, bilanciata da serie preoccupazioni etiche e professionali.

E da un punto di vista personale?

Da un punto di vista puramente qualitativo e personale, mi piace vedere quei Let’s play su YouTube, dove si cerca di convincere gli NPC generati con IA che sono dentro a una simulazione. Si pone loro domande esistenziali come: ‘Sei consapevole di essere in un videogioco?', ‘Sai che io sono un essere umano mentre tu non lo sei?' o ‘Sei a conoscenza che questo mondo è fittizio?' Vedere quegli asset grafici di forma umana rispondere alle domande – chi con consapevolezza, chi con assoluta negazione – mi porta a pormi domande di tipo filosofico e socio-antropologico. Questo aspetto dell'IA tutt’ora mi affascina particolarmente. Mi verrebbe da gridare: dove siete, filosofi e filosofe del globo? Ci state pensando a giocare con l'IA nei videogiochi? Credo che interagire nel multiverso videoludico può apire spunti di riflessione interessanti sulla new-normality che l’IA inevitabilmente porterà.

Tolto il mercato tripla A, l’IA può essere una risorsa per i piccoli studi di sviluppo, se non addirittura indipendenti?

Non lo so. Dipende come la si usa e per cosa. Tutto quello che l’IA dice di poter fare per gli studi indipendenti non sono stata in grado di applicarlo al mio e al momento va bene così e, personalmente, non ho ancora trovato un'applicazione diretta dell'IA che si adatti alle esigenze del mio studio. Continuiamo a fare testing con persone in carne e ossa, con campioni reali, facendo sessioni di focus group, o a credere nel valore aggiunto di una localizzazione (traduzione e adattamento dei testi di un videogioco) affidata a professionisti creativi e non a un’IA, solo per fare un paio di esempi.

Tu personalmente la usi per qualcosa?

Io la uso per correggere i refusi, considerando la mia disgrafia, ma anche per dirgli che nel frigo ho un sedano rapa, due zucchine e del tofu comprato al Milan Store di Via Padova, per rimediare consigli per una cena. Tornando all’utilizzo esistenziale, ho usato ChatGpt per chiederle se avesse voglia di meditare con me, se si ricordasse una tale conversazione avuta insieme, e altri dilemmi. Non è andata bene.

In che modo l’intelligenza artificiale può supportare l’autorialità creativa dell’essere umano?

Nello stesso modo in cui i tubetti di pittura hanno permesso agli Impressionisti di dipingere en plein air. La possibilità di conservare i colori umidi per un lungo periodo è attribuita a John Goffe Rand, un pittore americano che nel 1841 è riuscito a inserire il colore dentro a un contenitore di metallo. Il movimento Impressionista è nato solo o anche grazie a quei tubetti. L’autorialità dei pittori Impressionisti è quindi avvenuta un ventennio dopo. Come tutte le tecnologie rivoluzionarie, è difficile rispondere. Su Amazon è disponibile un libro che permette di insegnare come scrivere e-books con ChatGPT. È scioccante, non credi?

Quali possono essere i vantaggi dell’IA?

Penso che la IA possa essere una compagna di brainstorming, o di confronto generico, di desktop research che necessita un doppio o triplo check di verifica. Come la calcolatrice non ha impedito agli amanti di matematica di fare scoperte, o Photoshop di dipingere su tela, immagino che l’IA potrebbe per certi versi anche essere un setaccio per chi ha una vera passione e per chi si cimenta e basta, facendo emergere i veri talenti. L’IA ha una vasta conoscenza, un addestramento che fortunatamente non include tutto ciò che è stato caricato su Internet, ma piuttosto un ampio e, si spera, curato insieme di dati provenienti da fonti diverse.

Dove si trova in tutto questo l'autorialità creativa?

L’autorialità creativa può essere supportata nello stesso modo in cui un creativo fa ricerca, che sia personale o professionale. Ma non dovrebbe essere utilizzata come esclusiva fonte di ispirazione. Mi rincuora sapere che una grossa fetta del mondo analogico non è gestito dall’IA: l’IA può simulare cosa si prova vedendo un tramonto, ma non potrà mai viverlo. Questo è lo spazio dove cresce l’autorialità.

VIDEOGIOCHI E IA | Un'immagine del videogioco The Great Palermo di We are Müesli
VIDEOGIOCHI E IA | Un'immagine del videogioco The Great Palermo di We are Müesli

Una delle maggiori critiche contro l’IA riguarda la scomparsa di professioni legate alla creatività e all’intrattenimento. In tal senso, come potrebbe evolversi l’industria videoludica, o più in generale creativa, nel prossimo futuro?

Di recente, durante l'evento Learning More 2023 organizzato dal FEM a Modena, ho avuto l'opportunità di assistere a una conferenza su intelligenza artificiale e creatività, tenuta da Giovanni Emanuele Corazza, professore all'Università di Bologna e fondatore del Marconi Institute for Creativity. Nel suo intervento, Corazza ha tracciato un parallelo tra l'irruzione dell'IA nel nostro presente e l'innovazione rappresentata dalla stampa a caratteri mobili nel passato. Vivo di immagini e quindi me li sono proprio visti, quei monaci in una piazza di Magonza, in un sit-in di protesta contro Gutenberg e la sua rivoluzionaria invenzione. Amanuensi, copisti professionisti, trascrittori, scribi e calligrafi, tutti disdegnati e preoccupati da questa rivoluzione: “Dove finiremo?”, “È una vergogna!” Al di là dell’ironia, ha senso avere paura. Ha molto senso. Ma la storia ci aiuta anche a prendere le giuste distanze, no? A guardare il passato e a proiettarsi nel futuro.

Cioè?

La stampa a caratteri mobili ha avuto un effetto domino, ma in ambito grafico-artistico ha fatto nascere la tipografia, che oggi è un’arte a tutti gli effetti, un’arte che fonde estetica e funzionalità con l'obiettivo di comunicare visivamente e artisticamente attraverso il testo. I caratteri mobili hanno contribuito alla nascita dei font, e poi con il tempo forgiato artisti e artiste di tutto il mondo.

Quindi non ti preoccupa l’IA?

La preoccupazione che l’IA possa portare alla scomparsa di professioni legate alla creatività e all'intrattenimento è comprensibile, tangibile, reale, fa paura, e mi spaventa. Da persona curiosa, mediamente istruita, cerco di ponderare tutti gli scenari possibili: se da una parte mi vedo un po’ come la produttrice di candele che perde il lavoro con l’avvento dell’elettricità, dall’altra ritorno a quel tre, due, uno, del capodanno del 1999, quando si immaginava che dopo un bacio sotto al vischio ci sarebbe stata un’apocalisse informatica. Mi chiedo dunque se forse la realtà, seppur complessa, non sia meno allarmante di quello che sembra. Forse, e sottolineo forse, in uno scenario positivo, l’IA potrà per certi versi trasformare l'industria videoludica e il settore creativo in modi che potrebbero addirittura amplificare la creatività umana piuttosto che sopprimerla. Quindi la risposta è… boh!

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